Governo

Gubitosi ci lascia il cerino Alitalia in mano

19 Novembre 2018

La nomina di Luigi Gubitosi ad amministratore delegato di TIM lascia di fatto Alitalia senza testa. Se anche non si dimetterà subito da commissario straordinario, confidando nel prossimo intervento delle Ferrovie dello Stato, non avrà più certo molto tempo da dedicare alla linea aerea, che resta nave sanza nocchiere in gran tempesta.

I commissari straordinari sono tre, ma se Enrico Laghi è riconosciuto maestro di procedure fallimentari & dintorni e Stefano Paleari è uno stimato accademico con ampia conoscenza del settore, non c’è dubbio che il manager operativo fosse solo Gubitosi, che lascia in un certo senso il cerino in mano sia ai due colleghi che al popolo dei contribuenti, chiamati nuovamente al dovere patriottico di dare oro all’(Al)italia.

È impossibile fare un vero bilancio della gestione Gubitosi, perché i numeri contabili rilevanti vengono accuratamente tenuti nascosti, come succedeva in guerra con le notizie sgradevoli dal fronte. Gli Italiani daranno a Ferrovie dello Stato i soldi per comprare Alitalia, senza sapere che cosa stanno comprando, perché non sanno quanti soldi la linea aerea continua a perdere.

Avvalendosi della sempre eccellente Costanza Esclapon, Gubitosi ha accreditato presso l’opinione pubblica l’idea che per Alitalia il peggio sia alle spalle e che non sia più necessario intervenire con il bisturi, pietosa bugia gradita sia ai Governi sia ad altri stakeholder, in primis i sindacati, che però lascia a noi il conto da pagare.

La puntualità è eccellente, i passeggeri crescono, ci sono soldi in cassa, bla bla bla, un profluvio di notizie positive ma irrilevanti che copre il silenzio su quelle importanti. Quanto perde Alitalia? Che cosa si possono aspettare gli Italiani dall’investimento di centinaia di milioni, in futuro miliardi? Alitalia è guarita, mentre tutti i concorrenti continuano a guadagnare cifre importanti, nonostante il rincaro del carburante?

Gubitosi è un abile manager che ha dato al suo padrone, il Governo, quello che voleva: tanto fumo e un po’ di arrosto. Accettando di non intervenire col bisturi e di non dire mai agli Italiani che senza bisturi il malato non può guarire, ha rimediato agli eccessi della bizzarra gestione Etihad senza però riuscire a sanare il malato.

Alitalia perde e continuerà a perdere nella futura gestione statale. L’attività di terra è una zavorra, quella a Milano Linate non ha senso strategico per un hub carrier basato a Roma, entrambe potrebbero essere valorizzate cedendole a chi le farebbe meglio fruttare. I voli di medio raggio sono troppi e il processo di riequilibrarli aumentando il numero di quelli a lungo raggio, gli intercontinentali, è molto difficile. L’alleanza con Delta e Air France ha concesso ad Alitalia maggior spazio sull’Atlantico, ma non si ha idea se le ultime rotte aperte come Città del Messico, Santiago del Cile, Johannesburg portino in cassa soldi o contribuiscano ad aumentare l’emorragia.

Gubitosi sarebbe piaciuto a Napoleone, che voleva generali sì bravi, ma anche fortunati e se ne va da Alitalia prima della resa dei conti. Per quanto bene abbia fatto avremmo preferito che guardasse in faccia gli Italiani e, invece di sponsorizzare l’accanimento terapeutico che sarà l’intervento delle Ferrovie dello Stato, li avesse convinti ad optare per una soluzione che mettesse in salvo per sempre quello che in Alitalia ci sarebbe tuttora da salvare.

Sarebbe stato il suo dovere, perché il vero padrone di Alitalia non è l’inquilino di Palazzo Chigi, siamo noi, che le abbiamo dato quei 900 milioni di euro di “prestito ponte” che non rivedremo mai.

 

 

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