Trasporti

Flixbus, low cost e sicuri è possibile?

19 Dicembre 2018

L’incidente del 16 dicembre nei pressi di Zurigo dovrebbe farci riflettere sul modello low cost, tanto più che in Italia Flixbus punterebbe a entrare anche nel trasporto ferroviario. Il segreto del successo dell’azienda di trasporti tedesca, che a maggio ha dato l’assalto anche al mercato americano, infatti appare, come nel caso di Ryanair, soprattutto uno: la riduzione del costo del lavoro. Con quali risultati in termini di sicurezza?

Sulle cause del grave incidente verificatosi in Svizzera, che ha visto un pullman Flixbus schiantarsi contro un muro (una vittima e 44 feriti) non c’è ancora chiarezza. Si parla di condizioni del tempo proibitive, di assenza di una segnaletica adeguata, qualcuno ha parlato anche di eccessiva velocità. Ma una cosa è certa: non si tratta di un caso isolato.

Partiamo dalle 3,30 del 19 maggio 2018: un pullman Flixbus, partito da Torino e diretto a Zagabria, nel tratto della A4 tra Latisana e San Giorgio di Nogaro (Udine) esce di strada ribaltandosi. A bordo 40 persone, di cui 20 rimangono ferite, una  di queste viene trasportata all’ospedale di Udine in elicottero per un trauma cranico grave (IlPiccolo190518). Il 16 agosto è un Flixbus in viaggio verso Berlino a rovesciarsi sulla carreggiata dell’autostrada tedesca A19: a bordo ci sono una trentina di passeggeri, i feriti sono 16 di cui 6 gravi (Corriere170818). Il 24 agosto un Flixbus proveniente dal Portogallo ha un altro incidente, stavolta in Francia, all’altezza di Perpezac-Le-Noir, sull’A20. Non si registrano feriti ma, secondo FranceInfo250818,  dei 34 passeggeri solo 7, tirati a sorte, trovano posto su un altro bus della società tedesca diretto a Parigi. Dei restanti una parte riparte in blablacar, mentre 14 sono costretti a dormire nella vicina stazione di Brive, senza coperte e senza cibo, grazie al personale delle Ferrovie dello Stato francesi, la SNCF, che almeno mettono a disposizione dell’acqua e l’atrio della stazione. Quei passeggeri e lo stesso autista pare tornino a casa con mezzi propri e solo in seguito arrivano le scuse di Flixbus. Il 29 settembre un altro incidente vicino a Karlsruhe, in Germania: l’autobus è diretto a Strasburgo, ha a bordo 45 passeggeri, due dei quali vengono trasportati in gravi condizioni all’ospedale insieme all’autista, 30 anni, di nazionalità francese, mentre un’altra quindicina  riporta ferite lievi. L’autista potrebbe essersi addormentato, rivelano alcune fonti (FranceInfo290918). Un anno prima in Germania era stato un incidente autostradale vicino a Herzburg, sulla linea Amburgo-Berlino, a scontrarsi con un’auto provocando due feriti gravi (TheLocalGermany180917). Torniamo in Italia: il 3 dicembre è un mezzo che collega Termoli a Vasto a prendere fuoco. Non ci sono feriti perché l’autista se ne accorge mentre sta parcheggiando e si precipita a spegnere le fiamme quando queste sono circoscritte al vano motore. Il bus perde olio sul piazzale ed è una fortuna che non abbia preso fuoco (PrimoNumero031218). E’ un bilancio inquietante.

Cos’è Flixbus

Flixbus è la Ryanair del trasporto terrestre su autobus. Nata a Monaco di Baviera nel 2013, grazie alla liberalizzazione dei trasporti tedeschi, nel giro di pochi anni conquista il 90% del mercato nazionale, diventa leader in quello europeo e lo scorso 15 maggio, 4 giorni prima dell’incidente sulla A4, spicca il volo oltreoceano e sbarca negli Stati Uniti, a Los Angeles, dove comincia la sua scalata agli States con una flotta di 17 mezzi e 8 società partner, ma promette di ampliare rapidamente il proprio raggio d’azione dalla West Coast al resto dell’Unione. Ogni giorno in Europa Flixbus trasporta 100mila persone verso 1700 destinazioni distribuite in 27 paesi. In Italia arriva nel 2015, ma il salto di qualità lo fa l’anno successivo, con l’acquisto della filiale italiana della concorrente britannica Megabus (gruppo Stagecoach). Oggi l’Italia per la società tedesca è il secondo mercato e vede collegate 300 città. E per questo – secondo il Sole24Ore – il nostro potrebbe diventare il secondo paese dopo la Germania in cui potremmo avvistare tra non molto i Flixtrain, con cui la compagnia sta cercando di proiettarsi anche nel trasporto ferroviario low cost.

In un’intervista a Wired060718 il direttore generale di Flixbus Italia, Andrea Incondi, rivendica 10 milioni di passeggeri trasportati dal 2015, con una crescita del 100% nell’ultimo anno  e 1500 nuovi posti di lavoro. Il tutto grazie soprattutto alle tariffe superconcorrenziali. Per fare un solo esempio oggi la tratta Roma-Milano è percorribile con Flixbus con una ventina di euro (in 10 ore e 35 minuti), mentre con Trenitalia si parte da 45 euro (8-9 ore la durata del viaggio), ma la media è sui 60-70 euro, mentre con Italo si parte da 45 euro (in circa 3 ore). Dunque tariffe all’osso, che compensano i tempi lunghi e attirano una clientela formata prevalentemente da giovani e immigrati. Come spiega AGI161218 la linea Genova-Düsseldorf, quella del recente incidente, d’inverno porta muratori, camerieri e baristi verso i locali e i cantieri del nord Europa, d’estate si affolla di turisti low budget diretti verso spiagge e città d’arte del Mediterraneo.

Esattamente come nel caso di Ryanair, è interessante cercare di capire come sia possibile all’azienda tedesca praticare prezzi così bassi. Per capirlo bisogna innanzitutto comprendere che cos’è Flixbus. A differenza di operatori come la vecchia Megabus, che è una vera e propria compagnia di trasporto con mezzi e dipendenti propri (in Italia erano 115 gli addetti, licenziati nel luglio del 2016), Flixbus è semplicemente un portale, che si limita a svolgere un servizio di intermediazione tra i passeggeri e una serie di piccole società di trasporto locali, di dimensioni piccole o medie, affiliate al brand verde-arancione. Un vantaggio in più anche rispetto alla stessa Ryanair. ‘E’ più una società di Information Technology che un’azienda di trasporto’ osserva Cristoph Gipp dell’IGES Institute di Berlino, interpellato dall’Economist. In Italia sono una sessantina le ditte partner di Flixbus, il cui nome compare scritto in piccolo sulla fiancata dei bus. Rispetto ai mezzi a due piani di Megabus la qualità e il confort fornito da queste società sono decisamente inferiori (e i prezzi più alti). D’altra parte incassano il 70% del biglietto, ma si accollano tutte le spese, tra cui mezzi, dipendenti, manutenzione, carburante, assicurazioni, (Corriere171218) e soprattutto non possono sfuggire alla legge e al fisco italiano.

Il ‘segreto’ del low cost

Il mezzo rovesciatosi a maggio sull’A4 ad esempio era di proprietà della Bus Company, un’azienda di trasporto pubblico locale con sede a Saluzzo, in provincia di Cuneo, 300 dipendenti, nata nel 2000 dalla fusione di 5 ditte più piccole e con la GTT, partecipata del Comune di Torino, socia al 30%. A febbraio e a luglio 2018 l’Unione Sindacale di Base presenta due esposti: tra i destinatari gli Ispettorati del Lavoro, i comandi della polizia stradale e gli assessorati competenti (Comune di Torino e di Cuneo e Regione Piemonte). Le anomalie segnalate da USB riguardano la gestione degli orari degli autisti e dei tempi di percorrenza delle tratte affidate alla società di Saluzzo dagli enti locali. Per USB ci sarebbe una manifesta incongruenza tra i tempi di percorrenza delle linee fissati dagli orari e il tempo effettivamente richiesto per coprire le tratte, inclusi trasferimenti e carico e scarico dei passeggeri alle fermate, almeno se si rispettano i limiti di velocità e il codice della strada. USB cita l’esempio della linea 299, che dovrebbe percorrere oltre 65 chilometri in 80 minuti, con una velocità media di 48,75 chilometri all’ora che, considerando anche i tempi necessari al carico e scarico dei viaggiatori, porterebbe la velocità media effettiva a oltre 70 chilometri all’ora. Secondo l’esposto la società giustificherebbe gli orari così ‘stretti’ spiegando che c’è una tolleranza di 10 minuti, anche se – ribatte USB – i ritardi fino a 10 minuti segnati a fine turno non vengono retribuiti e dunque gli autisti si ritrovano a essere penalizzati se rispettano i limiti di velocità. Il sindacato denuncia anche orari di lavoro massacranti e giornate di riposo cancellate, certo con l’assenso degli autisti, molti dei quali però sono a tempo determinato e quindi a rischio di non vedersi confermare il contratto.

Il mezzo finito contro un muro in Svizzera invece appartiene a STAV Autolinee, società di Vigevano, che effettua alcune tratte del servizio pubblico nell’hinterland milanese ed è partner di Flixbus. Nel 2012 i dipendenti della STAV bloccano l’uscita dei mezzi senza preavviso per denunciare turni di 14 ore degli autisti, ‘Una situazione insostenibile che può provocare problemi alla sicurezza dei passeggeri’, secondo le organizzazioni sindacali (Corriere070512).

Come nel caso di Ryanair dunque è abbastanza verosimile che la principale spiegazione delle tariffe low cost risieda nella compressione del costo del lavoro, con la società tedesca in una posizione ancor più vantaggiosa della compagnia irlandese: può far leva sulla concorrenza tra i propri subfornitori strappando loro tariffe di favore, un vantaggio che inevitabilmente si scarica sulle spalle dei lavoratori e rischia di pesare anche sui passeggeri. Flixbus, nei giorni scorsi ha dichiarato di considerare una priorità la sicurezza di autisti e passeggeri: ‘Chiediamo che gli autobus siano di ultima generazione e che vengano cambiati al massimo ogni tre anni, per tutti i viaggi notturni chiediamo che ci siano due autisti a bordo e che vengano rispettati gli orari di riposo’, sottolinea la società, che dice di aver installato ‘un sistema di Gps che ci permette di monitorare il rispetto da parte degli autisti della velocità di percorrenza, dei tempi di guida e dei ritmi di riposo’. La domanda è 1. se è possibile garantire il rispetto delle regole semplicemente attraverso sistemi di rilevazione a distanza, quanto questi siano attendibili e non aggirabili, 2. quanto sia affidabile la sharing economy dei trasporti, con grandi marchi internazionali che subappaltano i servizi a una pletora di piccole ditte, poco sindacalizzate e con autisti privi di potere contrattuale. Perché una cosa è chiara: in una piccola azienda per un dipendente pretendere il rispetto delle regole e dei contratti è più difficile, spesso anzi rischioso.

La politica cosa fa?

La segnalazione di USB non ha sortito alcun esito. Alla Bus Company pare sia arrivata una multa da oltre 20mila euro, ma gli orari e i tempi di percorrenza sono rimasti gli stessi, così come la gestione del personale. In una situazione di questo genere ci si attenderebbe un intervento della politica, che infatti c’è stato, ma non nel senso, auspicabile, dell’introduzione di regole, procedure di controllo, tutele. Piuttosto le diverse cordate politiche si sono schierate, a seconda dei propri interessi, con questa o quella lobby e alla fine il tutto si è risolto in un nulla di fatto, con buona pace degli autisti e dei passeggeri. La storia è lunga. Ecco solo l’ultimo capitolo.

A febbraio del 2017 nel testo del Milleproroghe viene inserito un emendamento, in seguito approvato, proposto da un gruppo di senatori pugliesi del gruppo Conservatori e Riformisti legati all’ex governatore transfuga da Forza Italia Raffaele Fitto. Il testo stabilisce che l’autorizzazione a operare nell’ambito dei trasporti interregionali è riservata solo alle aziende che hanno il trasporto come attività primaria. Flixbus, come abbiamo visto, non è un’azienda di trasporto ma un semplice mediatore di domanda e offerta, pertanto con l’approvazione del provvedimento dovrebbe perdere la licenza. Tuttavia un successivo ordine del giorno firmato da Daniele Capezzone (Conservatori e Riformisti, lo stesso gruppo da cui era partito il siluro) Sergio Boccadutri (PD), Andrea Mazziotti (indipendente, ex montiano), nonché un deciso intervento dell’Antitrust impegnano il Governo a neutralizzare l’emendamento, come avviene ad aprile. Boccadutri, ex tesoriere bertinottiano di Rifondazione Comunista convertitosi al liberalismo al momento giusto, annuncia l’approvazione del suo ordine del giorno come una ‘vittoria della concorrenza e dei consumatori’. Ma l’emendamento, uscito dalla porta ad aprile rientra dalla finestra a maggio, nella manovrina del Governo Gentiloni, grazie a un drappello di parlamentari, ancora una volta pugliesi ma questa volta legati a Francesco Boccia, presidente della Commissione Bilancio, antirenziano e braccio destro del Governatore pugliese Emiliano. Pugliese è anche uno dei maggiori sponsor dell’emendamento, Giuseppe Vinella, presidente dell’ANAV, associazione di categoria delle imprese di trasporto, nonché titolare della Marozzi, ditta concorrente di Flixbus (che oggi ha una ventina di collegamenti tra la Puglia e il nord) e con una causa aperta in tribunale nei confronti della compagnia tedesca (IlFoglio310517) e amministratore delegato di un’altra azienda del settore, la Sita Sud. Il giorno dopo la nuova approvazione della misura, Renzi interviene, in risposta alla campagna de Il Foglio a favore dell’azienda tedesca e assicura che il PD non vuole bloccare Flixbus. Detto fatto, nelle settimane successive un altro allora renziano oggi chissà, Stefano Esposito, torinese ma ex assessore ai Trasporti a Roma, propone e ottiene la cancellazione della norma e un impegno al riordino del settore entro gennaio 2018. Siamo ormai a gennaio 2019, dopo l’incidente in Friuli sono arrivati il ‘governo del cambiamento’ e l’incidente a Zurigo, l’interrogazione presentata tempo fa dal M5S per denunciare una destabilizzazione del mercato attuata da Flixbus ‘praticando prezzi sottocosto pagati da autisti e imprese partner locali’ giace probabilmente in qualche polveroso cassetto a Montecitorio e così per la Ryanair dei bus sembra che in realtà non cambierà proprio un bel nulla.

Versione aggiornata dell’inchiesta pubblicata sulla newsletter di PuntoCritico.info del 23 novembre 2018.

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replica di Flixbus

 

abbiamo letto l’approfondimento “FlixBus, low cost e sicuri è possible?”, e vorremmo poter portare alla vostra attenzione e a quella dei vostri lettori alcune indispensabili precisazioni.

Una prima puntualizzazione si rende necessaria in riferimento ai prezzi da voi definiti “low cost”: FlixBus utilizza un modello di pricing dinamico, utilizzato dai principali operatori ferroviari, da molte compagnie aeree non necessariamente low cost e dalla maggior parte degli altri operatori bus. Avere una politica di “prezzi dinamici” significa che essi crescono all’aumentare del tasso di riempimento del mezzo e all’avvicinarsi della data di partenza, massimizzandone i ricavi e andando incontro alle tendenze di acquisto dei singoli passeggeri. Se, quindi, prenotando con ampio anticipo, è possibile trovare un contingente limitato di biglietti a tariffe contenute, man mano che l’autobus si riempie i prezzi si alzano anche in maniera rilevante, spesso arrivando a superare quelli per un viaggio in treno sulla stessa tratta.

I nostri prezzi, inoltre, cosi come attestato dallo studio TRASPOL sul mercato delle autolinee redatto dal Politecnico di Milano, sono nella media dei prezzi applicati da tutte le altre aziende operanti in Italia.

Rispetto alla prima domanda da voi posta (alla quale avremmo voluto rispondere prima dell’uscita del pezzo, se avessimo avuto la possibilità di conoscerla per tempo): accanto ai sistemi di rilevazione superamento corsia e frenata assistita si aggiungono il rilevatore di stanchezza, il cruise control adattivo e il rilevatore antincendio nella toilette, nel vano bagagli e in quello motore. Inoltre, insieme ai partner FlixBus, promuove percorsi formativi per tutti i conducenti nell’ambito dei quali tutte le misure e le norme di sicurezza assumono un aspetto centrale. In più, per coloro che effettuano viaggi notturni, sempre in due e con cambi regolari, sono previsti corsi di formazione appositi. E rispetto agli orari di guida e di riposo, non possono che valere le norme stabilite a livello europeo dalle Direttive (CE) n. 561/2006.

Rispetto, invece, alla seconda domanda, è opportuno precisare che è un’affermazione falsa in quanto il modello di business di FlixBus è molto lontano dalla vostra descrizione di “grandi marchi internazionali che subappaltano i servizi a una pletora di piccole ditte”. Lo spirito di FlixBus, al contrario, ruota intorno a un modello di business collaborativo e i nostri partner sono aziende storiche del settore e assolutamente non associabili a una “pletora di piccole ditte”. Noi collaboriamo in modo duraturo con realtà italiane che vantano una storia aziendale pluriennale e un’esperienza comprovata nel settore, selezionate sulla base di alti standard di qualità e sicurezza, in grado di competere a livello qualitativo e di servizio con realtà europee dello stesso settore, grazie anche agli autisti con anni di esperienza.

Sono realtà che, accanto alla collaborazione con FlixBus, decidono di continuare a svolgere in modo indipendente e con il proprio brand altre linee di lunga percorrenza o altre tipologie di servizio bus.

È importante sottolineare anche che esattamente un anno fa FlixBus ha firmato con i sindacati un protocollo poiché la nostra volontà – che è la stessa dei nostri partner – è proprio quella di offrire tutele e opportunità ancora maggiori ai lavoratori.

Infine, una precisazione in merito alla questione fiscale di cui si accenna di passaggio nell’approfondimento: come già dichiarato in altre sedi, secondo la normativa vigente, FlixBus Italia versa l’Iva e le imposte al fisco italiano, essendo una società di diritto italiano. Pertanto, l’affermazione secondo cui FlixBus versa l’Iva all’erario tedesco è falsa e soprattutto priva di qualsiasi fondamento.

 

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