Pmi

Le filiere sono una risorsa tutta italiana. Imprese Vincenti le valorizza

15 Ottobre 2021

Le filiere produttive rappresentano una caratteristica importante dell’industria manifatturiera italiana. Nonostante il nostro Paese abbia assistito nei decenni scorsi al processo di frammentazione delle filiere avvenuto a livello internazionale, l’articolazione della catena del valore in Italia è molto più legata al contesto locale rispetto a quanto avviene in altri paesi.

L’analisi delle catene globali del valore, secondo il Centro Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo, evidenzia infatti come in Italia la quota di valore aggiunto generata sul territorio nazionale sia superiore rispetto a quanto avviene nei competitor europei, in particolare in settori tipici della nostra offerta come ad esempio la moda. In questo settore, il peso della fornitura nazionale nella catena del valore italiana sfiora l’80 percento, contro il 60 percento dei competitor francesi che tendono, infatti, ad utilizzare il know-how e l’eccellenza italiana per la produzione dei beni di alta gamma.

Mediamente nel complesso dell’industria manifatturiera il differenziale rispetto ai principali competitor è elevato: la componente domestica è infatti pari al 74,4 percento in Italia contro il 69,4 percento in Francia. Questa peculiarità organizzativa spiega, peraltro, anche la maggiore presenza nel nostro paese di imprese di piccola e micro- dimensione e, nonostante ciò, la forte proiezione e competitività dell’offerta italiana in una pluralità di prodotti. Molti di questi soggetti sono, infatti, inseriti all’interno di filiere produttive, con capofila di maggiori dimensioni che competono con successo sui mercati internazionali.

Le filiere sono particolarmente diffuse nei distretti industriali. Nei distretti l’efficienza delle imprese è garantita dalla presenza di manodopera altamente qualificata, di fornitori di beni intermedi – ma anche di macchinari – e terzisti altamente specializzati e, più in generale, da una rete produttiva integrata e flessibile. Nel 2020, le centocinquanta specializzazione distrettuali e i ventiquattro poli tecnologici analizzati, hanno realizzato circa 150 miliardi di euro di esportazioni, più di un terzo del totale italiano e hanno generato 63 miliardi di euro di saldo commerciale positivo che corrisponde al 75% dell’avanzo commerciale nazionale. I distretti mostrano una dinamica migliore del fatturato rispetto alle aree non distrettuali, con un differenziale di crescita pari a tre punti percentuali e particolarmente significativo per la filiera agro-alimentare dove raggiunge i nove punti percentuali.

Nei distretti sono presenti reti di fornitura ramificate a livello locale. C’è la tendenza delle imprese distrettuali a rifornirsi da realtà più vicine, 100 Km medi verso 118 Km per le imprese non distrettuali specializzate negli stessi settori. Emergono però differenze significative a favore dei distretti nel Sistema moda (in particolare nella filiera delle pelle con 67 Km medi per i distretti rispetto a 177 per le aree non distrettuali) e nella Meccanica (86 Km medi rispetto a 101 Km), mentre si rilevano distanze maggiori per i distretti nel settore degli Elettrodomestici (137 Km medi verso 101 per le imprese non distrettuali), settore che è stato interessato da un’importane crisi che ha colpito il polo del bianco di Fabriano che si è manifestata in uno sfilacciamento delle relazioni reticolari presenti nel distretto.

Se si analizzano le distanze medie dal punto di vista della classe dimensionale dell’acquirente, si può notare come il tema della vicinanza delle relazioni sia ancora più rilevante per le imprese distrettuali di dimensione minore; le imprese Micro, Piccole e Medie si riforniscono mediamente in un raggio inferiore di circa 30 Km rispetto alle imprese con pari specializzazione, ma che non opera in realtà distrettuali. Inoltre, i legami tra le imprese del Nord e del Centro sono nettamente più ravvicinati rispetto al Mezzogiorno che evidenzia una distanza media più che doppia del dato complessivo delle imprese distrettuali.

Guardando al periodo 2016-2019 l’evidenza è che è cresciuto il numero di fornitori, con una crescita percentuale più elevata per le imprese distrettuali che sono passate da venti fornitori medi nel 2016 a ventidue nel 2019 (+6,8%) contro un incremento del 3,4 percento per le imprese non distrettuali. Il numero medio di fornitori è salito al crescere delle dimensioni aziendali con una differenza superiore alle dieci volte tra le Micro imprese e le Grandi imprese (da 9 a 96 per le realtà distrettuali).

L’evoluzione del contesto competitivo e l’attuale crisi generata dalla pandemia stanno avendo profonde ripercussioni sull’organizzazione delle imprese nel processo produttivo e distributivo e più in generale sulle scelte di posizionamento strategico. Inoltre, la tecnologia sta diventando sempre più pervasiva nella società e nell’economia e sta crescendo il ruolo di fattori immateriali come quelli connessi al capitale umano, alla ricerca e sviluppo, alla reputazione e al brand.

Questi sviluppi hanno spinto le imprese a ripensare rapidamente alle loro scelte operative e strategiche, con la revisione dell’organizzazione dei processi produttivi, l’introduzione di nuovi prodotti, la rivisitazione dei canali di vendita, dei metodi di fornitura e di consegna dei prodotti, e l’accelerazione della transizione digitale. Inoltre, i problemi di interruzione delle forniture osservati nei mesi del lockdown, oltre a causare una rivisitazione delle politiche di magazzino – che sta contribuendo al rialzo dei prezzi delle materie prime – possono portare a una revisione delle catene del valore, soprattutto di quelle organizzate su scala globale che in alcuni settori sono diventate estremamente frazionate.

Le aziende hanno rivisto gli acquisti a favore di fornitori vicini, in particolare in Italia o in Europa, una tendenza che ha interessato in maniera trasversale tutti i principali settori. Mostrano la percentuale più elevata di ripensamento a favore di realtà italiane i settori dei prodotti e materiali da costruzione (58%), degli elettrodomestici (51%) e dell’elettrotecnica (49%).

Giunto alla terza edizione, il programma Imprese Vincenti di Intesa Sanpaolo, ha selezionato quest’anno 112 aziende concentrando l’attenzione sui fattori di successo delle piccole e medie imprese proprio nel particolare contesto economico segnato dagli effetti della pandemia.

Nella tappa dedicata a Filiere e Territorio vengono presentate quattordici pmi vincenti: AKU Italia (Treviso), Alas Meccanica (Bari), Antica Valserchio (Lucca), B&T Management (Ragusa), Bruno (Avellino), Calabra Maceri e Servizi (Cosenza), Enolgas Bonomi (Brescia), Eurofork (Torino), Hinowa (Verona), OMA (Perugia), Osai Automation System (Torino), Palazzani Industrie (Brescia), Sifar Placcati (Perugia) e Unifarco (Belluno).

Per sostenere le filiere produttive Intesa Sanpaolo punta a sostenere in tutte le modalità le imprese che sono la struttura portante del Paese, proponendo soluzioni creditizie e consulenziali che guardino al futuro del Made in Italy. Ad oggi, peraltro, la banca ha sviluppato più di 780 Filiere, con il coinvolgimento di oltre 19.000 Fornitori, per un giro d’affari complessivo che supera i 91 miliardi di euro.

I partner di progetto per questa quinta tappa sono due. Bain, al fianco di Imprese Vincenti fin dal suo lancio nel 2019, che ha contribuito nell’identificazione e valutazione dei fattori critici di successo – tra cui sostenibilità, digitalizzazione e innovazione – che permettono alle imprese di competere al meglio nei mercati di riferimento. Bain & Company inoltre supporterà una selezione delle imprese partecipanti attraverso il coinvolgimento in una serie di incontri focalizzati sulle principali tematiche di rilevanza strategica. Circularity, partner da questa edizione – società benefit e prima e unica piattaforma in Italia a mettere in rete tutti gli attori del processo di produzione, trasformazione e gestione degli scarti per avviare percorsi di economia circolare – fornirà alle “Imprese Vincenti” selezionate una prima valutazione del grado di integrazione della sostenibilità in azienda rispetto agli obiettivi dell’Agenda 2030 della Nazioni Unite, punto di partenza fondamentale per integrare la sostenibilità nella strategia di crescita aziendale e implementare processi di economia circolare nei cicli produttivi. Circularity propone alle imprese la propria consulenza per formulare un piano strategico di sostenibilità ed elaborare le relative azioni operative. La valutazione di sostenibilità è propedeutica alla pianificazione e alla realizzare di una transizione verso l’economia circolare.

«Durante la pandemia vi sono state aziende che hanno continuato a valorizzare il made in Italy sia all’interno delle proprie filiere di riferimento, sia fuori dai confini nazionali, concentrandosi nello svolgere la propria attività in maniera sostenibile sul piano economico-sociale e ambientale. Imprese che sanno quanto sia vitale il rapporto con i propri fornitori e che in virtù di una relazione di filiera hanno saputo adattare produzioni, reagire e resistere insieme ad altre aziende, generando direttamente o indirettamente un impatto positivo per il territorio», spiega Stefano Barrese, Responsabile Divisione Banca dei Territori Intesa Sanpaolo. «A queste imprese, vincenti innanzitutto perché generano sviluppo per se stesse e per il contesto socio-economico, Intesa Sanpaolo ha da tempo dedicato Programma Sviluppo Filiere, riconoscendo nelle filiere una risorsa distintiva tutta italiana che dà valore alla relazione tra imprese e fa tesoro del patrimonio di competenze di un territorio. Con l’emergenza Covid-19 abbiamo potenziato il Programma destinando 10 miliardi di euro alle PMI di filiera, ma oggi è essenziale mettere a terra le risorse del PNRR, perché sono le imprese che fanno sistema la vera leva per la piena attuazione degli obiettivi prefissati».

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