Governo

Le battaglie sacrosante vanno combattute con armi adeguate

23 Aprile 2015

Pochi giorni fa Tito Boeri il neo presidente dell’INPS ha fatto una proposta entrando a piè pari nell’agenda di politica economica del governo. L’economista ha infatti proposto l’istituzione di un reddito minimo per quei cittadini che abbiano perso il lavoro e appartengano alla fascia d’età 55-65.

Boeri mettendo le mani nei dati dell’INPS ha infatti notato un preoccupante aumento dei disoccupati in quella fascia d’età, persone che perdono il lavoro e che non riescono a reinserirsi nel mercato del lavoro e che cadono sotto la soglia della povertà.

Ovviamente il provvedimento dovrebbe essere ben progettato, applicando criteri di accesso severi e verificabili (soglia ISEE, assenza di casa di proprietà, assenza di coniuge o convivente che percepisca reddito ad esempio) ma a mio giudizio sarebbe un passo nella direzione giusta per la costruzione di un welfare moderno che ancora manca a questo paese. Certo non risolverebbe il dramma della povertà crescente, ma allevierebbe un problema. Costerebbe meno di un reddito minimo garantito universale, gli effetti di disincentivo sull’offerta di lavoro sarebbero contenuti e comunque meno costosi per la collettività vista l’età dei beneficiari (se uno rinuncia a lavorare verso la fine dell’età lavorativa la perdita di PIL è inferiore che se questo effetto si avesse all’inizio). Non sono un’economista del lavoro ma immagino questi cittadini di mezza età spinti dal bisogno accettino facilmente un demansionamento oppure entry-level jobs che forse sarebbe meglio restassero a chi inizia una carriera lavorativa.

Penso che sarebbero soldi pubblici spesi meglio che i famigerati 80€ perché arriverebbero veramente agli incapienti, sebbene non a tutti.

I commenti che ho letto alla proposta sono tutti sostanzialmente positivi, con piccoli distinguo su chi effettivamente possa accedere al sussidio. Tutti, eccetto quello di Maurizio Landini che sostiene come il problema esista ma che la soluzione sia completamente sbagliata. Lui propone invece in primis l’abbassamento dell’età pensionabile, così con l’allungarsi delle aspettative di vita in un paese dove il 57% della spesa sociale va in pensioni invece che tutelare chi ha bisogno si estenderebbe la copertura a tutti. Successivamente propone l’estensione della cassa integrazione a dimostrazione che non ha assolutamente compreso quali danni quell’istituto abbia fatto a questo paese in termini di distorsione della concorrenza e di mantenimento in vita di imprese completamente inefficienti. Sfugge forse a Landini che il nuovo welfare dovrebbe andare nella direzione di proteggere il lavoratore e non il posto di lavoro.

Questa storia ci insegna due cose: che Maurizio Landini spesso sceglie gli strumenti sbagliati per combattere battaglie sacrosante e che i bravi economisti quando messi nei posti giusti sanno fare proposte utili, ragionevoli ma soprattutto fattibili.

Commenti

Devi fare login per commentare

Accedi

Gli Stati Generali è un progetto di giornalismo partecipativo

Vuoi diventare un brain?

Newsletter

Ti sei registrato con successo alla newsletter de Gli Stati Generali, controlla la tua mail per completare la registrazione.