Sindacati

Beynel (Solidaires): ‘Stavolta possiamo battere Macron’

6 Dicembre 2019

Nel secondo giorno di mobilitazione contro la riforma previdenziale di Macron abbiamo sentito, di corsa tra una riunione dell’intersindacale che ha convocato gli scioperi e un’assemblea di lavoratori per fare il punto e decidere come andare avanti, Eric Beynel, portavoce nazionale di Solidaires, piccola organizzazione che in Italia potremmo assimilare a un sindacato di base. Tra gli cheminot l’anno scorso SUD Rail – i ferrovieri iscritti a Solidaires –ha raccolto oltre il 17% dei consensi alle elezioni, il che ne fa la terza organizzazione sindacale della SNCF e uno dei protagonisti di questo scontro con Macron e il governo di Edouard Philippe. Mentre l’informazione italiana dà grande risalto a episodi marginali come gli scontri coi casseur e sottolinea come le pensioni dei lavoratori francesi siano molto migliori di quelle italiane – un modo velato per suggerire che essi stiano difendendo i loro ‘privilegi’ – a noi sembra più interessante ascoltare dalla viva voce di un protagonista che cosa sta succedendo, quali sono le ragioni in campo e come il sindacato replica alle analoghe accuse di Macron.

Partiamo dai risultati dell’adesione all’iniziativa del sindacato. Siete soddisfatti? E come stanno andando le assemblee nei posti di lavoro che devono decidere se proseguire la mobilitazione?

I numeri dell’adesione agli scioperi e alle manifestazioni di ieri sono molto importanti, tenuto conto che si tratta di un’iniziativa indetta soltanto da quattro organizzazioni, per cui possiamo considerare la giornata un vero successo. Oltre a questo possiamo dire che molto lavoratori hanno guardato a questa prima giornata di sciopero con molta sensibilità e attenzione e che ciò in molti ha fatto maturare la volontà di unirsi alla mobilitazione in corso. Oggi ad esempio il tasso di adesione allo sciopero dei macchinisti della SNCF è più alto di quello registrato ieri e ha superato il 90%. Dunque la prosecuzione dello sciopero in questo settore spinge verso un ampliamento della mobilitazione. La stessa cosa possiamo dire per quanto riguarda lo sciopero dei dipendenti RATP, il trasporto pubblico parigino. Ieri inoltre sono entrate in sciopero anche le raffinerie e dunque entro qualche giorno i distributori di benzina si ritroveranno a secco. I dipendenti di altre aziende dell’industria, del settore siderurgico stanno decidendo la continuazione dello sciopero in queste ore e altri lavoratori si uniranno allo sciopero lunedì. Dunque si tratta di una mobilitazione molto dinamica, molto determinata e l’intersindacale, che si è riunita stamattina, ha deciso di sostenere lo sciopero e nuove manifestazioni e ha fatto appello a una nuova giornata di scioperi e manifestazioni indetta per martedì prossimo. E se il Governo martedì non decide di ritirare il progetto di riforma ci vedremo martedì sera e lanceremo una nuova giornata di sciopero e manifestazioni per giovedì 10. La lotta, insomma, sia sta sviluppando con grande forza.

L’anno scorso non siete riusciti a vincere la battaglia contro la riforma dello Statuto degli cheminot. Come pensate di vincere quella sulle pensioni? C’è una differenza?

La differenza è che quando c’è stato il conflitto sullo statuto dei ferrovieri si trattava di una lotta sviluppatasi su una questione molto particolare. Oggi invece il movimento è molto ampio, tocca anche i dipendenti pubblici e quelli del settore privato. Scioperano lavoratori del commercio, dell’industria, dei servizi alla persona, insomma di ogni settore e a prescindere dalla dimensione delle loro aziende. Insomma quello che è diverso nella mobilitazione di oggi sono i rapporti di forza. Il Governo, certo, sta cercando di isolare alcune categorie, dicendo che stanno difendendo i propri privilegi, ma i lavoratori sono consapevoli che in realtà si tratta di un attacco alle regole che li colpisce tutti. Perciò il Governo ha tutto l’interesse a ritirare il suo progetto di legge con la massima rapidità. Le ingiustizie sociali in questo paese ormai sono così forti che i lavoratori certo amplieranno rapidamente il campo delle proprie rivendicazioni anche aldilà della riforma delle pensioni.

Pensi che questo braccio di ferro per Macron abbia anche un valore politico?

Ci sono diversi aspetti. C’è uno scontro sociale e politico a livello nazionale, che ha come oggetto il sistema che Macron cerca di promuovere e che del resto viene promosso anche in molti altri paesi, che è un sistema ultracapitalistico e che rimette in discussione la stessa democrazia. Macron cerca di imporlo in Francia, ma è qualcosa che, come dicevo, è analogo a quanto sta succedendo anche in altri paesi. Pensiamo all’Algeria, a Hong Kong, al Cile o al Libano. Potrei continuare l’elenco all’infinito perché c’è una tendenza mondiale che vede i popoli respingere le politiche che sono state loro imposte ovunque, in continuazione, negli ultimi 40 anni. Quei popoli oggi reagiscono, a volte si tratta di un aumento del costo del biglietto della metro, a volte è un progetto di legge, a volte ancora l’aumento delle tariffe internet. Qui da noi in Francia sta succedendo con la riforma delle pensioni. E dunque sì, è anche uno scontro politico in cui c’è chi sta cercando di rompere la solidarietà sociale e accaparrarsi la ricchezza prodotta da tutti noi.

E a livello europeo? Tagliare i costi del welfare non anche è parte della competizione col capitalismo tedesco?

Non so se la vera ragione di questo attacco sia ridurre i costi per competere meglio con la Germania. Penso piuttosto che si tratti dell’applicazione delle stesse politiche, che prima hanno colpito la Germania, poi si sono articolate, magari in altri termini, in altri paesi, alcune in Spagna, alcune in Belgio, altre in Francia – ad esempio la Loi Travail. Non si tratta tanto di una competizione quanto del passaggio da un paese all’altro di misure che, comunque sia, mirano, come dicevo, a rastrellare ricchezza. Ciò avviene in un mondo dove non ci sono più frontiere, dove in molte fabbriche è impossibile sequestrare il padrone perché il padrone si trova lontano e dunque dove è impossibile trovare soluzioni rimanendo chiusi dentro le proprie frontiere.

Ieri in Italia su Rainews24 alcuni commentatori sottolineavano che i lavoratori francesi hanno pensioni migliori degli italiani e in questo modo suggerivano la tesi che essi stiano difendendo dei privilegi. Come spiegheresti la vostra lotta ai lavoratori italiani?

E’ abbastanza semplice. In tutti i paesi del mondo la ricchezza è prodotta dai lavoratori e dalle lavoratrici. Siamo noi che fabbrichiamo le auto, che costruiamo gli aerei, che curiamo, che educhiamo. E tutta questa ricchezza, materiale e immateriale, che produciamo spesso viene requisita dalle nostre aziende. La lotta a cui stiamo dando vita in Francia sul tema delle pensioni ha come obiettivo fondamentale riprenderci una parte della ricchezza che abbiamo prodotto e che ci è stata rubata. Vogliamo riprendercela perché è nostra e perché vogliamo che sia redistribuita più equamente per destinarla alle pensioni di domani, per non soffrire più la disoccupazione, per avere delle paghe decenti e non avere più padroni che ci sfruttino e ci comandino. In questo senso riprendiamo il vero senso della lotta che è mancato al sindacato per un po’ di tempo e speriamo che i lavoratori degli altri paesi a loro volta facciano altrettanto. Abbiamo tutti interesse a intraprendere la via della lotta e dobbiamo farlo agendo il più possibile insieme.

Pensi che sia necessario un coordinamento a livello europeo e che nel sindacato, da questo punto di vista, si sconti un ritardo?

È difficile coordinarsi a livello europeo. I governi si muovono a volte insieme e a volte invece no e quindi non sempre è possibile che i lavoratori si muovano insieme, ma è importante che in ogni caso si muovano tutti nella stessa direzione e con la stessa energia. Oggi non c’è un coordinamento mondiale delle lotte, ma le lotte hanno che vediamo svilupparsi hanno gli stessi obiettivi.

Stiamo assistendo alla crisi della siderurgia, all’operazione Fiat-Peugeot, RATP gestisce il trasporto pubblico a Firenze e si è aggiudicata quella del trasporto pubblico regionale in Toscana. Sono tutte questioni che uniscono i lavoratori italiani e francesi. Solidaires si pone il problema di creare un rapporto coi lavoratori italiani?

In realtà collaboriamo già con alcune organizzazioni sindacali italiane attraverso il Réseau Syndical International de Solidarité et de Lutte, che abbiamo iniziato a costruire da ormai cinque anni. Avremo la prossima assemblea generale il prossimo giugno in Francia a Digione. Quindi sì ci poniamo il problema della solidarietà nelle lotte, perché pensiamo che le lotte non debbano opporre una frontiera all’altra, ma al contrario che debbano avere tutte lo stesso obiettivo.

L’intervista esce in anteprima su Gli Stati Generali e verrà pubblicata sulla prossima newsletter di PuntoCritico.info

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