Macroeconomia
Una ripresa fatta di coriandoli
Tranquilli. Sì, perché non è mia intenzione salire sul primo tavolo e mettermi a protestare. Non urlerò nulla contro la Banca Centrale Europea e soprattutto non la definirò dittatoriale. No, l’economia non merita, soprattutto in questo frangente, alcun gesto di simile teatralità.
Chi oggi considera la BCE dittatoriale risolve con facili parole un problema ben più serio o meglio spara nel mucchio, verso la parte più in evidenza di questo, così da massimizzare l’effetto mediatico e propagandistico. Come può, infatti, un dittatore essere tale se ha in dotazione strumenti la cui portata ed effetto sono sostanzialmente limitati. Certamente, il potere di definire la politica monetaria (e non economica, lo preciso per gli economisti tuttologi da bar di oggi…) non è cosa di poco conto. Tuttavia, è bene considerare il fatto che maggiore è l’avvicinamento dei tassi allo zero, minore è l’effetto che una variazione di questi al ribasso ha sull’andamento dell’economica. Il Giappone degli ultimi anni ha insegnato molte cose (o almeno avrebbe dovuto). Già e proprio questo esempio ci ha fornito una prova tangibile di cosa possa fare invece la politica fiscale. Avete visto cosa è successo quando si è parlato di aumento dell’IVA?
Mi rallegro quindi per quel 47,6% degli analisti finanziari (FONTE) che si sente ottimista circa la crescita dell’economia ed in particolare per la situazione italiana. Sì, mi rallegro perché c’è ancora chi si sente ottimista. Io, nel mio piccolo, non vedo tangibili fattori per provare tale sentimento, anzi. Principalmente per tre fattori.
Il primo. Il Quantitative Easing promosso dalla BCE temo che non sortirà gli effetti miracolosi che in molti si aspettano. Certo, favorirà l’indebolimento dell’euro vs il dollaro, positivo dal lato delle esportazioni, ma immette altra liquidità nel sistema, come se questo già non fosse abbastanza liquido. Troppa liquidità in un contesto già ingessato, dove le vere problematiche sono le politiche di accesso al credito da parte della parte produttiva del “Sistema Europa” e la gestione delle partite in default/deteriorate che gravano non soltanto sui singoli intermediari, bensì soprattutto sui singoli sistemi economici dei membri EU.
Il secondo. Le sempre tanto e troppo citate riforme. Un refrain che si sente ripetere da più parti e soprattutto dalla BCE. Signori, non pensiamo però agli spettri della trojka, pensiamo alla necessità di riformare strutture nazionali fatte di apparati pesanti e ormai obsoleti che gravano sulle spalle dei già tartassati contribuenti, vera parte produttiva dei singoli paesi. Ma la necessità di riforme deve anche riguardare il cuore del nostro prossimo futuro. L’Europa stessa deve riformarsi. Può, infatti, una unione monetaria e (presunta, per ora) anche economica non avere titoli di stato propri? No!
Il terzo. Il mercato. Sì, serve più mercato. Evitiamo le ridicole parole al vento di quanti pensano che sia stata la libertà economica a determinare l’ultima (ancora viva e vegeta..) crisi economica. No, signori, non è un fallimento del mercato. La crisi è stata generata soprattutto per il fatto che il mercato non ha potuto fare ciò che naturalmente sa fare. L’Europa ha prima di tutto bisogno di mercato e soprattutto di natura interna. Sino ad oggi l’Unione ha fin troppo fatto gli interessi di altri piuttosto che del suo mercato interno. Attenzione, non si interpreti male quanto dico. Non credo molto a politiche di dazi contro la concorrenza esterna, ma sicuramente mi rifiuto di credere che l’economia europea si possa rilanciare e sviluppare con una politica di dazi al contrario (contro i singoli stati membri) e apertura anzi incentivazione ad essere aperti a certe aggressioni esterne..
Non salirò dunque su nessun tavolo, non griderò nulla contro niente e nessuno, molto più semplicemente mi preparo a vedere ancora qualche anno di coriandoli fluttuanti nell’aria, di tutti i colori…
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