Borsa
Vegas (e Guzzetti) all’assemblea CONSOB: sagra della disinformazione finanziaria
L’ultima relazione di Giuseppe Vegas all’assemblea CONSOB, l’ultima del suo mandato, ha consentito al giurista prestato alla politica, che poi ha girato il prestito all’autorità di regolamentazione dei mercati finanziari, di chiudere il suo settennato “in bellezza”. E anche quest’anno l’assemblea dell’organo che dovrebbe presiedere alla trasparenza dei mercati è stata l’occasione per sentire stecche, in palco e in platea, su concetti centrali dei mercati finanziari. E viene da chiedersi se questo esperimento di un politico alla CONSOB ci lasci l’insegnamento che il sistema è riuscito a resistere alla prova di stress, o se la prova di stress non sia stata neppure avvertita. Nel primo caso, dovremmo augurarci che la prossima nomina segni il ritorno alla normalità. Nella seconda lettura, potremo cominciare a chiederci se c’è davvero bisogno di una CONSOB.
Parlando della sfida “fintech” pare che Vegas abbia detto che la CONSOB dovrà assumere “più ingegneri e meno avvocati”. Questa è la percezione di cosa siano i mercati finanziari per Vegas: una questione da avvocati. Questo spiega le posizioni da lui assunte nel settennato. Questo spiega la sua interpretazione del ruolo come quello di un arbitro ignaro del tipo di sport che sta arbitrando. La sua preoccupazione massima è stata sempre: non ingessare il sistema. E non ha mai capito che la mancanza di trasparenza è il maggior rischio di ingessamento di un sistema finanziario. Eppure la missione è semplice: capire se nuovi prodotti e contratti finanziari possano accrescere il benessere collettivo e la ripartizione dei costi e dei rischi; vigilare che la ripartizione dei costi e dei rischi venga comunicata in maniera efficace alle controparti deboli del contratto, in maniera che sia ragionevole attendersi che questi l’abbiano capita.
E invece no. Invece di trattare di questi temi, il presidente della CONSOB si è lanciato in proposte estemporanee in campi che non riguardano il suo oggetto di presidio, che è la trasparenza e correttezza, ma quello della stabilità del sistema, che riguarda altri soggetti, in primo luogo Banca d’Italia. Diciamo che l’arbitro ha confuso il calcio con il rugby. Non è bello che uno che gioca a calcio si confonda con il rugby e si metta a correre con la palla in mano. Allo stesso modo non è stato bello vedere Vegas affiancarsi a Banca d’Italia nella polemica sul bail in con una proposta senza alcun senso, né schierarsi dalla parte del Ministero dell’Economia sulla questione dei crediti bancari andati a male, gli NPL.
Sulla prima questione, Vegas ha lanciato l’idea di estendere la copertura assicurativa sui depositi, che copre (o almeno dovrebbe) i primi 100 mila euro di depositi in caso di default di una banca, alle obbligazioni bancarie senior. Brillante. Perché non estendere la copertura a tutti? Tanto sembra che i soldi non siano un problema. In realtà pare che i fondi in cassa nel Fondo di Garanzia dei Depositi siano appena sufficienti a salvare i depositi di una filiale di una banca. E’ vero che in caso di default le casse dovranno essere rimpinguate da altre banche, ma se lo shock riguardasse tutto il sistema? Poiché un sistema di assicurazione europeo dei depositi non c’è, dovremo pagare con fondi pubblici. Ma i commissari europei saranno d’accordo?
E poi, l’assicurazione sui depositi serve a impedire episodi di “bank running”, cioè corsa a ritirare i risparmi che possono essere ritirati a vista. Quale possibile fuga può esserci da un’emissione obbligazionaria? Un titolo si può vendere, il prezzo può crollare, ma non verrà mai estinto prima della sua scadenza. E’ vero che in un periodo di crollo dei prezzi la banca perderà l’accesso al mercato. Ma il sistema dell’assicurazione serve a impedire la fuga di fondi già investiti, non ad attirare nuovi fondi in caso di difficoltà. Per questo l’ipotesi di Vegas da un lato crea confusione rispetto alla regolamentazione dell’assicurazione dei depositi, dall’altro propone un nuovo elemento, e cioè una garanzia statale per l’approvvigionamento di liquidità delle banche, in un periodo in cui il problema delle banche non è proprio quello della liquidità.
Dopo Banca d’Italia, Vegas è anche corso in aiuto del Ministero dell’Economia sulla questione spinosa dei prestiti in sofferenza. Su questo fronte si sarebbe dovuto soffermare sulla trasparenza dei titoli che finiscono nei portafogli di chi non sa cosa significa “sofferenza”, o che gli attribuisce un significato diverso quando perde i soldi. E invece no. Su questo Vegas si è schierato su un presunto mercato organizzato del mercato degli stessi NPL, salendo sul carro di quelli che gridano alla speculazione degli avvoltoi. Per questo meriterebbe proprio che questo mercato lo facessero fare a lui, con la responsabilità del proprio capitale. Allora capirebbe che i mercati organizzati si fanno per scambiare titoli e prodotti “standardizzati”, e quindi dotati del grado di liquidità sufficiente. Per questo non ci sono mercati organizzati di tagli di capelli o di lune di miele sulle cascate del Niagara (per citare esempi usati nei manuali di economia come prodotti e servizi non commerciabili). Scoprirebbe che è altrettanto assurdo scambiare su un mercato organizzato il mestiere del “servicer”, che è quello che contiene i costi che lui, e gli altri del carro, confondono o comunque mischiano con il termine “speculazione”.
Insomma, giornataccia per la cultura finanziaria all’assemblea della CONSOB a Milano. E se non bastasse, in margine allo stesso evento, e ancora sulla questione degli NPL è intervenuto anche Giovanni Guzzetti, anche lui principe dei mercati finanziari per disgrazia di Dio e volontà della politica. A proposito di Atlante ha chiosato con una frase che andrebbe scritta nella pietra come esempio di finanza da “salotto buono”. Mentre tutti svalutano la partecipazione in Atlante, perché è chiaro (lo era fino dall’inizio) che è un’operazione in perdita, il nostro crociato ha affermato, a proposito delle fondazioni: “Non vogliamo rimetterci nemmeno un euro, per questo non svalutiamo”.
Non svaluti e non perdi. Potrebbe essere più semplice di così? E’ ironico e emblematico allo stesso tempo che l’unica frase vera sulla trasparenza uscita dall’assemblea CONSOB sia questa. Peccato che sia la trasparenza del salotto buono, quando i bilanci erano come quadri appesi al muro, in cui non contava quanto l’arte rappresentava la realtà, ognuno ci vedeva quello che ci voleva vedere e solo i critici d’arte o quelli del mestiere li capivano fino in fondo. Pare che quei tempi non siano ancora tramontati.
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