Terzo Settore

Gaudimundo: Basta rendite, il futuro del terzo settore è occuparsi di tutti

13 Giugno 2022

In occasione dei suoi trent’anni, Fondazione Cariplo ha lanciato un’iniziativa di ascolto dei territori e delle realtà che anche col sostegno di Cariplo lavorano nel campo del sociale, della cultura e dell’innovazione. In occasione del primo appuntamento abbiamo raccolto le voci di alcuni protagonisti. 

Federico Gaudimundo è il direttore del Consorzio Cooperho. Con Fondazione Cariplo abbiamo iniziato 7 anni fa un percorso innovativo di Welfare di comunità nato con il bando Welfare in azione, con un progetto che si chiama #Oltreiperimetri che è ancora attivo  dopo 7 anni e che da progetto è confluito nella spesa corrente del territorio del distretto del Rhodense. Questa esperienza ha prodotto un’azione innovativa come Soli Mai che interviene sulla solitudine degli anziani attraverso il lavoro dei volontari e la cura della relazione. Looking4 ha affrontato in apertura proprio le risposte innovative sui temi dell’Ageing nei sistemi territoriali e per questo Gaudimundo è stato coinvolto.

Ci spiega meglio di cosa si occupa la sua realtà?
Cooperho è un consorzio di cooperative sociali che si occupa nel territorio del Rhodense oltre al sostegno delle cooperative socie, di progettazione innovativa e di Welfare di comunità. Da sette anni con #Oltreiperimetri, insieme a istituzioni, associazioni, cittadini ha costruito un sistema di Welfare di comunità che è in grado di mettere in rete tutte le risorse disponibili, umane ed economiche e si fonda su tre pilastri fondamentali:
1.         Condividere i problemi e co-progettare le soluzioni
2.         Costruire legami sociali solidi tra persone, istituzioni, organizzazioni per sostenere le vulnerabilità e le fragilità delle persone
3.         Considerare che chiunque porti dei bisogni, porta anche delle risorse

Abbiamo aperto dei luoghi, degli Hub di comunità chiamati #OP café in ogni comune del distretto in cui i cittadini possono incontrarsi, in cui si generano nuove idee, si scambiano pratiche, si fa festa, in gruppi chiamati Laboratori di comunità-
In questi anni abbiamo coinvolto nelle varie attività decine di migliaia di cittadini e oltre 500 sono quelli che continuativamente prestano gratuitamente il loro tempo e le loro competenze a favore di altri cittadini e dell’intera comunità. Questo contribuisce a sostenere le persone più vulnerabili che trovano in una comunità solidale e in legami sociali consolidati, il modo di condividere i problemi, ma soprattutto condividerne le soluzioni.

In che maniera la pandemia ha inciso sulla vostra attività e sulle persone o realtà che aiutate?
Si può facilmente immaginare che Attività che si basano sulla prossimità e sulla costruzione di legami tra le persone sono state pesantemente colpite dalla pandemia. Trovarsi nei luoghi di comunità è la base delle nostre attività. La pandemia ha di colpo interrotto tutto questo e costretto le persone all’isolamento sociale ma anche alla solitudine individuale. Perché anche se alcuni di noi non sono rimasti soli fisicamente, ci siamo trovati comunque soli di fronte alle nostre paure, di ammalarci, di contagiare, di morire, di incontrare gli altri, di vaccinarci. A ognuno le sue. Figuriamoci per i soggetti più fragili, figuriamoci per i soggetti più fragili ad esempio…anziani.
Però il patrimonio di legami sociali che abbiamo costruito in questi anni è stato fondamentale proprio nel momento più critico. Le nostre comunità nel momento più complicato per la pandemia sono state capaci di compattarsi, di attivare un sostegno incredibile per le persone più fragili. Durante il lockdown i nostri cittadini hanno prodotto centinaia di contenuti online dai più utili (tutorial,sostegno compiti a distanza ecc ecc ) ai più ludici (ricette, esercizi, cori) per far sentire le persone meno sole, oltre che spendersi per aiutare i soggetti più isolati fornendo aiuto per la spesa, i medicinali e altre incombenze. Proprio da questa esperienza è nata l’azione di Soli Mai che grazie anche al contributo fondamentale della Fondazione Comunitaria Nord Milano che ha sostenuto da subito la coprogettazione, ha organizzato i volontari per fornire compagnia telefonica alle persone anziane sole. Oggi che l’emergenza pandemica sembra essere finita, anziani e volontari si fanno compagnia non più soltanto al telefono ma si vedono fisicamente, si prendono cura reciprocamente gli uni degli altri. Costruiscono insomma solidi legami sociali.

Giornate come quelle organizzate da Looking4 sono anche l’occasione di incontro tra realtà diverse che agiscono sullo stesso “terreno”. Cosa vi lasciano? Quali insegnamenti? Quali incontri?
Giornate come questa innanzitutto danno la dimensione della ricchezza e dell’innovazione che il terzo settore mette in campo quando si tratta di sperimentare nuove strade dell’intervento sociale. Certo questa forza innovativa non ha gambe se non trova istituzioni, enti erogatori e tutti gli stakeholder coinvolti che abbiano una visione e senza che siano disponibili a coprogettare insieme le politiche per mettere a terra questa visione e questa spinta innovativa.  Fondazione Cariplo in questi anni è stata certamente un esempio di capacità di visione e anche di capacità di scommettere sul futuro anticipando politiche che poi negli anni si sono rivelate corrette.
Un’altra cosa che mi porto a casa è che pur da punti di vista e di partenza diversi, molte esperienze raccontate finiscono per assomigliarsi o comunque per avere molti punti in comune. Questo mi dà l’idea che siamo sulla strada giusta.

Come deve ripensarsi, secondo voi, il Terzo Settore, di fronte ai cambiamenti epocali che attraversano la nostra società? Quali sono le sensibilità di cui abbiamo più bisogno?
È una domanda complessa e sarebbe presuntuoso avere delle ricette già pronte. Posso dire che in questi anni ho imparato che non dobbiamo come terzo settore aver paura di osare, né di rivendicare la nostra capacità di innovazione. Bisogna però anche essere disposti, per collaborare con gli altri stakeholder,  istituzioni in primis, a perdere qualche “rendita di posizione”, perdere qualcosa anche della propria storica identità, per costruire qualcosa di nuovo, scommesse collettive comuni in cui tutti si possano riconoscere. Oggi il nostro target non sono più soltanto i “fragili” o gli “emarginati”. Oggi dobbiamo pensare alla collettività intera, alla comunità e alle persone che nel corso della loro vita attraversano momenti di fragilità in cui hanno bisogno di essere sostenuti.

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