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VOICES from the Blogs: Big Data e big statisticians

30 Marzo 2015

Luigi Curini mi accoglie al secondo piano del TAG, nella nuova sede di VOICES from the Blogs.

VOICES è proprio un caso di quelli da studiare e, meglio ancora, da insegnare nelle università italiane e nei luoghi deputati al rilancio e, soprattutto, alla creazione di speranza in un paese troppo spesso votato alla negatività e alla sindrome da disastro.

Nato come spin-off universitario dell’Università Statale per la raccolta e l’analisi dei dati del web in Italia, VOICES ha avuto il merito di non fermarsi, di pensare sempre oltre, di vedere e gettare le basi per il proprio sviluppo.

Da anni la fattiva collaborazione con Wired ha portato allo studio costante del sentiment degli italiani (qui un resoconto del 2014), ma le pubblicazioni scientifiche sono un elemento fondamentale del trio di soci: Luigi Curini, Stefano Iacus e Andrea Ceron.

Molti sono gli articoli usciti su riviste internazionali e, dopo un libro lo scorso anno, è prevista nel proseguo del 2015 la pubblicazione con Ashgate di un nuovo testo: Forecasting and Nowcasting Elections Using Social Media: Just By Chance?.

Luigi, raccontaci un po’ l’evoluzione di VOICES

“Dopo la scorsa estate, a settembre ci siamo ritrovati con l’idea di pensare al futuro. Da bravi dipendenti pubblici (Stefano e Luigi sono professori associati, mentre Andrea è un ricercatore a tempo determinato, nda), siamo forse ancora più fieri di avere creato una start-up e ci tenevamo appunto a sentirci, oltre che docenti universitari, veri imprenditori.

VOICES è una piccola azienda che ha raddoppiato il fatturato in un anno e ha deciso di investire per il suo sviluppo: in primis, e ne siamo orgogliosi, assumendo come dipendenti due persone, un informatico e uno scienziato sociale.

Poi volevamo, proprio fisicamente, una sede, per sentirci anche ‘fuori dall’università’, legati fisicamente a un luogo. Il Talent Garden ci è sembrata la scelta migliore”

Quali saranno gli sviluppi di VOICES?

Tutti e tre raccontano i grandi cambiamenti in atto:

“Mentre noi pensavamo a un piano di sviluppo, abbiamo avuto diversi colloqui con potenziali investitori. Insomma, gli investimenti erano di fatto già programmati perché facevano parte dell’idea di crescita che abbiamo di VfB. Con una perfetta sincronia di tempi, all’interno di questo quadro, si è materializzato l’accordo con SWG, istituto di ricerca tra i più importanti d’Italia che ha deciso di investire in VOICES.

SWG entra come investitore, ma con una quota che ci consente comunque di mantenere il controllo totale della società. L’obiettivo è quello di creare il più grande centro di ricerca scientifica e di mercato in Italia che utilizzi i Big Data”

Ecco, Big Data: parola di moda che usano in tanti, ma come sono messi gli istituti di ricerca in Italia?

“Diciamo che il gap culturale, soprattutto, è ancora molto forte. C’è un modo vecchio di pensare alla statistica, ancora basato sui campionamenti che – dice Stefano Iacus, lo statistico del gruppo – non sono mai rappresentativi. Per quanto la stratificazione di una popolazione possa infatti rispettare criteri di rappresentatività, con tassi di risposta alle telefonate vicino al 10% ogni desiderio in tal senso è destinato a rimanere deluso.

In Italia solo ISTAT, probabilmente, ha compreso l’innovazione dei Big Data, come dimostra pure il concorso (per altro vinto proprio da VOICES from the Blogs) organizzato lo scorso anno insieme a Google.

Il fatto è che serve una profonda trasformazione nella cultura del numero e del loro utilizzo: il problema è che spesso ci sono “Big Data, sì, ma anche small statisticians

Qual è il valore aggiunto di VOICES from the Blogs?

“Il futuro della datizzazione sta nel coniugare la messe di informazioni disponibile e il proliferare dei dati con il rigore scientifico. Non è corretto affermare che i Big Data rendono inutili la teoria. È semmai vero il contrario: dati così nuovi e capillari necessitano di un background culturale e di competenze che consenta, dentro questa miniera di informazioni, di trovare il modello statistico corretto e gli algoritmi migliori, nonché le teorie interpretative più appropriate, per fornire spiegazioni robuste dei fenomeni sociali.

L’American Political Science Association ha organizzato un convegno, di recente, proprio sull’integrazione dei Big Data nella ricerca politologica: Big Data: formal theory and causal inference: contradictory trends in political science?

Noi apprezziamo molto lo sforzo di SWG, da sempre comunque attenta al rigore delle proprie indagini: il salto culturale è grande, perché quel modo di trattare i Big Data con sufficienza, un po’ tipico in Italia, è messo da parte a favore di una vera sinergia tra mondo industriale e comunità accademica. La scienza insieme al mercato per fare delle informazioni una fonte di creazione di valore.

Adrio De Carolis è un vero imprenditore, una persona intrinsecamente portata a cogliere il rischio di impresa come elemento qualificante di un’idea su cui investire. Questo, insieme al fatto che, anagraficamente, stiamo parlando di un amministratore delegato molto più giovane dei suoi colleghi di altri istituti, ha fatto sì che il progetto potesse andare in porto speditamente”

foto team

Quali progetti state portando avanti?

“Innanzitutto, siamo molto fieri del nostro Wired Next Index, il primo indicatore che ha il pregio di coniugare dati caldi e dati freddi. I primi sono i tweets che monitoriamo costantemente per analizzare il sentiment degli italiani, mentre i secondi sono i fondamentali macro con i dati su PIL, disoccupazione, inflazione. Un bel modo di integrare i Big Data all’interno dell’analisi economica tradizionale”

E Andrea aggiunge:

“E la stessa cosa stiamo facendo anche con le analisi di mercato. Collegare i dati provenienti dal web con outcomes misurabili come vendite, investimenti in scorte, indicatori insomma decisionali del mondo delle imprese”

Stefano infine chiosa con una legittima soddisfazione:

“E non dimentichiamo che il nostro algoritmo, (iSA®, Integrated Sentiment Analysis) è patent pending in America. Il fatto è che l’Italia (come la Cina, per dire) è un paese dove non si può brevettare un algoritmo, che invece è il significato profondo del nostro lavoro e il cuore della nostra impresa”

A proposito di salto culturale, nel mondo della digital innovation questo è senz’altro un punto fondamentale. La sensazione, nell’ufficio di VfB, è di avere finalmente incontrato uno spicchio di futuro: vera integrazione impresa-università, multi-disciplinarietà della ricerca, innovazione che reinveste su se stessa e, perché no, un bel pizzico di simpatia trascinante.

Auguri a VOICES: non è difficile prevedere un futuro di successi.

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