Sindacati
Ucraina: una democrazia che stava per cancellare i contratti di lavoro
In Ucraina oggi si scontrano democrazia e dittatura, ci spiegano i commentatori. Ma un governo che fino alla vigilia dell’invasione si è battuto per cancellare i contratti collettivi ed emarginare il sindacato, in un paese europeo in cui a 7 anni si lavora in miniera, può essere definito democratico?
Da settimane ormai sentiamo ripetere che in Ucraina si scontrano democrazia e dittatura. Ma qual è il grado di democrazia di un paese che viola gli standard internazionali in materia di lavoro, vuol abolire i contratti collettivi e de facto non riconosce le organizzazioni sindacali? Affrontare questo tema nel bel mezzo di una guerra non è fuori luogo. Al contrario ci consente di far luce sulle forze sociali di cui il governo ucraino è espressione e di capire più a fondo l’attuale crisi.
Il progetto di riforma del 2019
Alla fine del 2019 il governo ucraino ha presentato una bozza di legge di 98 articoli intitolata succintamente “Sul lavoro”. Il tentativo di riformare la legislazione sul lavoro in un paese in cui essa risale a cinquant’anni fa, quando l’Ucraina era ancora parte dell’URSS, è in stallo da quasi vent’anni, dopo tre falliti tentativi nel 2003, 2009 e 2016. Come osserva l’OIL ciò non ha impedito un processo di graduale modifica della legislazione, che però, in assenza di una riforma organica, ha prodotto una normativa priva di coerenza, col risultato che in Ucraina le controversie di lavoro sono il terzo cespite di azioni legali.
L’Ucraina – sempre secondo l’OIL – è il paese con le retribuzioni e le pensioni più basse d’Europa (rispettivamente 420 e 110 dollari mensili), una forte emigrazione alla ricerca di lavoro e un tasso di lavoro nero tra il 15% e il 21% (OIL051120). La miseria diffusa alimenta, tra l’altro, un ampio ricorso al lavoro minorile: incrociando i dati dell’OIL e dell’Unesco il Dipartimento del Lavoro americano conclude che il 9,7% dei bambini tra i 5 e i 14 anni (circa 385.000) lavora, in particolare nelle attività agricole (97%), mentre il 12% degli studenti tra i 7 e i 14 anni studia e lavora. Tra le forme di sfruttamento più odiose c’è l’utilizzo di bambini nelle miniere di ambra e di carbone e persino nel settore della pornografia e dell’accattonaggio organizzato. Un reportage del National Geographic sulle miniere illegali della Polesia, nella parte nordoccidentale del paese al confine con la Bielorussia descrive “donne e bambini di sette anni incaricati di pulire i minerali che raggiungono la superficie del suolo venendo su dal pozzo” (NationalGeographic170117).
Secondo la EPSU (European Public Service Union) il progetto di riforma del 2019 “costituisce una riorganizzazione complessiva del mercato del lavoro e, in molti casi trae chiaramente ispirazione da pratiche diffuse negli USA”. “Il principale cambiamento – prosegue il documento sindacale – e allo stesso tempo quello che presumibilmente colpirà la maggioranza dei lavoratori, è l’introduzione di quello che è noto come lavoro “discrezionale” [at-will nel testo originale]. Il lavoro discrezionale trae la sua denominazione dalla facoltà attribuita al datore di lavoro di licenziare un dipendente ‘a piacere’, cioè senza dover dimostrare la giusta causa.” (EPSU290120).
George Sandoul, un avvocato del lavoro che collabora con la ONG Labor Initiative, chiarisce così: “In altre parole un datore di lavoro può licenziare un dipendente semplicemente perché vuole farlo. Se oggi ciò è semplicemente impossibile (…) ci dev’essere una qualche ragione, quella che viene chiamata ‘giusta causa di licenziamento’, la legge cancella ogni restrizione. Da sola essa è sufficiente a distruggere tutti i diritti sociali e del lavoro riconosciuti in Ucraina”.
I 98 articoli del progetto contemplavano sette tipi di contratto: tempo indeterminato, tempo determinato, breve termine, stagionale, orario libero, stage per studenti e lavoro domestico. Il formale riconoscimento del contratto a orario libero o “a zero ore”, una sorta di lavoro a chiamata che in Ucraina viene già utilizzato da compagnie come Uber e Glovo, sempre secondo Sadoul, rischierebbe di provocare una vera e propria “uberizzazione dell’economia”.
Ma c’è un altro aspetto della riforma che i sindacati stigmatizzano, cioè che concede alle aziende la facoltà di violare le regole e gli stessi accordi internazionali a cui l’Ucraina aderisce e la stessa Costituzione ucraina. Secondo Vasiliy Shilov, della Confederazione dei Sindacati Ucraini “Vengono violati i trattati delle Nazioni Unite. È violata la Carta Sociale Europa. È violato l’accordo di associazione all’UE… in pratica, in un modo o nell’altro, vengono violati tutti”.
I disegni di legge 5371 e 5388
Vista la reazione combattiva dei sindacati al progetto di riforma del 2019 Zelenski ha deciso di frazionare la riforma in una serie di disegni di legge che tuttavia ne ripropongono la filosofia e le misure di fondo. Tra questi i ddl 5371 e 5388, presentati lo scorso aprile alla Verkhovna Rada, il Parlamento ucraino, senza alcuna consultazione col sindacato. Il disegno di legge 5371 esenta le imprese fino a 250 dipendenti dall’applicazione dei contratti collettivi, una deroga che riguarderebbe il 75% delle aziende e il 73,1% della popolazione attiva (IndustriAll210421). Tanto che anche una nota tecnica dell’OIL lo ha bocciato facendo proprie in larga misura le critiche del sindacato:
- Il ddl sembra escludere una quota significativa della forza-lavoro ucraina dall’applicazione della normativa generale sul lavoro (Codice del Lavoro) mediante l’istituzione di un regime parallelo e con ridotte garanzie per i lavoratori impiegati nelle piccole e medie imprese, cioè quelle che hanno meno di 251 dipendenti.
- Autorizza la contrattazione individuale su diritti inalienabili e non negoziabili del lavoro tutelati dalla Costituzione dell’Ucraina, dai trattati internazionali ratificati dall’Ucraina e dalla stessa normativa nazionale.
- Fornisce alle parti stipulanti il contratto di lavoro la facoltà di derogare in pejus agli standard elementari fissati per legge mediante la contrattazione individuale.
- Istituisce il licenziamento a discrezione del datore di lavoro e la possibilità per quest’ultimo di modificare unilateralmente termini e condizioni essenziali del contratto di lavoro, in violazione degli standard di lavoro internazionali e dei principi generali della legge e delle consuetudini europee.
Essendo ispirata al principio di equivalenza tra le parti stipulanti tipiche del diritto civile la riforma riduce considerevolmente il compito di protezione del lavoro nell’ambito delle PMI da parte della legge. - Il ddl 5388, invece, a giudizio della confederazione mondiale dei sindacati dell’industria IndustriAll (cit.) consentirebbe un utilizzo illimitato dei contratti a breve termine, introdurrebbe nuove causali per i licenziamenti, priverebbe dei loro attuali diritti madri single, disabili, lavoratori giovani e tecnici in congedo dopo il servizio militare e tutti i lavoratori delle tutele relative al lavoro straordinario.
Per aver introdotto misure analoghe, facevano notare lo scorso settembre Grigorii Osovyi e Vasykl Shylov, rispettivamente presidente e capo del Dipartimento per le relazioni internazionali della Confederazione dei Sindacati d’Ucraina, la Bielorussia è stata esclusa dal Sistema di preferenze tariffarie dell’UE per violazione dei principi chiave dell’OIL (EqualTimes020921).
Londra sponsor della riforma
Nel novembre 2021 alcuni documenti fatti trapelare clandestinamente hanno rivelato che dal settembre 2020 UK Aid, un fondo governativo legato al Foreign Office britannico con una dotazione di 150 milioni di sterline, ufficialmente destinati a combattere la povertà e a realizzare i Global Goals dell’ONU, e l’ambasciata britannica a Kiev hanno organizzato e finanziato una campagna a sostegno delle riforma del lavoro di Zelenski.
La EPSU, entrata in possesso dei documenti, ha pubblicato il piano di comunicazione preparato dalla società di consulenza americana Abt Associated per promuovere l’approvazione della nuova normativa. A pagina 5 si trova un elenco degli oppositori della riforma, tra cui Sandoul, e gli autori sottolineano che “si tratta perlopiù di rappresentanti sindacali, politici e ed esperti accomunati da un’ideologia di sinistra”, anche se non mancano esponenti della formazione conservatrice di Yulia Timoshenko e dello stesso partito di Zelenski. Nelle pagine successive gli esperti di Abt consigliano di “Semplificare la comunicazione e fare maggiormente leva sulle emozioni”e suggeriscono persino i colori da utilizzare per il materiale da pubblicare sui social (rigorosamente i colori nazionali) e le risposte alle obiezioni sindacali, indicate come fake news. “Lo scopo della legge è semplificare i licenziamenti e privare i lavoratori dei più generali diritti del lavoro” dicono i sindacati? Il governo dovrà ribattere che invece “Scopo del progetto è semplificare le procedure di assunzione e, dunque, di garantire lavoro in regola e protezione legale a più persone. Gli unici che perdono qualcosa sono i sindacati, il cui enorme potere viene in qualche modo diminuito”.
Quale sia l’enorme potere del sindacato che il governo vuole diminuire lo spiega Oleksandr Mushenok, rappresentante sindacale dei ferrovieri, nel già citato articolo dell’EPSU: “Così ha funzionato negli ultimi 17 anni (…) tutti i governi di questi 17 anni si sono seduti al tavolo [con le parti sociali] e hanno modificato il Codice del lavoro. Soltanto questo sedicente governo si è comportato come un imbroglione. Se c’è bisogno di cambiare la normativa sul lavoro devi sederti a un tavolo in modo civile e concordare come”.
La guerra non ferma il governo, anzi…
La guerra, come spesso capita, invece di rallentare il processo di riforma lo ha accelerato. La scorsa settimana, il 14 marzo, Halyna Tretiakova, parlamentare eletta nel partito di Zelenski, Servitore del Popolo, ha presentato alla Verkhovna Rada una nuova legge, che il giorno successivo erà già approvata e mercoledì è stata controfirmata da Zelensky (sito della Rada). Secondo il resoconto di Open Democracy, fondazione finanziata da George Soros (dunque non sospetta di bolscevismo) “la nuova legge aumenta in modo rilevante i diritti delle imprese private e delle aziende e istituzioni di Stato, mentre riduce quelli dei lavoratori”, in particolare
Sarà consentito di licenziare i dipendenti in ferie o in malattia (ma non in maternità o in congedo parentale). I datori di lavoro possono aumentare l’orario da 40 a 60 ore, ridurre i periodi di vacanza e le giornate aggiuntive di ferie e godere di maggior flessibilità nelle assunzioni. (…) Una delle misure più controverse della legge concerne la possibilità di affidare alle donne lavori fisicamente pesanti e anche di lavorare nel sottosuolo (ad esempio nelle miniere), un’eventualità vietata dalla legge ucraina. Ciò potrebbe portare a una violazione della 45esima Convenzione dell’OIL, che risale al 1935 e vieta il lavoro nel sottosuolo a tutte le donne. (…) La nuova legge dà anche ai datori di lavoro il diritto di cancellare i contratti di lavoro collettivi e limita in modo significativo le prerogative delle organizzazioni sindacali, riducendo il loro ruolo a quello di una “supervisione civile” sulla nuova legge. (OpenDemocracy180322)
Restrizioni dolorose ma dettate dall’emergenza bellica? In realtà qualcuno sottolinea che si tratta sostanzialmente delle misure proposte diversi mesi prima dell’invasione russa dalla Commissione parlamentare Affari sociali e dal Ministero dell’Economia e esprime il timore che, una volta approvate sotto la spinta dell’emergenza, possano restare in vigore anche dopo la fine del conflitto. Ancora Sandoul dichiara a Open Democracy: “È naturale che il modo in cui la gente lavora sia sottoposto a tremendi cambiamenti durante la guerra provocata dall’invasione russa. Ma i lavoratori che non hanno perso il loro posto di lavoro operano giorno e notte a beneficio dell’esercito e della popolazione per ottenere la vittoria. È logico che qualunque regola legislativa sia finalizzata all’unico scopo di rafforzare la capacità difensiva dell’Ucraina. Ma questa legge evidentemente non è finalizzata a tale scopo, anzi ne intralcia la realizzazione”.
Come ha scritto di recente l’economista Michael Roberts “Ufficialmente, il coefficiente di Gini dell’Ucraina, che misura la disuguaglianza del reddito, è il più basso in Europa e in parte è questo il motivo per cui l’Ucraina è così povera: non esiste praticamente una classe media, e i ricconi nascondono il loro reddito e la loro ricchezza, pagando poche o nessuna tassa. L’economia sommersa è molto diffusa, ragion per cui il 10% più ricco ha una ricchezza e un reddito 40 volte maggiore degli ucraini più poveri.” (Blog di M. Roberts1402220) I cosiddetti oligarchi, che sembra esistano solo in Russia, in realtà ci sono anche in Ucraina e sono frutto dello stesso processo di predazione delle spoglie del capitalismo di Stato sovietico perlopiù da parte di ex dirigenti di partito e dei loro familiari. Il conflitto a cui assistiamo, più che uno scontro tra russi e ucraini o tra dittatura e democrazia, ha come protagoniste due “oligarchie” socialmente affini, perché figlie dello stesso processo storico, ma con contrastanti visioni della propria collocazione geopolitica. Il recente episodio della moglie di un imprenditore nucleare ed ex politico ucraino, fermata al confine con 30 milioni di dollari, ci racconta la guerra da un altro punto di vista: c’è chi manda le proprie fortune all’estero e chi invece è costretto a combattere o a lavorare senza diritti, oggi vittima della guerra, domani, probabilmente, della ricostruzione.
Articolo tratto dalla newsletter di PuntoCritico.info del 25 marzo.
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