Sindacati
In fabbrica: quelli della Fiom votano Lega e scioperano per il collega albanese
Qualche giorno fa ero in assemblea in una fabbrica di Stezzano, era l’assemblea del primo turno quindi ci sarei tornato alle 14 e poi alle 22, dato che fanno la notte.
In assemblea abbiamo comunicato ai 170 dipendenti e 40 lavoratori somministrati che il loro collega che lavorava lì come somministrato da quasi quattro anni e che la direzione aveva pochi giorni fa lasciato a casa, rientra a lavorare.
Abbiamo anche spiegato che, come da mandato della assemblea precedente, abbiamo ottenuto una decina di passaggi da lavoro somministrato a tempo indeterminato, da subito, e che abbiamo siglato un accordo con l’azienda che prevede che da qui a ottobre si negozino ulteriori stabilizzazioni. Per questo, abbiamo momentaneamente sospeso le mobilitazioni già proclamate: I lavoratori erano pronti a scioperare se non fosse rientrato il collega.
Oltre metà delle persone che lavorano lì sono donne, un terzo del personale ha meno di 30 anni, quasi metà sono di origine straniera, metà del personale è iscritto alla fiom mentre circa un.terzo è iscritto alla fim. Io non gli ho chiesto come votavano, non lo faccio mai.
Ma mi sa che non hanno votato a sinistra, diciamo.
Eppure sono pronti a mettere un pezzo di salario scioperando per difendere un loro collega. Il collega è di origine albanese. Nessuno ha avuto bisogno di pensarci per decidere se scioperare o no. In qualche modo, Salvini e i suoi epigoni si fermano alla timbratrice, ma è altrettanto vero che appena usciti dalla fabbrica c’è solo lui, oppure il vuoto di partecipazione collettiva.
L’azienda in cui lavorano è oggi parte di una multinazionale europea, casa madre francese, con centinaia di migliaia di dipendenti nel mondo. Ma prima è stata una azienda storica nella provincia di Bergamo e una eccellenza tecnologica dell’industria italiana tutta, con cui la sua sede centrale e decine di sedi e stabilimenti in tutta italia.
E come in molta industria, alla crescita economica e dimensionale dell’azienda si accompagnavano costanti miglioramenti di diritti e salari dei lavoratori. Crescevano insieme insomma. No, non sto raccontando di una pace sociale in salsa orobica, tutt’altro: era ed è tuttora una azienda con alta sindacalizzazione e ogni diritto deriva da rivendicazioni, poi scioperi, poi accordi. E a chi non scioperava, qualche anno fa, come minimo capitava di saltare il pasto per la settimana successiva: I crumiri in mensa non potevano entrare.
È cambiato molto, moltissimo, ma non tutto.
È rimasta una forza sindacale che riesce a riprodursi tra I giovani, italiani e stranieri, è rimasta un’azienda che nonostante la proprietà francese resta radicata nel territorio, nelle cittadine intorno tutti hanno almeno un parente che ci ha lavorato, ma la chiamano con il nome vecchio, non quello dei francesi.
Un piccolo mondo antico? Forse sì. Ma anche una delle fabbriche più tecnologicamente avanzate che abbia mai visto, e quando chiesi a un loro vecchio dirigente di industria 4.0 mi disse, lasci perdere Mangiafico, ché qualcuno si è inventato cose che noi e altri facciamo da anni solo per farsi foraggiare dallo stato.
La Fiom, nei due stabilimenti e sede centrale a Stezzano, ha eletto nell’insieme 7 delegati, su 12 totali.
Il più giovane ha una trentina d’anni, al più anziano mancano pochi mesi alla pensione.
A loro come votano l’ho chiesto, e loro a me.
Uno, Beppe, l’anziano del gruppo, è stato da giovane socialista, poi militante storico della Lega Lombarda. Ogni volta che lo racconta gli ridono gli occhi, dovevi vedere in Fiom, quando mi sono candidato in consiglio comunale! Mi hanno chiamato tutti, il segretario generale della Fiom, quello della camera del lavoro, persino, e abbassa la voce, dicendo il nome di uno storico e amatissimo dirigente nazionale della Fiom, persino lui, dice.
Mario e Raffaele sono più giovani. Hanno entrambi iniziato a lavorare come operai, Raffaele lavorava molto in trasferta, Mario invece nello stabilimento di Lodi. Quando chiusero quella fabbrica, pochi anni fa, Mario faceva già il delegato e negoziò che i lavoratori trasferiti a Stezzano avessero un orario di lavoro più breve e il pullman per tornare a casa. Raffaele e Mario votavano a sinistra, ora entrambi, per convinzione o perchè non vedevano alternative, votano per il Movimento 5 Stelle.
Anche Fabrizio li vota, lui anzi è un attivista dall’inizio del movimento. Me lo disse mentre raccoglievamo le firme per i referendum per abolire voucher e jobs act: sei pratico Fabrizio, hai già partecipato ad altre campagne così? Eh Fabio, con gli altri attivisti del movimento sono anni che studiamo come si raccolgono firme, certo.
Tutti loro, insieme agli altri, ci sono per i colleghi, in azienda e fuori, se occorre anche di sera o nei weekend: non sempre lo si ricorda, noi stessi fatichiamo a dircelo, ma il sindacato è anche una grande organizzazione di volontariato, la più grande del paese.
Beppe adesso ha iniziato a lavorare con un gruppo di giovani, assunti da poco. Gli spiega che il sindacato a lui ha cambiato la vita, gli ha dato modo di capire come funziona il posto in cui lavora e da lì di raccapezzarsi nel mondo. Tra quei ragazzi, una decina sono di origine straniera. Quando qualcuno ha preso per il culo uno di loro, uno che non mangia maiale, insomma sei in italia, abituati, lui lo ha alzato di peso. Ma non sei leghista, Beppe? Si, ero della lega di Bossi, ma che c’entra, qui ho un altro ruolo.
Per fortuna faccio il sindacalista.
Se invece facessi il dirigente politico della sinistra, penserei a partire da queste cose qui, invece che da formule astratte e insulti variamente assortiti a chi ha votato lega e m5s: sono questi qui, sapete, I fascioleghisti e i penteccatti.
Perché tutti siamo fatti di tanti pezzi diversi e se Salvini investe sulla paura e insieme sul bisogno di protezione, e così fa brillare ed emergere i sentimenti peggiori, proverei a fare leva ad esempio su quello che ho raccontato qui.
Per fortuna faccio il sindacalista, e con tutto il male che penso della compagine di governo, se devo scegliere io sto con i lavoratori, anche se non votano come vorrei e, forse, come vorrebbero pure loro se solo ci fosse qualcosa di credibile a sinistra. Qualcosa in cui riconoscersi anche fuori dalle fabbriche.
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