Moda & Design

Da grande voglio fare la ‘Chiaraferragni’

16 Ottobre 2016

Chiacchierano amabilmente davanti al tablet acceso e appoggiato sul tavolino del treno. Studentesse liceali, in viaggio tra Rimini e Bologna. “Maddai, è pure fidanzata con Fedez….: ah si, io da grande voglio fare la ‘Chiaraferragni’”, scandisce una mentre muove il dito sullo schermo. La ‘Chiaraferragni’. Così, tutto attaccato. “Eh – fa l’altra sbirciando la superficie della tavoletta – a parte Fedez non sarebbe affatto male, ha un gran successo anche economico. E’ stata brava”. Poco più in là altre due amiche, più grandi, leggono – a quanto pare – la stessa notizia. “Sono nata nel periodo sbagliato – scherza una -: sono tutto sommato carina, scrivo bene, la moda mi è sempre piaciuta, fossi nata nell’era dei blog, magari sfondavo pure io come la ‘Chiaraferragni’”. Tutto attaccato. “Chissà…”. “Macchè – sorride l’amica – a parte che Fedez,  è un po’ piccolino per te, non ti ci vedrei proprio. Pensa ai tuoi progetti di ricerca che ti aspettano all’estero, va là…”.

Insomma – a parte Fedez – la bionda fashion blogger, non lascia indifferenti. Fa parlare. Liceali, che iniziano guardare al loro futuro lavorativo. E pure chi, verso quel futuro lavorativo, si è già incamminato. D’altronde la ragazza lombarda – ormai un nome di peso nel mondo della moda – di strada ne ha fatta. Assai. E lascia aperto un interrogativo: è questa la strada giusta da calcare per trovare una dimensione professionale appagante? Un percorso geniale, fatto di merito – come sostengono alcuni – o la distorsione di un mondo che – sostengono altri – grazie alla viralità della Rete premia, si l’intraprendenza ma puntando sull’effimero e non sulla concretezza del lavoro tradizionale? Ammesso che lavoro tradizionale, voglia dire ancora qualcosa.

La prima volta che sentii parlare, compiutamente, fisicamente di blog e blogger era il 2002 (il fenomeno prese piede negli Stati Uniti nel 1997 ma all’alba del 2002 iniziò a vivere la sua impetuosa fase di espansione) e accadde, guarda il caso, alla settimana della moda di Milano. Chiesi alla collega di redazione che si occupava del settore di portarmi, in una sorta di gita premio nel mio giorno di riposo, a seguire una sfilata, curioso di vedere da vicino quel tourbillon di modelle, fotografi, giornalisti, pubblico adorante. Quel giorno, un giornalista di moda – lungimirante con il senno di poi – indicò due ragazze statunitensi, sedute dietro di lui, che prendevano appunti sulla sfilata scrivendo sul loro portatile. “Sono il futuro – osservò – mettono tutto sui loro siti personali, le chiamano blogger e i ragazzi, probabilmente le ascolteranno. Forse più di quanto ascolteranno noi”.
Giusta previsione. Oggi i ragazzi e le ragazze che con foto e commenti – più o meno corrosivi o esaltanti – e video orientano i consumi di giovanissimi e fashion-addicted sono cresciuti di grado, sono diventati ‘influencer’. Coccolati e riveriti dalle case di moda. Solo alcuni mesi fa, in uno dei miei quotidiani viaggi pendolari, a tenere banco, nello scompartimento del treno, c’erano un paio di giovanissime, fashion blogger. All’apparenza due ragazzine, pure acqua e sapone, rivelatesi – stazione dopo stazione – due vere e proprie ‘macchine da lavoro’, incollate allo smartphone alla conquista del mondo. E, come punto di riferimento, citata più che spesso, la ‘Chiaraferragni’.

Più che comprensibilmente. Dal loro punto di vista. E, forse, neppure solo dal loro punto di vista. La creatrice di ‘The Blonde Salade’, d’altronde, dalle prime foto sui suoi look pubblicate alle community online nel 2006 ha spiccato il volo, raggiungendo il primo milione di followers su Instagram nel 2013 e un fatturato di 10 milioni di dollari lo scorso anno. In mezzo l’inserimento tra gli under 30 più influenti secondo Forbes, e il suo blog divenuto un vero e proprio ‘case history’ per l’Harvard Business School della prestigiosa Università americana.

(pendolarita.blogspot.it)

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