Sindacati

Lo sciopero sociale e l’assurda alleanza tra precari e sindacato

14 Novembre 2014

L’argomento del lavoro giovanile, soprattutto in questo momento, è davvero delicato e quindi vale la pena di fare due premesse. Primo: uno sciopero sociale, come quello che va in scena oggi, che mobiliti i giovani precari, disoccupati, freelance, finte partite Iva è assolutamente condivisibile da chiunque si trovi in questa condizione. Seconda premessa: non si può accusare più di tanto la Fiom di essere responsabile del fatto che in Italia nessun sindacato abbia mai davvero difeso i giovani precari; questo perché la Fiom è un sindacato di categoria che rappresenta i metalmeccanici. E nonostante la categoria sia più ampia di quanto si possa pensare (ne fanno parte, per fare solo un esempio, anche gli ingegneri informatici) è evidente che quel mondo, simbolizzato comunque dall’operaio alla catena di produzione, poco c’entra con chi lavora nei call center, con chi fa lavori creativi, con chi si ritrova con una finta partita Iva che nasconde un rapporto di lavoro subordinato.

Oggi, però, è la Fiom a rappresentare il mondo del sindacato che scende in piazza contro il Jobs Act, avendo indetto uno sciopero generale in tutto il centro-nord e avendo organizzato una grande manifestazione a Milano. Manifestazione a cui hanno aderito anche i precari che hanno organizzato il loro sciopero sociale. I due cortei sono diversi, ma che tra le due parti si sia creato un dialogo, di cui lo stesso Landini si è fatto portavoce, è esplicitamente ammesso. Si sa chi sono gli organizzatori dello sciopero sociale, si potrebbe catalogarli generalizzando sotto la voce “mondo antagonista”, e quindi c’è poco da stupirsi che ci sia simpatia con il mondo movimentista sindacale. Ciò non toglie che questa alleanza spontanea che si è venuta a creare sia assurda.

Dov’era il sindacato quando le forme di lavoro iniziavano a moltiplicarsi? Cos’ha fatto il sindacato mentre le partite Iva diventavano sempre più uno strumento per scaricare tutti gli oneri sul lavoratore privandolo di ogni diritto? Dov’era il sindacato quando le agenzie interinali mercificavano il mondo del lavoro? Il sindacato era sempre alle prese con le sue solite battaglie: difesa dell’articolo 18, difesa a spada tratta di chi il lavoro garantito ce l’ha. La colpa è duplice: non solo si è sempre privilegiata la difesa di lavoratori che stavano tre gradini sopra i “nuovi ultimi”, abbandonandoli al loro destino, ma si è anche contribuito a impostare un sistema lavorativo che ha di fatto impedito ai giovani di entrare nel mondo del lavoro in modo stabile.

Se la politica ha la colpa di aver creato una flessibilità che si è subito trasformata in precarietà totale, il sindacato ha la colpa di aver lottato perché il lavoro garantito lo fosse sempre di più, che i licenziati anche per motivi disciplinari gravi venissero spesso e volentieri reintegrati, di aver insomma creato un clima per cui le aziende non hanno nessun desiderio di assumere giovani: la politica ha creato questa situazione, il sindacato ha lasciato fare e ha continuano a privilegiare i garantiti sulle spalle dei precari.

La guerra tra poveri è conseguenza della decisione del sindacato di non cedere di un millimetro sui diritti dei lavoratori vecchio stampo per consentire alle nuove generazioni di accedere almeno ad alcuni di quei diritti. Il sindacato è andato avanti a comportarsi come se il Novecento non si fosse mai chiuso, come se il mondo del lavoro non fosse mai cambiato; salvo poi svegliarsi, oggi, nel 2014, quanto tutto è ormai stato fatto, è dire: “Ops, ci siamo sbagliati, adesso vogliamo rappresentare anche i precari“.

La verità, però, è che su 5,6 milioni di iscritti alla Cgil i pensionati sono 3 milioni, i precari 70mila. Sarà un caso? Per queste ragioni l’alleanza che oggi si va creando è la scappatoia perfetta per il sindacato, che si lava la coscienza con un giorno di solidarietà e poi può continuare a lavarsi le mani del mondo giovanile. O magari si continuerà a combattere assieme inseguendo il sogno dei “diritti totali per tutti”. Come se fosse possibile, al di là delle utopie, ottenere un mondo lavorativo in cui tutti siano ipergarantiti.

Questa è la favola che ci viene propinata per tenerci buoni. Semplificando all’estremo: se lo Stato ha a disposizione 100 per il welfare, non gli si può dire che deve avere 200, soprattutto in un periodo in cui soldi non ce ne sono. Se le aziende sono in crisi e non riescono ad assumere a tempo determinato, non gli si può chiedere di assumere tutti a tempo indeterminato. I diritti devono venire equamente divisi, il sindacato dovrebbe farsi promotore di una decisiva battaglia di armonizzazione sociale che consenta a tutti di lavorare, in un mondo che non sia spaccato tra gli ipertutelati e una generazione allo sbando. Una battaglia che spartisca equamente le tutele consentendo al mondo del lavoro di sbloccarsi.

Oppure si può continuare a sognare, a chiedere – come da comunicato dei Cobas, anche loro oggi in sciopero – di combattere per “l’assunzione di tutti i precari docenti; per l’abolizione della Legge Fornero e dei contratti atipici, la riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario, consistenti aumenti di salari e pensioni, il reddito garantito e il salario minimo, salute e sicurezza nei posti di lavoro, contro il blocco dei contratti nel pubblico impiego, per massicci investimenti nella scuola, sanità, trasporti e servizi pubblici”. Manca solo la pace nel mondo. Perseguire battaglie utopistiche, fatte di soli slogan irrealizzabili, è il modo migliore per consentire al governo di continuare a ignorare le rivendicazioni di chi rischia di perdere il posto di lavoro da un momento all’altro trovandosi, dal giorno dopo, senza cassa integrazione, senza sussidio di disoccupazione, senza niente.

@Signorelli82

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