Giustizia
Avvocatura: in molti ordini forensi la via del rinnovamento è difficile
Da alcuni giorni, negli angusti spazi giudiziari, si discute della legge elettorale, di avvocati incandidabili ed ineleggibili e di esiti incerti delle varie competizioni, ma la problematica dovrebbe in realtà interessare ad un ampio settore della società e delle istituzioni, anche in considerazione delle prerogative di Ente Pubblico non economico rivestito dagli Ordini Forensi territoriali, direttamente posti sotto la vigilanza del Ministero della Giustizia ai sensi del R.d.l. 27 novembre 1933, n. 1578.
La legge di riforma dell’Ordinamento Forense nel 2012 ha mutato le regole per l’elezione degli iscritti nell’ambito dell’Ordine Circondariale, introducendo un principio di alternanza dei rappresentanti degli avvocati per meglio garantire il ruolo e la trasparenza degli Ordini professionali nel rispetto della delicata attività svolta dalla categoria.
A distanza di molti anni, non si è mai riusciti ad applicare questo principio della legge e l’Avvocatura è riuscita nell’intento di scrivere una pagina non bella con decine di ricorsi, interpretazioni fallaci della norma e tentativi in extremis di opporsi al rinnovamento ed al ricambio mediante ogni mezzo.
Si è anche passati attraverso la dichiarazione di illegittimità parziale del D.M. 10 novembre 2014, n. 170, che regolamentava le modalità di elezione dei componenti il COA.
Per ovviare a tale situazione il legislatore si è sforzato di emanare una nuova legge, la n. 113 del 2017, che, si sperava, ponesse fine alle dispute, disciplinando nuovamente il divieto del terzo mandato.
E’ bene anche evidenziare che la legge 113/17, ribadendo nuovamente all’art. 3 il divieto di elezione di Consiglieri per più di due mandati, già statuito dall’art. 28, comma 6, della legge 247/2012, ha provveduto ad adeguare la disciplina delle elezioni forensi a quelle di altri ordini professionali. armonizzando sul punto il tema dei requisiti propri della rappresentatività degli organismi degli ordini propri delle professioni intellettuali.
Risulta del tutto evidente che la ratio dell’art. 3 della legge n.113/17 ha la sovrana funzione di garantire una rappresentatività sempre innovativa dell’Ordine Forense, consentendo una reale, numerosa, effettiva partecipazione degli iscritti.
Si è così giunti, in prossimità della scadenza di mandato del 31 dicembre 2018, alla pubblicazione di una sentenza da parte delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, che è stata costretta a ribadire il divieto del terzo mandato per gli avvocati che ne hanno già espletati almeno due.
La Suprema Corte interpreta e chiarisce il limite del doppio mandato definendolo funzionale all’esigenza di “assicurare la più ampia partecipazione degli iscritti all’esercizio delle funzioni di governo degli Ordini, favorendone l’avvicendamento nell’accesso agli organi di vertice, in modo tale da garantire la par condicio tra i candidati, suscettibile di essere alterata da rendite di posizione (cfr. in riferimento alla rieleggibilità alla carica di Sindaco, Cass., Sez. I, 26/03/2015, n. 6128)», nonché di evitare «fenomeni di sclerotizzazione nelle relative compagini (cfr. Cass., Sez. I, 9/10/2007, n. 21100; Cass. 5/06/2007, n. 13181; Cass. 20/05/2006, n. 11895), potenzialmente nocivi per un corretto svolgimento delle funzioni di rappresentanza degl’interessi degl’iscritti e di vigilanza sul rispetto da parte degli stessi delle norme che disciplinano l’esercizio della professione, nonché sull’osservanza delle regole deontologiche”.
Infatti, come correttamente rilevato dalla Suprema Corte, si tratta di una norma di carattere non eccezionale: del resto, la stessa giurisprudenza costituzionale indicata dalle Sezioni Unite sancisce il principio della discrezionalità del legislatore nell’individuare i casi di incompatibilità, rammentando in questa sede, per quanto possa occorrere, che le ipotesi di incompatibilità all’esercizio di cariche pubbliche sono strumentali alla piena attuazione degli artt. 51 e 97 della Costituzione (l’Ordine Forense, ex art. 24 comma 3 per il disposto della legge 247/2012, è un “Ente Pubblico non economico istituito… con finalità di tutela della utenza e degli interessi pubblici connessi all’esercizio della professione e al corretto svolgimento della funzione giurisdizionale… soggetti esclusivamente alla vigilanza del Ministro della Giustizia”).
Proprio nella data in cui si sarebbero dovute tenere alcune competizioni elettorali nelle sedi dei vari Tribunali, il Governo e il ministro della Giustizia provvedevano all’adozione del decreto legge n. 2 (dell’11 gennaio 2019) con cui è stato nuovamente riconfermato il limite del doppio mandato per il rinnovo dei consigli degli ordini circondariali forensi nei termini già enunciati dalla Corte di Cassazione.
Considerata la situazione, molti Ordini Forensi come ad esempio Aosta, Biella, Genova, ma anche Napoli, Lecce, Piacenza, Modena, Catania, etc. per rimanere solamente alle città più importanti, hanno rinviato immediatamente le operazioni di voto.
A Brescia, lunedì 21 gennaio, nel corso di una riunione particolarmente accesa, sono arrivate le dimissioni dei 12 consiglieri neoeletti, che hanno preso atto dell’evoluzione normativa registrata nelle ultime settimane in materia di eleggibilità.
Di fronte ai dubbi interpretativi in particolare sull’ineleggibilità di chi non ha portato a compimento due mandati pieni ed ai reclami che hanno investito sette nuovi consiglieri, gli avvocati della città bresciana hanno preferito fare un passo indietro.
Le recenti elezioni dell’Ordine degli Avvocati di Savona, invece, hanno confermato ben 8 degli 11 consiglieri uscenti, cinque dei quali ineleggibili e nonostante la metà delle candidature proposte (7 su 16) fosse di soggetti che non potevano neppure candidarsi.
Forse Savona, città sempre restia a cogliere le necessità del cambiamento, non ha saputo interpretare lo spirito della normativa tesa ad incentivare il rinnovo dei Consigli ed un diverso approccio alla rappresentanza degli iscritti.
Le elezioni si sono tenute come se niente fosse accaduto e ben cinque avvocati che già avevano il doppio mandato alle spalle sono stati rieletti: oltre al Presidente Fabio Cardone, anche gli Avvocati Alessandro Aschero, Daniela Giaccardi, Mario Randacio e Mario Spotorno.
Occorre inoltre rilevare che su 773 avvocati iscritti all’Ordine, solamente tre hanno proposto reclamo al Consiglio Nazionale Forense per contestarne i risultati, in splendida solitudine.
In effetti sarebbe necessario riflettere sul fatto che la Cassazione dà anche una specie di monito, avvertendo che l’aspettativa, o meglio la volontà di coloro che sono in carica da decenni e vorrebbero restarci ancora, non risulta meritevole di tutela a fronte della corretta funzionalità dell’Ente.
La Suprema Corte, infine, aggiungendo alcune considerazioni di tipo etico alle argomentazioni di stretto diritto, così conclude:
“…la conclusione della necessaria rilevanza dei mandati pregressi è imposta dall’esigenza di immediata operatività delle condizioni di ineleggibilità quali valutazioni negative ex lege di quei presupposti e della loro incompatibilità con le funzioni cui il candidato ambisce, in ragione del loro significato o dei rischi che evidentemente implicano, secondo il comune sentimento del particolare momento storico in cui la regola è stata adottata.
Pertanto, bollata la reiterata rielezione come risultato da scongiurare a garanzia di un’incrementata rappresentatività dell’organo basata sul preminente valore dell’avvicendamento o del ricambio nelle cariche rappresentative, non è oggi giustificato interpretare la normativa nel senso di imporre l’attesa dal 2017 per il doppio della durata del mandato innovata già dalla riforma del 2012, prima della piena applicazione di una norma effettivamente introdotta fin dal 01/01/2013 (in virtù del già richiamato art. 28, co. 5, terzo periodo, I. 247/12) ed in pratica differendola al 2025 e cioè di ben tredici anni.”
In tal guisa, la Corte Suprema chiarisce anche un ulteriore principio e cioè che l’ineleggibilità era già vigente al momento delle elezioni del 2015, per chi provenisse da almeno due mandati consecutivi, e pertanto i consiglieri eletti nella tornata di quattro anni fa erano e sono in posizione irregolare.
E magari sono gli stessi consiglieri che oggi, a gran voce, dopo dieci o venti anni di ininterrotto mandato consiliare, invocano una proroga per assicurare la funzionalità dell’Ente o propongono interpretazioni fantasiose del principio espresso dalle Sezioni Unite, talmente eccessive da non poter essere nemmeno prese in considerazione, neppure dai più raffinati giristi.
Oggi davvero è in gioco la credibilità dell’Avvocatura.
Avv. Maria Gabriella Branca
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