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Aziende di tutto il mondo unitevi!

1 Maggio 2022

Il mio lavoro mi porta a confrontarmi con normative che regolamentano l’attività delle aziende sia domestiche che straniere in vari paesi del mondo. Ebbene, sono sempre più convinto che negli ultimi tre anni i peggiori nemici delle aziende, quasi ovunque, siano diventati i governi. Ci sono diverse gradazioni, dal peggiore al meno peggio, ma in generale i governi di quasi tutti i paesi del mondo, pensando anche di far del bene, stanno creando le basi per una decrescita generalizzata delle loro aziende, solo che non sarà affatto “felice”, anzi.

Partiamo dal peggiore: facile, la Russia. Paese che era risalito nelle classifiche sulla facilità di operarvi (i vari “Doing business in”) e che vedeva le sue aziende anche avventurarsi sui mercati stranieri ampliando la loro presenza, in tre mesi ha fatto una retromarcia forse di 20 anni, oltre a tutto il resto. Incredibile.

Passiamo agli USA: da predicatori della liberalizzazione dei mercati sono passati a credere che la competitività persa dal paese  – anche a causa di scelte perfettamente sensate dal punto di vista economico  delle sue aziende – potesse essere riguadagnata con un mix di barriere ai paesi più competitivi. Dazi, non importa se consentiti o meno, liste nere, licenze revocate senza motivo, autorizzazioni negate all’acquisto anche di piccole aziende e chi più ne ha più ne metta. Un trend che non è assolutamente cambiato con Biden. Con quale risultato? Il deficit commerciale americano complessivo è aumentato, perché chi produceva in Cina per export in USA si è spostato altrove, raramente in America. Le multinazionali americane poi si trovano ora fra l’incudine del famoso diritto extraterritoriale americano che le punisce anche per quello che fanno o non fanno in altri paesi, e il martello di questi paesi dove invece la legge magari prevede che facciano o non facciano quelle cose.  Risultato: per restare su tutti i mercati più importanti devono quintuplicare i costi per la cosiddetta “compliance”, con gioia di schiere di consulenti.

La Cina non è da meno. Prima, ha colpito le sue stesse aziende con una pletora di regolamenti che rendono più difficile l’investimento all’estero, per timore di una fuoriuscita eccessiva di capitali (proprio mentre invece qui si continuava a parlare di “invasione”….). A questo però aveva affiancato perlomeno un’ apertura progressiva del suo mercato agli stranieri, riducendo all’osso le famose “negative list” (settori in cui non si può investire)  e firmando accordi con USA e UE.  Con il bombardamento da parte di Trump nel 2020 e della UE nel 2021 ha fatto però subito un passo indietro. Mantenendo le aperture, ma adottando decine di leggi e regolamenti che imbrigliano le aziende straniere che operano nel paese e le obbligano in alcuni casi a separare i loro sistemi di gestione da quelli in vigore per il resto del mondo. E allo stesso tempo attaccando il settore privato cinese stesso per ridurre il peso delle Big Tech e dell’immobiliare, con i soliti eccessi.

Il resto dell’Asia oscilla tra aperture e chiusure: l’Australia per scelte politiche ha quasi distrutto il suo fiorente export verso la Cina, con gran gioia dei concorrenti. L’Indonesia blocca l’export di olio di palma danneggiando i produttori. L’India sembra invece perseguire la strada della liberalizzazione di un’economia ingessata per decenni, staremo a vedere.

E finiamo con la vecchia Europa. Qui, specie in Italia Francia e Spagna, si è deciso che il problema non è tanto il commercio (d’altra parte siamo esportatori) ma la proprietà delle aziende che operano nei nostri paesi, che deve restare il più possibile “nazionale”, anche se di privati cittadini, purché con passaporto nazionale. Nella strana convinzione che se la proprietà resta di soggetti italiani l’azienda sicuramente cresce si sviluppa e magari si amplia meglio all’estero, dando quindi più garanzie ai suoi dipendenti. Convinzione non provata da alcuna teoria economica e che invece a volte le condanna alla decrescita o alla lenta chiusura se al proprietario magari senza più voglia di proseguire viene impedito di vendere.

In tutto il mondo quindi si sta vivendo un grande esperimento di eterogenesi dei fini: normative pensate per rafforzare le aziende di questo o quel paese le stanno indebolendo o nei casi peggiori le fanno chiudere. Anche perché, ricordiamoci, le tasse vanno comunque sempre pagate.

Forse c’è una sola soluzione: aziende di tutte il mondo unitevi. E combattete per il vostro futuro.

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