Sindacati

Feltrinelli, 70 anni con sciopero

Nel settantennale della storica casa editrice storica di sinistra dipendenti in sciopero, dopo che l’azienda ha fatto saltare il rinnovo dell’integrativo per un aumento di un euro e 50 del buono pasto. Adesioni all’80%-90% a Milano, al 70% a Roma. Che direbbe Giangiacomo?

17 Marzo 2025

Sono delusi e arrabbiati, si aspettavano un riconoscimento concreto per troppi anni di cassa integrazione e rinunce non solo salariali, con cui hanno contribuito a risanare l’azienda, facendole superare le difficoltà che i grandi store di libri hanno dovuto affrontare nell’era di internet. C’è chi lavora in libreria da trent’anni e rimpiange che “non è più come una volta, pezzo per pezzo ci stanno togliendo tutto”. Altri spiegano che la rottura al tavolo per il rinnovo del contratto integrativo, lo scorso febbraio, è stata la classica goccia che ha fatto traboccare il vaso di un’insoddisfazione che si trascina da anni. Cosa direbbe oggi Giangiacomo Feltrinelli, editore militante, guevarista, ex partigiano, vedendo i “suoi” dipendenti distribuire sotto l’insegna che porta il suo nome, a Largo Argentina, pieno centro di Roma, un volantino in cui accusano l’azienda di essere “sorda alle richieste dei lavoratori”?

Nel settantennale della nascita di Feltrinelli editore, in concomitanza con la convention aziendale di un anno così fuori dal comune, i dipendenti di questa e delle altre librerie in tutta Italia scioperano e stigmatizzano l’atteggiamento “ideologico” di un’azienda che, spiega Fabio Fois, segretario regionale della Filcams CGIL del Lazio, che insieme a Fisascat CISL e Uiltucs UIL ha indetto l’agitazione, ha spinto i dipendenti a scioperare per la prima volta da quasi vent’anni. A far saltare il tavolo la fermezza con cui l’azienda rivendica la decisione di “diluire” l’aumento dei buoni pasto di un euro e 50 concordato coi sindacati in 36 mesi. Una voce della busta paga che per i 1.200 dipendenti delle 115 librerie italiane (ma i part-time che non raggiungono le 8 ore giornaliere per contratto non ne hanno diritto) in un anno ammonta a centinaia di migliaia di euro, certo non un salasso per il Gruppo Feltrinelli, che nel 2023 ha visto i ricavi superare il mezzo miliardo di euro e il margine operativo lordo aumentare del 10%.

È una scelta incomprensibile”, il giudizio di Fois, “perché ad a oggi eravamo arrivati a un punto in cui, come si dice nel gergo, sarebbe bastato limare alcune cose per chiudere il contratto. Oggi avrebbero potuto presentarsi dicendo che era stato firmato l’integrativo e invece nulla di fatto”. La rottura sui buoni pasto ha fatto saltare anche la discussione sul premio di risultato, dove, mi spiegano Fois e Fabrizio Pinna, delegato della Filcams alla libreria dell’Appia a Roma, il sindacato stava chiedendo più chiarezza sui parametri ai quali è agganciata la concessione del premio.

“L’altro tema che ci sta particolarmente a cuore è il salario di ingresso”, aggiunge Pinna. “Abbiamo chiesto che le disparità tra i nuovi assunti e gli altri dipendenti siano cancellate, perché per noi tutti devono avere pari condizioni e se si vuol dare un riconoscimento a chi lavora da più anni in azienda ci sono gli scatti di anzianità e altri strumenti”. Anche su questo l’azienda, però, ha detto no e il sindacato si è dovuto accontentare della reintroduzione dei ticket da subito (invece che dopo 24 mesi), mentre maggiorazioni sul domenicale e premio di risultato per i neoassunti resteranno un miraggio.

Gli stipendi medi di questi lavoratori si aggirano sui 1.300-1.400, più il premio di risultato, che varia a seconda dei casi e non incide in modo rilevante sulla retribuzione annua. “Lavorare in Feltrinelli, più in generale lavorare in libreria, è gratificante. Non è un lavoro pesante, certo, ma neanche un passeggiata come può apparire dall’esterno. Perché dietro al lavoro che vede chi entra in uno dei nostri store c’è un lavoro amministrativo, di magazzino e rapporti coi clienti complesso e nei periodi di picco, come le vacanze natalizie, i ritmi sono elevati e lo stress non manca” racconta Pinna.

La gratificazione può compensare alcune rinunce, ma solo entro certi limiti. “Questi non sono lavoratori abituati a scioperare. L’idea di fare un passo del genere era già emersa a Natale”, osserva ancora Fois, cioè in un periodo in cui gli scioperi fanno più male. “Ma i lavoratori hanno avuto pazienza. Poi però, di fronte alla rigidità emersa all’ultimo tavolo, hanno capito che non c’era alternativa”. Aldilà degli aspetti economici i lavoratori sentono anche venir meno il riconoscimento della propria professionalità. “Alcune funzioni che una volta svolgevamo noi, ad esempio, sono state accentrate”, mi raccontano. Insomma si sentono sempre meno “librai”.

Proprio perché non sono avvezzi a scioperare i primi numeri che arrivano sono significativi: a Milano un centinaio di lavoratori (su circa 200) in mattinata si sono concentrati davanti alla Fondazione per poi sfilare nelle vie del centro passando anche davanti alla sede, incassando anche la solidarietà dei dipendenti della sede centrale, fuori dalla trattativa perché hanno un integrativo a sé. Nei grandi store, dicono i sindacati, le adesioni sono all’80%-90% – “mai così tante nella storia di Feltrinelli” puntualizzano i delegati. Anche a Roma – circa 150 dipendenti distribuiti tra sei grandi store e altrettanti più piccoli, alcuni nei centri commerciali alla periferia – circa metà sono a Largo Argentina e adesioni intorno al 70%. “Questi grandi brand del commercio parlano spesso di attenzione ai clienti, ma dovrebbero tributare la stessa attenzione anche ai dipendenti, perché se le librerie sono ancora aperte lo si deve anche a loro. Speriamo che lo sciopero induca l’azienda a cambiare atteggiamento”, è l’augurio di Fois, “Ma se non fosse così questi numeri ci incoraggiano ad andare avanti”. Le ultime parole del volantino distribuito davanti alle librerie parafrasano lo slogan di una vecchia campagna promozionale Feltrinelli – “Leggere insegna a leggere” – ma risuonano come un avvertimento: “Scioperare insegna a scioperare”.

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