Sindacati

Licenziamenti high-tech, Car2go Italia taglia uno su tre

8 Marzo 2023

Intervista a Emanuele Avalle, RSA UILTuCS Car2go Italia

I licenziamenti nel settore delle web companies non risparmiano l’Europa e colpiscono anche Share Now, azienda di car sharing, quasi 500 dipendenti, concentrati perlopiù in Germania. Per la filiale italiana Car2go significa 10 esuberi su 31 dipendenti. Qui da noi c’è un aspetto che rende questa vicenda particolarmente interessante: l’azionista. Share Now, infatti, fa parte del gruppo Stellantis e le sue scelte forniscono preziose indicazioni sugli sviluppi futuri della mobilità privata e l’intreccio con l’industria dell’auto nell’era della transizione energetica. Ne parliamo con Emanuele Avalle, dipendente da 9 anni e rappresentante sindacale di UIL TuCS, la federazione di categoria dei lavoratori del commercio della UIL, a cui chiediamo innanzitutto una sintesi della vicenda.

Che cos’è Car2go?

Car2Go Italia nasce nell’agosto del 2013 come costola italiana della casa-madre tedesca Car2Go GmbH, che ha sviluppato il nostro prodotto di punta, un car sharing che offre anche la possibilità dell’autonoleggio al minuto. L’idea nasce in Germania, si espande negli USA e poi in Europa, in Olanda, Italia (Milano, Roma e Torino), Spagna (Madrid), Francia (Parigi), Austria, mentre in Ungheria e Danimarca lavoriamo con una sorta di franchising. Io lavoro in azienda da maggio 2014. In Italia gestiamo anche il mercato spagnolo. Abbiamo una flotta di veicoli in leasing, noleggiabili con modalità che vanno dalla tariffa al minuto (si parte da 19 cent, tutto compreso, inclusi i parcheggi e l’accesso alle ZTL) fino a un massimo di 30 giorni, e disposti liberamente, quindi non vincolati a parcheggi dedicati come fanno altri servizi di car sharing, all’interno di un’ampia area urbana, che si estende ad alcune zone speciali lontane dal centro, a Milano, ad esempio, gli aeroporti di Malpensa e Linate e aree residenziali come Gallarate ecc. La filosofia aziendale, che condivido pienamente, è spingere l’utente a “possedere meno, condividere di più”.

Che tipo di lavoro svolgete e con quale contratto? Come sono le condizioni di lavoro e i salari?

Siamo assunti col contratto del commercio. La nostra società, a differenza di altre multinazionali, si è sempre comportata in modo regolare, il contratto viene rispettato e le condizioni di lavoro sono buone. L’unico neo è che ci siamo sempre sentiti un po’ figli di un dio minore rispetto alla Germania. La casa-madre dispone di una serie di dipartimenti che negli alti paesi mancano, ad esempio le Risorse Umane, che gestiscono il personale di tutte le altre filiali e questo ovviamente pesa. Da noi ci sono Customer Service, Operation (gestione della flotta), Sinistri e Riparazioni e Sails (che si occupa dei clienti aziendali). Nel mio dipartimento, il Customer Service, i salari vanno dai 1.200 ai 1.600 euro.

E poi è arrivata Stellantis…

In realtà prima c’è un altro passaggio, cioè la fusione col nostro principale competitor, una società pressoché identica alla nostra, per i servizi e per la storia, Drive Now. Mentre Car2go era legata a Mercedes, anche come flotta di auto – abbiamo iniziato con le Smart – Drive Now era una costola di BMW. Nel 2018-2019 le due aziende concorrenti decidono di allearsi nel nostro settore e Car2 go e Drive Now si fondono. La Nuova società Share Now riassorbe tutti i dipendenti. Noi per ragioni societarie manteniamo la vecchia ragione sociale Car2Go Italia, ma utilizziamo il brand Share Now. Nel frattempo era stato chiuso il mercato nordamericano, perché negli USA, dove noleggio e carburanti hanno costi inferiori, il car sharing è un prodotto che mal si attaglia alle abitudini locali. Subito dopo arriva la pandemia, che per l’azienda è un duro colpo. Il 7 marzo 2020, alla vigilia del lockdown, abbiamo un crollo delle prenotazioni, che va avanti per mesi. Tieni presente che nel nostro settore anche una giornata di fermo genera una reazione a catena di perdite enormi. In quei mesi pesano non solo il rallentamento generale dell’economia, ma anche la paura del contagio. In media ogni nostro mezzo viene utilizzato 6 volte al giorno. Significa che l’ultimo utente guida un mezzo il cui volante è stato maneggiato da altre 5 persone.  Noi finiamo in cassa integrazione e in quell’occasione, va detto, l’azienda ci viene incontro versandoci spontaneamente il trattamento di integrazione salariale.

Quando arriva Stellantis?

Intorno ad aprile-maggio 2022 in una riunione aziendale ci viene comunicato che abbiamo un nuovo investitore, Free2Move, società del gruppo Stellantis, che si occupa di autonoleggio e, in alcuni paesi, ad esempio a Madrid, a Parigi e negli USA, anche di car sharing. In realtà Free2move opera come aggregatore di servizi di terze parti, cioè segnala i servizi di noleggio e car sharing disponibili nelle diverse località – come Facile.it con le assicurazioni – ma non eroga il servizio direttamente. Ciò che non ci dicono, ma è sottinteso, è che evidentemente eravamo sul mercato, cioè che i vecchi azionisti non erano più interessati a noi. E questo si può spiegare, perché le case automobilistiche nel frattempo avevano sviluppato i propri servizi di leasing e noleggio a lungo termine, erodendo i margini più esterni della nostra clientela. Il tono con cui ci viene comunicata la notizia, però. è davvero trionfalistico – nuntio vobis gaudium magnum – per cui anche noi ci felicitiamo.

E quando vi dicono dei licenziamenti?

A settembre 2022, al ritorno dalle ferie. Il CEO si presenta in lacrime e, capovolgendo il quadro idilliaco dipinto pochi mesi prima, ci dice che le cose non vanno per niente bene. C’è bisogno di una ristrutturazione, perché Free2move ci chiede di essere profitable, redditizi. Una vera doccia fredda. Dal trionfo al disastro.

Gli esuberi riguardano solo l’Italia o anche gli altri paesi?

Tutti i paesi. Inizialmente il progetto di ristrutturazione prevede che i dipendenti, circa 460 di cui quasi 400 nella casa madre tedesca, si riducano a metà, ma questo dato non ci viene comunicato e sarà scoperto in seguito dai rappresentanti sindacali del work council tedesco. Verso fine ottobre in un’altra riunione ci annunciano ufficialmente che la riduzione del personale si attesterà del 36%. In Italia significa 10 esuberi su 31 dipendenti.

Ci sono ragioni economiche per i licenziamenti? In un comunicato sindacale voi denunciate che non c’è stato un arretramento, anzi nel 2022 i clienti registrati al sito sono cresciuti del 22%, raggiungendo il milione, e i ricavi del 23%.

Certo e questo è successo anche perché i dipendenti, per certi versi anche per riconoscenza verso un’azienda che, come ti dicevo, in passato si era comportata bene, si impegnano per risollevare l’azienda. Le entrate aumentano. Noi non sappiamo se anche i profitti crescano, ma la sensazione è che si stia recuperando il terreno perso a causa della pandemia. E se è vero che la società ha un forte ammanco, si tratta di un problema dovuto a decisioni prese in Germania e quanto meno discutibili legate alle grandi voci di spesa del bilancio, come i contratti di leasing e di acquisto dei veicoli. L’azionista però dice che non siamo redditizi, che i debiti pregressi sono ancora troppo elevati e la soluzione è tagliare. Ma un taglio di oltre un terzo è una condanna a morte. La nostra società con 10 persone in meno non può funzionare, è tecnicamente impossibile.

Share Now, come dicevi tu, è un aggregatore di servizi e voi siete una delle aziende che offrono questo tipo di servizi. Non pensi che il problema sia in questa contraddizione? Cioè o loro smettono di offrire i servizi di altre aziende oppure voi siete condannati.

In realtà a noi continuano a ripetere che nessuno ha la minima intenzione di chiudere Car2go. La società del resto non possiede asset così pregiati da pensare di chiuderci per impossessarsene: le macchine sono in leasing, a Milano, ad esempio, non possediamo neanche una sede, ma lavoriamo in un coworking. L’unico asset veramente pregiato è il database dei clienti. L’impressione è che vogliano tagliare lentamente fino a farci diventare un’entità così piccola da poter essere fagocitata da Free2move. Una lenta asfissia.

Prima hai parlato del work council tedesco? Siete in contatto?

Sì. I colleghi tedeschi hanno avuto l’accortezza di organizzarsi molto prima di noi e hanno svolto un ruolo importante. Poco dopo l’annuncio degli esuberi hanno eletto un work council, l’organismo di rappresentanza sindacale in azienda previsto dalle regole tedesche, molto più forte della nostra RSA. Il work council ha analizzato la situazione e ha aperto un negoziato, lungo e complesso, che alla fine a novembre è approdato a un accordo sofferto, che prevede una riduzione degli esuberi dal 36% al 13%. Inoltre IG Metall, il sindacato a cui sono affiliati i colleghi tedeschi, ha ottenuto anche la garanzia di incentivi all’esodo e una serie di clausole sociali molto dettagliate. Yonathan Miller, un collega di Berlino, che è anche uno dei fondatori di Tech Workers Coalition, ha seguito tutto il negoziato e per noi è stato non solo un preparatissimo supporto sindacale, ma anche un amico.

E in Italia?

Una volta conclusa la procedura tedesca, che per l’azienda ovviamente aveva la precedenza, visti i numeri, si sono occupati di noi. Siccome non conoscevano le nostre leggi si sono rivolti a uno studio legale italiano e il 18 gennaio è arrivata la pec con l’apertura della procedura di licenziamento. Dato che nel frattempo 5-6 colleghi si erano dimessi e vista la consistente riduzione degli esuberi ottenuta dai tedeschi speravamo che l’azienda riconsiderasse la sua decisione, perciò si è trattato della seconda doccia fredda.

Quali iniziative avete in programma?

Nei 45 giorni previsti dalla procedura abbiamo incontrato l’azienda solo due volte e tutte e due le volte la posizione dell’azienda è sempre stata la stessa: 10 esuberi alle stesse condizioni dei tedeschi e punto. Alle condizioni tedesche significa con un incentivo medio all’esodo di 6 mensilità, che può variare a seconda dell’anzianità. Noi abbiamo aperto lo stato di agitazione, perché è inaccettabile che l’azienda si presenti al tavolo dicendo che non si intende trattare. Neanche un progetto di outplacement nella propria orbita aziendale o un piano di incentivi che tenga conto delle esigenze dei dipendenti. Io mi considero fortunato, perché non sono uno degli esuberi, non ho figli e il mio compagno lavora. Ma abbiamo colleghi in esubero con un’età che rende estremamente difficile trovare un altro lavoro. Ora, scaduti i 45 giorni della procedura di licenziamento, l’azienda ha chiesto la proroga di 30 e aspettiamo di capire se lo ha fatto perché ha nuove proposte da farci. Sennò decideremo come muoverci.

L’intervista è tratta dalla newsletter di PuntoCritico.info del 7 marzo 2023.

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