Sindacati

Rappresentante dei lavoratori condannato per morte bianca, è la prima volta

7 Ottobre 2023

La Cassazione conferma la condanna in primo e secondo grado di un datore di lavoro e, con lui, di un Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza per un incidente mortale avvenuto nel 2011. Una decisione che secondo la CGIL mina il ruolo dell’RLS in azienda e costruisce un precedente pericoloso per il futuro.

A meno di un mese dalla tragedia di Brandizzo la Cassazione, sezione quarta penale, conferma un orientamento giurisprudenziale che potrebbe rendere ancor più difficile tutelare la sicurezza sul posto di lavoro.

RLS condannato con l’azienda, è la prima volta

Il caso risale al 2011: un lavoratore 32enne, assunto come impiegato tecnico da una ditta metalmeccanica di Corato, provincia di Bari, con una ventina di dipendenti che produce impianti e macchine per il trattamento dei rifiuti, ma utilizzato come magazziniere, resta schiacciato da alcuni tubolari metallici caduti da una scaffalatura. Secondo le ricostruzioni l’incidente sarebbe avvenuto mentre la vittima tentava di sistemare uno dei tubolari manualmente, non essendo riuscito a effettuare l’operazione col muletto, mansione a cui non era stato addestrato. Nel 2018 il titolare della ditta e il Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza, assistiti entrambi dallo stesso legale, vengono condannati in primo grado rispettivamente a due anni e un anno e due mesi, mentre viene assolto il Responsabile dei Servizi di Sicurezza e Prevenzione dell’azienda.

La sentenza n. 38914 della Cassazione, in sostanza, dà un autorevole imprimatur a una decisione in primo e secondo grado, che per la prima volta condanna datore di lavoro ed RLS per un incidente mortale sul lavoro, considerandoli entrambi responsabili, il primo per non aver rispettato la normativa sulla sicurezza – in questo caso si contesta la mancata compilazione del Documento di Valutazione del Rischio (DVR), che avrebbe dovuto prendere in considerazione anche il rischio di caduta dei tubolari e adottare misure preventive, e l’impiego del lavoratore deceduto come magazziniere senza impartirgli la dovuta formazione, e il secondo, che i giudici (con un lapsus emblematico) definiscono “responsabile” invece che “rappresentante” dei lavoratori per la sicurezza, per aver omesso di “promuovere l’elaborazione, l’individuazione e l’attuazione delle misure di prevenzione idonee a tutelare la salute e l’integrità fisica dei lavoratori”, come previsto dall’articolo 50 del Testo Unico sulla Sicurezza sul Lavoro (TUSL) e così facendo “aver concorso a cagionare l’infortunio mortale”, in particolare, scrivono i giudici di Cassazione, “consentendo che il C.C. [la vittima] fosse adibito a mansioni diverse rispetto a quelle contrattuali, senza aver ricevuto alcuna adeguata formazione e non sollecitando in alcun modo l’adozione da parte del responsabile dell’azienda di modelli organizzativi in grado di preservare la sicurezza dei lavoratori, nonostante le sollecitazioni in tal senso formulate dal D.D.”, cioè  dal responsabile (in questo caso la definizione è corretta) per la sicurezza dell’azienda, l’RSPP, che invece è stato assolto in primo grado.

Per la CGIL un precedente pericoloso

Sulla sentenza della Cassazione chiediamo un giudizio a Sebastiano Calleri, responsabile nazionale della CGIL per la Sicurezza sul Lavoro: “Stiamo facendo le verifiche dovute coi nostri legali e attendiamo il dispositivo definitivo. Resta il fatto che si tratta di una decisione che mina il ruolo dell’RLS, che, a differenza di quanto è scritto nella sentenza, collabora con l’azienda in materia di sicurezza, ma non rappresenta una funzione aziendale e dunque, a differenza dell’RSPP, non è responsabile di eventuali violazioni”. Per Calleri la sentenza riflette un orientamento della giurisprudenza in atto ormai da tempo che “tende a mettere sullo stesso piano aziende e singoli lavoratori”, un’anomalia a cui la CGIL  risponde che invece bisogna “rilanciare sulla funzione di rappresentante sindacale dell’RLS”.

La questione centrale è proprio che, aldilà delle valutazioni sull’operato dell’RLS nel caso specifico, la portata della decisione va ben oltre e pone interrogativi più generali.

Da un punto legislativo se il D.Lgs. 81/2008 già citato pone in capo all’RLS funzioni non meramente consultive, ma prevede che, oltre agli obblighi già citati, avverta il responsabile aziendale dei rischi individuati nei locali aziendali e possa anche fare ricorso alle autorità competenti qualora ritenga che le misure adottate dall’azienda siano insufficienti (art. 50), per altro verso il capo IV, che tratta le sanzioni a carico delle diverse figure aziendali, non ne prevede a carico dell’RLS, come fa invece per il datore di lavoro, il preposto, il medico aziendale, i fornitori, gli stessi lavoratori in quanto tali ecc. Questo perché, come sottolinea la CGIL,  l’RLS non ha potere decisionale e l’obbligo di far rispettare la normativa ricade sul titolare e sulle figure aziendali a ciò preposte. Tra i sindacati di base USB, che sta raccogliendo le firme per l’introduzione del reato di omicidio sul lavoro, e la CUB esprimono un giudizio altrettanto negativo sulla sentenza.

Ai giudici inoltre non dovrebbe sfuggire la posizione di ricattabilità anche dell’RLS, soprattutto in aziende piccole, a gestione familiare, come quella di cui parliamo – qui non siamo all’ILVA ma neanche in una fabbrica di medie dimensioni – e in aree affamate di lavoro come la provincia di Bari. A Corato nel 2011 il tasso di disoccupazione è al 17,6%, più del doppio del dato nazionale, ma la disoccupazione giovanile è due volte e mezzo superiore, al 42%. Un familiare di un dipendente di quegli anni ci racconta che la filosofia aziendale era “che se fai quello che ti viene chiesto ti verrà riconosciuto, magari con una promozione o un aumento di stipendio, per cui se il magazziniere che si occupava di spostare i carichi col muletto non c’era, il piazzale era pieno e c’era il camion da caricare, chiamavano a casa e lui andava a caricare il camion col muletto, anche lui senza essere stato addestrato. Chi c’è c’è, insomma…”

Ricattabilità a cui spesso si somma l’inefficienza delle stesse autorità competenti. Persino l’ex magistrato Raffaele Guariniello, uno che si è occupato di Eternit e Thyssen-Krupp, è arrivato a parlare della figura dell’RLS come di un “figlio di nessuno”, chiedendosi fino a che punto si faccia il “necessario per evitare che di fatto sia abbandonato a se stesso”.

L’esperienza di un RLS

Ce lo conferma un lavoratore che è stato RLS per 10 anni presso un hotel a quattro stelle in una grande città del nord. “Sono stato delegato sindacale e RLS della Filcams CGIL dal 2001 al 2011. Nei periodi di punta arrivavamo a ospitare anche 200 persone, anche con la formula residence, per cui alcune camere disponevano di piano cottura con piastre elettriche”. Di qui i problemi: “Come portiere di notte venivo spesso chiamato dai clienti perché le manopole per accendere e regolare la temperatura delle piastre erano talmente lise che non si leggevano più i numeri e non si riusciva a spegnerle. Io salivo in camera, staccavo la spina e segnalavo alla direzione, ma la risposta era che quel modello di manopola non si trovava più”.

Finché non succede il patatrac: “Un mattino le donne delle pulizie entrano in una stanza e la trovano in preda alle fiamme proprio a causa di una piastra lasciata accesa. I pompieri per spegnere l’incendio gettano tanta acqua da sfondare la soletta che si abbatte sulla stanza sottostante”. L’episodio dovrebbe suggerire maggiore attenzione. Invece “Una notte prendo servizio e mi accorgo che la verifica periodica degli estintori non è stata effettuata: i sei mesi previsti sono scaduti due giorni prima. Chiamo i vigili del fuoco chiedendo come mi devo comportare e mi dicono che ‘se il periodo è scaduto da due giorni non c’è un problema di sicurezza, ma che forse sono io ad avere un problema col mio datore di lavoro’. A quel punto faccio la segnalazione all’UOPSAL, l’ufficio competente della ASL, che interviene solo sei mesi dopo, quando la revisione è appena stata fatta. Quindi nessuna sanzione, ma l’hotel è stato fuori norma quasi sei mesi”. Inoltre le esercitazioni antincendio vengono regolarmente disattese, perché per i clienti dell’albergo “sono una seccatura”.

E a proposito di utilizzo di lavoratori in mansioni a cui non sono stati addestrati: “Qualche tempo dopo arriva l’Ispettorato del Lavoro. Io sono a casa. Quando mi chiamano per avvisarmi mi faccio passare il funzionario e gli segnalo l’utilizzo di personale di sala in cucina per preparare da mangiare per il personale. Mi dice che lo ha riscontrato, ma gli hanno assicurato che ‘succede solo sporadicamente’”.

A chi ci racconta queste cose chiediamo un parere sulla sentenza: “Sulla base della mia esperienza vorrei dire allo Stato, che oggi chiede agli RLS di fare gli eroi: ma voi cosa fate per sostenerli? Quello che avete fatto con me?”

RLS territoriali, Confindustria frena

A differenza dei delegati sindacali l’RLS non gode di una speciale protezione dal licenziamento, dunque se il suo datore di lavoro decide di sbarazzarsene perché “crea problemi”, starà al licenziato dimostrare in tribunale che si tratta di un licenziamento illegittimo. Una delle possibili soluzioni al problema sarebbe ricorrere agli RLSt previsti dal TUSL, rappresentanti per la sicurezza territoriali, incaricati sindacali che svolgono il ruolo dell’RLS in più aziende di un distretto produttivo senza esserne dipendenti e, dunque, senza dover temere ritorsioni.

“Il problema è – ci spiega ancora Calleri – che mentre nel settore artigiano l’istituzione degli RLSt è andata a regime, così come sono stati fatti alcuni accordi a livello territoriale nel commercio e nell’igiene ambientale, con le grandi organizzazioni datoriali si registrano difficoltà. Con Confapi siamo ancora in alto mare, mentre Confindustria rifiuta di sottoscrivere la costituzione degli organismi paritetici necessari ad avviare l’iter di istituzione degli RLSt nelle aziende dei suoi soci”.

La domanda è: mettere gli RLS in una situazione in cui rischiano di essere schiacciati tra le pressioni dei datori di lavoro e l’accusa di “condotte omissive” da parte dello Stato aiuterà a contrastare il fenomeno delle morti bianche o lo renderà più difficile?

L’articolo è tratto dalla newsletter di PuntoCritico.info del 6 ottobre 2023. Immagine di copertina: Dawid Skalec (CC BY-SA 3.0)

Commenti

Devi fare login per commentare

Accedi

Gli Stati Generali è un progetto di giornalismo partecipativo

Vuoi diventare un brain?

Newsletter

Ti sei registrato con successo alla newsletter de Gli Stati Generali, controlla la tua mail per completare la registrazione.