Sanità

Cancro da lavoro: 100.000 morti l’anno, ma la legge Ue è ferma da un decennio

19 Luglio 2015

L’inerzia della Ue potrebbe aver contribuito a oltre 100.000 morti di cancro l’anno legate al mondo del lavoro. Un’accusa pesantissima, lanciata dalla Confederazione europea dei sindacati (Etuc), di fronte al dilagare di tumori legati all’esposizione a numerose sostanze utilizzate o prodotte durante la lavorazione industriale. Secondo il centro studi della Confederazione, almeno l’8% dei decessi da tumore nell’Ue sono relative al posto di lavoro, cifra che sale al 10% per alcune particolari forme di neoplasia (soprattutto polmoni e vescica). Numero da horror, che, ha dichiarato Laurent Vogel del centro studi, «sarebbero perfettamente evitabili».

Se l’accusa dei sindacati è rivolta a Bruxelles è perché l’Unione Europea da 10 anni sta discutendo senza esito l’aggiornamento della normativa che regole a livello comunitario la tutela dei lavoratori dall’esposizioni ad agenti tumorali. Parliamo della “Direttiva sulla protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da un’esposizione ad agenti cancerogeni o mutageni durante il lavoro” che risale al 1990. Una normativa che obbliga i datori di lavoro a ridurre al massimo e controllare l’utilizzo di cancerogeni sul posto del lavoro, secondo alcune soglie massime vincolanti. Problema: essendo la normativa vecchia di 25 anni, tuttora sono coperte appena tre sostanze cancerogene: il benzene (usato per svariati prodotti, dalle plastiche ai profumi, dai coloranti ai pesticidi, ai carburanti, e che può portare a varie forme di leucemia), il cloruro di vinile monomero (usato per produrre resine, e che può provocare tumori epatici), e le polveri da legno (che possono provocare tumori al settore naso-sinusale).

Tre sono davvero troppo poche, oggi si conoscono moltissime altre sostanze cancerogene utilizzate nella produzione industriale, e infatti dal 2004 la stessa Commissione ha avviato un lavoro per aggiornare la normativa. Eppure, inspiegabilmente, fino ad oggi la direttiva non è stata toccata. Invano, almeno per ora, i sindacati europei hanno insistito per allargare la lista delle sostanze cancerogene soggette a soglie a tutte quelle nel frattempo scoperto, incluso anche quelle pericolose per la riproduzione umana (i cosiddetti reprotossici). I sindacati insistono anche per includere non solo le sostanze già pronte impiegate durante i processi industriali, ma anche quelle che si sviluppano durante i processi stessi. Non basta, i sindacati premono per inserire nell’elenco i cosiddetti interferenti endocrini, e cioè una vasta categoria di sostanze che alterano la funzionalità del sistema endocrino (le ghiandole e le cellule deputate alla produzione di ormoni).

Sul fronte degli interferenti endocrini, l’ong Corporate Europe Observatory nel maggio scorso ha pubblicato un rapporto intitolato “A Toxic Affair”, in cui sostiene che vari messaggi di posta elettronica inviati dall’European Chemical Industry Council (CEFIC, che rappresenta l’industria chimica europea), dall’European Crop Protection Association (ECPA, che rappresenta l’industria agricola) nonché dei colossi chimici tedeschi BASF and Bayer dimostrerebbero una pesante azione di lobby sulla Commissione. Domanda cruciale delle lobby: un lungo e laborioso studio di valutazione, con l’obiettivo, sostiene il rapporto, di insabbiare la normativa. L’ong afferma che la valutazione è stata poi effettivamente concessa dalla Commissione, che però smentisce di essere oggetti di lobbying. Che siano fondate o meno le accuse del rapporto, è certo che l’opposizione dell’industria è fortissima, non solo sul fronte degli interferenti, ma in generale all’allargamento della lista delle sostanze sottoposte a soglie vincolanti.

Un’opposizione rappresentata da Business Europe, l’organizzazione di cui fanno parte le confederazioni industriali dei 28 stati membri dell’Ue. Business Europe rinvia a un’altra normativa, la “Direttiva sulla protezione della salute e della sicurezza dei lavoratori contro i rischi derivanti da agenti chimici durante il lavoro” del 1998, che elenca soglie precise per 122 sostanze. L’associazione degli industriali europei sostiene che allargare la direttiva sui cancerogeni provocherebbe un “inutile doppione”. Piccolo dettaglio: a differenza della direttiva sugli agenti cancerogeni, quest’altra non prevede alcuna obbligatorietà, ma lascia agli stati membri tutta la decisione se e in che misura attuare tali soglie.

C’è però un’altra argomentazione di Business Europe cui è sensibilissima l’attuale Commissione Europea guidata da Jean-Claude Juncker: aumentare lo spettro delle sostanza coinvolte, dice l’organizzazione, porterebbe a un aumento della burocrazia. Il nuovo esecutivo Ue si è prefisso come una delle priorità quella della “Better regulation”, parola che si può grosso modo tradurre con “semplificazione burocratica” per alleggerire gli oneri burocratici delle imprese. E infatti, sotto la guida del primo vice presidente Frans Timmermans, la Commissione sta studiando una serie di direttive da sfrondare o, se non sono ancora andate in porto, da bloccare. L’accusa dei sindacati è che vittima di questa opera di “semplificazione” rischia di essere anche l’aggiornamento della Direttiva sui cancerogeni.
A dire il vero, lo scorso marzo i ministri responsabili per l’Occupazione dei Ventotto hanno chiesto alla Commissione di procedere all’aggiornamento della direttiva, e di fare “una priorità” quella di affrontare i nuovi rischi relativi ai tumori acquisiti sul posto di lavoro associati alle sostanze chimiche.

Alla Commissione Europea fanno però sapere che l’analisi e la valutazione richiederà ancora tempo. Allo studio è comunque la proposta da parte della Commissione di includere altre 12 sostanze – comunque un’inezia, visto che si parla di almeno un centinaio di sostanze cancerogeno. La proposta oltretutto non arriverà prima di prima di metà-fine 2016, dopodiché servirà il lungo iter di approvazione da parte del Consiglio dell’Ue (che rappresenta gli stati membri) e del Parlamento Europeo. Un iter che può durare anche anni, soprattutto se le due istituzioni Ue non sono sulla stessa linea. Intanto, migliaia di persone continueranno a morire per tumori contratti sul posto di lavoro.

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