Trasporti

Dopo Ryanair ed Italo, il 2016 è l’anno degli autobus low-cost

19 Gennaio 2016

Di autobus low-cost avevamo parlato raccontando cosa stava succedendo in Germania, in questo articolo di fine 2014. Dopo la liberalizzazione del settore, nel paese c’era stato un vero e proprio boom degli autobus low-cost (prima vietati); e ci eravamo lasciati dicendo che i segnali di un possibile boom erano nell’aria anche in Italia .

Se non è stato un vero boom, poco ci manca. A fine 2015 abbiamo presentato – con il laboratorio TRASPOL del DAStU Politecnico di Milano e per conto di ANAV Confindustria – l’ultimo aggiornamento sull’evoluzione di questi servizi in Italia, ad un anno circa dalla liberalizzazione del settore.

Dallo studio è emerso che, analogamente a quanto recentemente accaduto in Germania, Francia e altri paesi europei, la liberalizzazione ha dato, in tempi molto rapidi, un grande impulso al settore. Gli effetti più evidenti sono stati:

  • l’introduzione di nuove relazioni servite (circa il 33% in più rispetto al 2013, da parte di oltre un terzo delle aziende) e/o l’aumento delle frequenze settimanali (circa il 38% in più, che ha interessato metà delle aziende considerate),
  • la proposta di nuovi modelli di offerta (intercity, notturno tra grandi città, ecc.),
  • un marcato utilizzo di tariffe differenziate, soprattutto sulle tratte in competizione con la ferrovia.

Nelle due mappe che seguono, a sinistra (o sopra, se leggete da dispositivo mobile) abbiamo rappresentato i collegamenti interprovincali settimanali a fine 2013, a destra (o sotto) gli stessi a fine 2015.

Con l’esclusione di un consolidamento nelle linee interne al Sud, tutte le relazioni geografiche sono cresciute significativamente. In particolare è cresciuta l’offerta da Calabria, Basilicata, lungo la costa Adriatica e tra le città del nord Italia. Rispetto al 2013, la liberalizzazione ha comportato aumento di servizi e frequenze anche dalle aree del Sud e del Centro Italia, nonostante si tratti, storicamente, di mercati già maturi.

La novità probabilmente più visibile del 2015 ha visto l’avvio di numerosi nuovi servizi intercity interni al Nord Italia, grazie all’ingresso nel mercato italiano di due grossi operatori internazionali – Megabus.com (brand low-cost dello storico gruppo britannico Stagecoach) e Flixbus (nata dalla fusione di due start-up tedesche) – ed alla nascita di un nuovo brand italiano, Buscenter.it (creato da alcune storiche aziende siciliane). Essi affiancano la quarantina di aziende che storicamente hanno svolto questi servizi su base territoriale, prima dell’apertura del settore alla concorrenza (solo per citare le più grandi: Baltour-Sena, Marino, Marozzi, Simet, ecc.).

A differenza degli operatori storici, questi nuovi soggetti hanno adottato un modello meno capillare e più concentrato sui grandi centri, principalmente in competizione con la ferrovia. Propongono inoltre politiche tariffarie assai più aggressive (il meccanismo per il quale prima si prenota e meno si paga), con tariffe che in alcuni casi partono addirittura da 1€ a viaggio (ovviamente le tariffe medie sono più alte).

La scarsa preoccupazione mostrata finora dagli operatori ferroviari (ed aerei) esistenti suggerisce che i nuovi servizi abbiano principalmente creato nuova mobilità o ne abbiano sottratta all’auto privata o al ride-sharing (la condivisione di passaggi in auto permessa da siti come BlaBlaCar, fenomeno in rapida crescita che abbiamo iniziato ad analizzare nello stesso lavoro per ANAV).

Dopo l’apertura del mercato aereo (e la nascita delle compagnie low-cost) e la parziale apertura di quello ferroviario (e la nascita dei servizi Italo), si è ora creata una nuova alternativa di trasporto per gli italiani, con un rilevante valore economico (diversi posti di lavoro creati), sociale (prezzi bassi) ed ambientale (un autobus inquina più di un treno ma molto meno di un’auto, a parità di passeggeri trasportati).

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