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I giornalisti Rai contro Tele-Meloni: “Non siamo il megafono del Governo”
Entrano in vigore le nuove regole per la Par Condicio in Rai. Nonostante le polemiche e la contrarietà di tutte le opposizioni, la maggioranza vota in Commissione di Vigilanza il nuovo regolamento in vista delle Europee.
Le opposizioni, che parlano di “occupazione del governo e della stessa maggioranza degli spazi televisivi Rai“, polemizzano sull’approvazione di un emendamento sull’informazione governativa, che dopo la modifica apportata dalla maggioranza consentirà che l’applicazione della Par Condicio nei programmi di approfondimento informativo faccia in ogni caso salvo il principio e la necessità di garantire ai cittadini il diritto a una puntuale informazione sulle attività istituzionali e governative.
Traduzione? Eccola:
Giorgia Meloni e i suoi ministri potranno parlare dell’attività di governo senza dover conteggiare i loro interventi nel computo della parità dell’esposizione mediatica delle varie parti politiche che dovrebbe essere il cardine della Par Condicio.
Questo si aggrava se pensiamo a quante volte, per fare solo un esempio, Matteo Salvini parli da Ministro delle Infrastrutture di questioni che hanno palesemente un grosso peso elettorale.
La maggioranza ha poi anche approvato un emendamento secondo cui le dirette dei comizi elettorali dovranno essere precedute da una sigla per essere distinte dalle edizioni dei Tg.
Ieri, a causa di questa decisione, tutti i Tg Rai hanno letto un comunicato di Usigrai (il sindacato dei giornalisti Rai) con il quale i giornalisti rivendicano la propria autonomia giornalistica, professionale e deontologica:
La maggioranza di governo ha deciso di trasformare la Rai nel proprio megafono.
Lo ha fatto attraverso la Commissione di Vigilanza che ha approvato una norma che consente ai rappresentanti del governo di parlare nei talk senza vincoli di tempo e senza contraddittorio. Non solo, Rainews24 potrà trasmettere integralmente i comizi politici, senza alcuna mediazione giornalistica, preceduti solamente da una sigla.
Questa non è la nostra idea di servizio pubblico, dove al centro c’è il lavoro delle giornaliste e dei giornalisti che fanno domande (anche scomode) verificano quanto viene detto, fanno notare incongruenze. Per questo gentili telespettatori vi informiamo che siamo pronti a mobilitarci per garantire a voi un’informazione indipendente, equilibrata e plurale.
Dura la reazione del Pd, che parla di un grave strappo per cui non c’è stata nessuna volontà da parte della maggioranza di trovare una mediazione possibile, ma solo la volontà di comprimere la voce dell’opposizione e allargare quella della maggioranza utilizzando il governo per evitare il conteggio.
Chiara Braga, capogruppo del Partito Democratico alla Camera dei Deputati, ha scritto su X (ex Twitter):
La maggioranza dilaga e la minoranza costretta al poco che rimane. La destra ha stracciato le regole della par condicio televisiva: ora potranno imperversare in tutte le reti vestendo una volta il ruolo di governo e una volta quello di maggioranza. Così solo in Ungheria.
Critiche da tutte le opposizioni ed in particolare dal Movimento 5 Stelle e da Alleanza Verdi Sinistra che con Bonelli dichiara:
Il centrodestra sancisce l’occupazione del governo e della stessa maggioranza degli spazi televisivi Rai.
Il criterio delle fasce orarie delle trasmissioni rimane invariato nel conteggio del tempo spettante alle forze politiche, mentre è stato bocciato l’emendamento di Maria Elena Boschi ( deputata di Italia Viva), che proponeva di estendere le limitazioni della Par Condicio anche a giornalisti e opinionisti.
Questo il commento di Vittorio Di Trapani, presidente della Fnsi (Federazione Nazionale Stampa Italiana), che prima del voto ha dichiarato:
Ormai siamo a un passo dall’ Eiar: il passaggio definitivo dal servizio pubblico a quello di Stato e di governo. A questo esecutivo non basta aver occupato in Rai tutto l’occupabile, ora si lavora anche a norme per piegare la par condicio alla propaganda di governo.
Intanto l’Agcom (l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni) oggi si è smarcata dalla Vigilanza, sottolineando che la nuova Par Condicio non sarà imposta alle emittenti private.
I malumori però non finiscono qui. Infatti l’Usigrai ha dichiarato:
Ancora un attacco alla libertà di stampa. Stavolta il partito della presidente Giorgia Meloni dopo la par condicio à la carte, fa un altro passo verso paesi come Russia, Cina, Bielorussia o Iran: i giornalisti rischiano fino a 4 anni e mezzo di carcere. E’ quanto prevede uno degli emendamenti al ddl sulla diffamazione presentati dal relatore Gianni Berrino, esponente di Fratelli d’Italia.
L’esecutivo Usigrai si unisce alla condanna espressa già dal presidente dell’ordine dei giornalisti Carlo Bartoli e dalla segretaria della FNSI Alessandra Costante. Siamo di fronte a un fatto gravissimo. Lo è ancora di più se si pensa che l’emendamento arriva dal partito della presidente del Consiglio, visto che la Corte Costituzionale si è espressa chiaramente contro il carcere per i giornalisti e il nostro paese è stato richiamato dalla corte europea dei diritti dell’uomo e dalle istituzioni.
Infine, nonostante l’Amministratore Delegato della Rai Roberto Sergio parli di “un’infinità di notizie false”, l’Esecutivo Usigrai, a proposito del probabile addio di Amadeus alla televisione pubblica, ha affermato in una nota:
Il possibile addio di Amadeus rischia di essere l’ennesimo duro colpo per la Rai. Una perdita che potrebbe avere gravi ripercussioni sugli ascolti ed anche sui conti dell’azienda. Un probabile passaggio a una rete concorrente, purtroppo non il primo, che non può non preoccupare, riconducibile ad un vertice (Ad e Dg) che ha occupato manu militari il Servizio Pubblico.
Soprattutto perché, se per Fabio Fazio non c’è stata una responsabilità diretta di questo vertice (anche se nulla è stato fatto per trattenerlo), in questo caso più fonti sostengono che la scelta dell’artista di lasciare la Rai non sia dettata da ragioni economiche, bensì dalla delusione rispetto all’impossibilità di innovarla. Sui giornali, inoltre, si legge di pressioni sul conduttore per far lavorare personaggi dello spettacolo vicini alla presidente del Consiglio. Un metodo che, se confermato, danneggerebbe fortemente la nostra azienda.
La Rai a guida Sergio – Rossi è attenta solo alle sollecitazioni della maggioranza di governo e dei partiti in genere. Tace di fronte a norme sulla par condicio, che rischiano di far fuggire altri telespettatori, e investe su costosissimi programmi flop.
Intanto il Ministro della Cultura Sangiuliano, ex direttore del Tg2, tace.
Si prospetta un periodo spettacolare. Buona visione!
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