Pmi
Very very… lontano dalla realtà!
Non sono una linguista ma col tempo ho imparato che “Le parole sono spade, possono uccidere” (cit. Hegel) e che prima di usarle almeno bisognerebbe conoscerne il significato.
Una delle parole che maggiormente viene usata nell’ambito di un processo di internazionalizzazione è marketing.
Parolina magica. In voga, moderna, che fa figo.
Il termine marketing deriva dall’inglese market che significa mercato e dal verbo to market che significa operare sul mercato. Dalla loro combinazione si ricava che il marketing rappresenta l’attività di operare sul mercato. Marketing internazionale significa, dunque, operare nei mercati esteri e rappresenta l’insieme di tutte le attività che dovrebbero adottare le imprese per intensificare la propria presenza sui mercati esteri (analisi del consumatore, scelta delle politiche di prodotto, di prezzo, di distribuzione, ecc. ecc.).
Questa la teoria.
Questa la teoria. Valida più o meno per tutti. Valida fino a ieri.
Fino a quando i gegni luminari non hanno avviato l’operazione verybello. L’operazione verybello sconvolge tutti i cardini del marketing.
Tutti, senza tralasciarne uno. Meraviglioso.
Adoro il caos, sono innamorata dei cambiamenti, sono profondamente attratta del nuovo, dell’alternativo, del non convenzionale. Cerco ogni giorno di fare per la prima volta una cosa nuova. Sono sempre andata contro e adoro chi per scelta, per amore, per lavoro va contro come filosofia di differenziazione dalla massa.
Ma 1) non coi miei soldi e 2) solo ed esclusivamente se tutto ciò è strategicamente pianificato per raggiungere l’obiettivo.
Mi capita , sempre, che nella prima fase della mia consulenza per valutare se un’azienda è adatta ad intraprendere un percorso export, di analizzare i vari strumenti di promozione di cui dispongono. Oltre a cataloghi, brochures, naming dei prodotti, gadgets e menate varie di guardare anche i loro siti. In un mercato globale la promozione non può esimersi di dover assolutamente essere globale. Quando guardavo i siti dei fenomeni vedevo cose che ai veri esperti di marketing avrebbero gelato il sangue nelle vene.
Foto dei capannoni con tanto di coperture in eternit, modificati per sembrare stabilimenti produttivi. Indicazioni stradali per raggiungerli che partono da un raggio di 10 km senza pensare che magari un potenziale buyer estero arriva in aereo e noleggia un auto ..
Traduzioni fatte con google translator.
Comunicazione tecnica che regala tutti i segreti alla concorrenza.
Emozioni zero. Linguaggio comunicativo pari alle ciacoe post sbronza.
Nella sezione prodotti, cose fuori dalla produzione da secoli.
Nella parte contatti un interrogatorio sotto form: se io vado nella parte contatti significa che io voglio contattarti, no che io ti debba dare anche copia degli ultimi esami del sangue altrimenti chiami quella parte “schedatura digos”.
Foto di prodotti ambientate in posti impensabili. Nessun invito a farsi venir voglia di comprare il prodotto. Tempo di permanenza nel sito: meno di due secondi perché ti rompi le scatole a caricare foto e video e passare da una pagina all’altra. Eppure internet, il web, la rete e tutto questo meraviglioso mondo potrebbe rappresentare veramente il famoso marketing low cost (altra parola adottata dai guru in tempo di crisi). Glielo provo sempre a dire alle mie imprese.
Investite in un sito fatto bene anziché nel stampare cataloghi.
La rete permette di raggiungere tanti utenti, in breve tempo, con pochi soldi.
Rovescio della medaglia: sputtanarsi in rete è rapido come buttare giù uno shottino. Quelli che lo capiscono s’impegnano a fare un sito, affidandosi ai professionisti. Quelli che “basta avere un sito” se lo fanno da soli. In generale i primi e i secondi sono accomunati dal fatto che fanno un sito e lo lasciano li. Non controllano i dati di accesso, non lo aggiornano, non lo sfruttano. E’ un po’ come “bisogna aver el sito” a cui fa eco “no se vende gnente sol sito”. Verissimo.
Un sito ti aiuta a farti conoscere. Ti aiuta a far conoscere e promuovere il tuo sito. La vendita è post. E deve far conoscere il tuo prodotto col vestito giusto, con quello più bello, con quello più adatto al mercato in cui intendi farti conoscere. Devi giocare con immagini e parole per incuriosire, per far scatenare quel famoso wow che porta a volerne sapere di più, sul prodotto e su chi lo fa. Devi mettere in risalto e sotto i riflettori tutto il meglio possibile. Questo è quello che dicevo fino a ieri. Prima della trovata verybello. Forte (oddio …) del mio diploma di operatrice turistica avevo espresso già una serie di perplessità sul sito www.veneto.to per giocare in casa. Non mi piaceva che fosse un dominio delle isole Tonga. Gli americani dell’Icann avevano vietato di depositare il marchio www.veneto.it e già per questo io avrei scatenato una battaglia. Un sito, di un’impresa o di un’istituzione deve essere il principale biglietto da visita per chiunque voglia scoprire e sapere qualcosa di più di un qualcosa. Se guardavi il sito poi (teoricamente in ristrutturazione visto il nuovo budget stanziato per il restyling) ti passava la voglia di venire in Veneto. Anonimo. Emozioni zero.
Sfilza di numeri di telefono, indirizzi, ecc. ma poca storia, poca cultura, poche chicche. Un po’ come quelli delle aziende che provano ad affacciarsi ai mercati esteri. Stessa filosofia di improvvisazione. Stessa mancanza di logica.
Lavorare con e sui micro imprenditori non è facile, soprattutto non è facile fargli capire l’importanza di promuoversi. E’ un concetto indefinito per chi, fino a ieri, aveva i clienti che arrivavano in azienda. Schei butai via. Tanti schei per far le cose fatte per bene. Ce ne sono che hanno capito quanto conta. A fatica han tirato fuori due soldi per investire nella promozione.
E vi assicuro a fatica. Tanta.
Dopo vedono verybello … e capisco perché non potrò mai più chiedergli i sacrifici di investire in promozione, di spendere due soldi per farsi conoscere, soprattutto all’estero.
Verybello è un’offesa a tutte quelle imprese che cercano, veramente contando i centesimi, di farsi conoscere.
Una grande offesa. Una nuova onta da lavare con il boicottaggio del sito.
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