Moda & Design

Giovani, startup e la bikenomics italiana

26 Maggio 2017

Gli italiani, con le biciclette, hanno sempre avuto un rapporto speciale. Prima del “Miracolo economico” la bici era il solo mezzo di trasporto per milioni di italiani, in un paese povero e rurale, ma pieno di energia. Per fortuna la storia d’amore tra il Belpaese e la due ruote è sopravvissuta anche al boom della motorizzazione, che ci ha portato ai vertici delle relative graduatorie (da noi ci sono ben 607 auto ogni mille abitanti, più che in Germania, Inghilterra o Francia). Uno dei capolavori del cinema italiano, “Ladri di biciclette”, parla, appunto, di un papà di famiglia alla ricerca della sua bici. E il Giro d’Italia è (a parte il Campionato di calcio) l’appuntamento sportivo più amato, quello che fa battere il cuore da Bolzano all’isola di Lampedusa.

Insomma, un paese di santi, poeti, navigatori… e ciclisti. Ecco perché non dovrebbe stupire l’importanza, crescente, della cosiddetta bikeconomics (cioè le attività d’impresa legate alla bici) per l’economia nazionale. L’Italia, del resto, è il secondo produttore europeo di bici, e il primo nella componentistica. Oltre al secondario, il business tocca il terziario e persino il primario, dato che riguarda circa 14mila aziende, dai manutentori ai produttori, passando per gli agriturismo specializzati nel cicloturismo e i commercianti.

In questo post vorrei parlare di un paio di startup innovative, molto diverse tra loro, attive nel mondo della bici. Una buona notizia per tutto il comparto, perché queste giovanissime aziende sono linfa nuova preziosa. La prima azienda è una realtà milanese, Scatto Italiano. Si tratta di una startup che vende online bici artigiali, con la possibilità da parte dell’utente di configurare il mezzo come preferisce. In altre parole, tecnologia e design al servizio di un prodotto molto antico (i primi velocipedi risalgono all’inizio del XIX secolo). Fondatori della startup sono due giovani designer pugliesi, Pietro Coletta e Giuseppe Gurrado. Molto interessante ciò che mi ha detto quest’ultimo, in merito al suo apprendistato “tecnico-creativo” prima di lanciare Scatto Italiano:

Fin da piccolo sono sempre stato affascinato dal funzionamento degli oggetti intorno a me: da bambino ho smontato ogni giocattolo, da ragazzo bici e motorino, e più là auto, computer e ogni cosa rotta. Questa mia propensione ha portato i miei genitori a indirizzarmi verso una formazione d’impronta scientifica. Parallelamente ho praticato tutti i tipi di sport, ma ciò che mi faceva sentire più libero erano le corse in bici. Dopo il liceo mi sono iscritto alla facoltà di ingegneria meccanica di Bari, e ne ho frequentato il biennio. In seguito ho comprenso che specializzarmi in meccanica mi avrebbe precluso una strada più creativa, e mi sono iscritto alla facoltà di design industriale, dove mi sono laureato. In seguito mi sono trasferito a Milano, dove lavoro come consulente per studi di industrial design.

Dettagli biografici a parte, ciò che dice Gurrado è indicativo di uno dei punti di forza dell’innovazione italiana, ossia il mix di competenze tecnologiche e di design. In merito a Scatto Italiano, il designer spiega:

Il progetto è nato nel 2012 quando io e Pietro abbiamo deciso di creare qualcosa con le nostre forze. Siamo decollati, con il lancio sul mercato, nel 2014, e poco tempo dopo si è unita a noi Lucrezia Pascale, anche lei designer. Considerando che il nostro è un prodotto artigianale, venduto soprattutto all’estero, e che siamo una startup, abbiamo ottenuto in questi primi tre anni di attività notevoli riscontri, con una crescita costante delle vendite, e una chiusura in attivo già dal primo bilancio depositato.

Un’altra realtà molto interessante è Lockcharge, startup del trasporto innovativo. Anche questa realtà, all’apparenza molto lontana da Scatto Italiano, fa leva sul saper fare e sull’esperienza produttiva tipiche dell’Italia, ma con un occhio all’Europa e al futuro prossimo venturo. Come mi dice uno dei due fondatori, la giovane bosniaca Nerina Čorbadžić:

I governi europei stanno lavorando per ridurre le emissioni di anidride carbonica, e le varie misure includono da un lato la creazione di barriere per i veicoli a combustibile fossile, e dall’altro l’offerta di sussidi e il miglioramento delle infrastrutture per i veicoli elettrici. Nei centri storici, specialmente dove il traffico commerciale sta rapidamente crescendo a causa dell’e-commerce, stanno vietando auto, furgoni e camion, rendendo più difficile la vita per le compagnie di trasporti e allo stesso tempo supportando le aziende che acquistano tricicli da carico (cargo bike).

Si punta, cioè, a cavalcare un macrotrend. Tra i loro partner ci sono realtà come la TBP, specializzata nella produzione di cavi, e attiva con colossi dell’automotive europeo. Una prova, se mai ve ne fosse bisogno, della capacità della bikeconomics italiana di saldarsi con mondi e settori ad alta intensità tecnologica anche stranieri.

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