Macroeconomia
L’austerità è moribonda, ma ha fatto in tempo a uccidere anche noi
Ormai lo sanno anche i sassi: le politiche economiche di cosiddetta “austerità” imposte ai paesi dell’Ue sono sbagliate. Queste ricette economiche, almeno applicate in tali forma e situazione, sono state errori nella storia, e lo sono tanto più al confronto dei risultati che i loro stessi promotori si attendevano, o dichiaravano di attendere. O meglio, i sostenitori sul piano culturale di queste ricette, potranno trovarsi di fronte ai mille dati del fallimento, e contineuranno a sostenere il contrario: perchè è una questione di ideologia.
Ai fautori politici dell’austeriità, al contrario, non importa niente dei fatti e dei risultati, perchè l’austerità era l’unica politica che permetteva loro di raggiungere l’obiettivo che si erano prefissati: far pagare il manicomio del sistema finanziario post crisi ai cittadini europei (e approfittarne per chiudere qualche partita con lo stato sociale).
Incrementi di tasse, tagli alla spesa pubblica e “riforme strutturali” – applicati nel mezzo della crisi totale dell’economia di mercato – dovevano portare a crescita di Pil e abbattimento di debiti pubblici, e invece hanno prodotto l’opposto. Che fosse una visione errata ormai lo sanno tutti.
Il punto è perchè si continui a imporre e sottostare a queste assurde visioni. O meglio: le ragioni per cui alcuni le impongano sono chiare, perchè ognuno fa i suoi interessi ed essi fanno i loro. Schaeuble, a capo di una Germania che sta dissanguando il resto d’Europa arricchendosi senza prendersi alcuna responsabilità ha i suoi bei motivi. La Francia che, dai diciamolo, ha avute salvate le banche dai mungitori di capre greci, pure. Il punto è perchè chi subisce queste politiche sbagliate, non si sotragga.
Non si sotragga e continui, anzi, a spupazzare fandonie tipo: “oltre al rigore, serve più crescita”, ben sapendo (?), perchè ormai è evidente, che sono due termini inconciliabli, due vie divergenti; e che se una strada porta in un posto non può portare in un posto differente.
Indicativo, per efficacia e sintesi, del circolo vizioso in cui la sinistra, anche italiana, è finita, è un articolo uscito pochi giorni fa su “Repubblica”. Intanto si pubblicava una paginona di intervista a Varoufakis che, come al solito, come studioso dice cose vere e, ora lo sappiamo, corrette in quanto informate e allineate alle posizioni non più minoritarie nemmeno delle istituzioni internazionali oltrechè nel mondo accademico (vedi, solo nell’ultima settimana, posizione del Fmi, e appello per Corbyn). Egli, come al solito, sosteneva che occorre un’alternativa politica europea al partito dell’austerità. Eh già.
A commento, ossia per controbilanciare il sovversivo, si sbilanciava Alessandro Penati (Debito troppo alto, banche in dissesto e il voto non risolve, Repubblica, 23 agosto) che, forse non avendo ancora messo a fuoco la rottura tra l’intervistato e Tsipras, attaccava al calor bianco quest’ultimo. Accanendosi, nel corso dell’articolo, ripeteva per tre volte che Tsipras e’ “incompetente” o “cinico”, perche’ ha accettato un memorandum che sembra dettato dal “fantasma della Thatcher”. E qui sta il punto: e quindi?
Non è chiaro. Tsipras ha sbagliato perchè non doveva accettarlo o perchè l’ha accettato?
Non doveva accettarlo, tanto meno nella sua ultima versione e senza taglio del debito, ossia ha ragione Varoufakis? La Grecia doveva tenere duro andare fino in fondo, far saltare il banco, l’Euro e l’Europa, come sosteneva il ministro delle finanze e i folli “populismi”, ossia chiunque sostenga che l’austerità è sbagliata, tipo la maggioranza dei senior staff di Fmi, Oecd, economisti del mondo?
Oppure, al contrario, ha fatto bene ad accettarlo, come del resto ha fatto e così gli consiglia implicitamente il commentatore, e tuttavia significa per consecutio logica che Penati e Repubblica approvano (come non sembra dal testo), la linea da “fantasma thatcheriano” che il memorandum impone?
Insomma: è vero che l’austerità è assurda, ma non avrà fatto saltare anche i principi della logica. Siamo a favore del memorandum (e quindi contro Tsipras e con la Thatcher), o contro il memorandum (e quindi con Tsipras e contro la Thatcher)? Altrimenti il povero greco è cornuto e mazziato. Da noi, non dalla Lady di ferro originale, e nemmeno dalla Merkel, sgraziata copia.
E noi, se così è, siamo Arlecchini servi di due padroni. O forse no, forse esiste un tertium. Forse siamo contemporaneamente contro Tsipras e contro il memorandum thatcheriano. Ma allora dobbiamo tirare fuori la posizione nostra originale. Qual è? Il rigore “ma anche” la crescita? Dai, su.
Il punto è che qui non si è conseguenti, si mescolano il piano culturale e quello politico, e alla fine si confonde tutto.
Ogni persona di buona volontà sa che l’asterità è una panzana. Basta accostare il Pil atteso a quello reale, e chiedersi se tutti i servizi statistici degli organismi sovracitati, con in aggiunta Bce e Istat, siano impazziti negli ultimi cinque anni, oppure se le politiche sono errate.
Ma, queste stesse persone sanno che nel quadro degli attuali rapporti di forza apparentemente non vi sono le condizioni per cambiare tali politiche, ossia che bisogna fare buon viso a cattiva sorte. Quindi avendo deciso di non esporsi, di non agire per costruire l’alternativa nei rapporti di forza, in sintesi di non sbattersi al prezzo di abbandonare le proprie convinzioni, bastonano chi non fa la stessa cosa.
E questa è la versione migliore, perchè l’alternativa è la malafede del “tengo famiglia” e mi allineo col più forte. E poi c’è un’altra alternativa che tiene insieme questi due piani – culturale e politico – che da tempo non si incastrano.
Ossia che a forza di avere un’idea propria e subire un’idea avversa con la forza, la sinistra europea sia finita vittima di una sindrome di Stoccolma generalizzata e, piano piano, gli Schultz, i Dijsselbloem, gli Hollande e non diciamo nomi italiani per carità di Patria, si siano accucciati ai piedi di Schaeuble come cani da grembo, e si siano assopiti. Ma ora arrivano i cinesi a svegliarli.
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