Macroeconomia
Politica e moneta in Svizzera: un voto per tornare all’oro
Oggi 30 novembre gli elettori svizzeri sono chiamati alle urne per votare due proposte di legge che vogliono legare la moneta all’oro: la prima imporrebbe alla Banca Nazionale Svizzera di detenere il 20% delle sue riserve in oro entro cinque anni, la seconda impedirebbe di vendere l’oro così accumulato e di rimpatriare quello attualmente depositato all’estero. Queste proposte nascono per opporsi alla politica monetaria non convenzionale che la banca centrale elvetica ha messo in campo negli ultimi anni.
Il franco svizzero è considerato una moneta rifugio su cui fare affidamento nei periodi di crisi, ed a seguito della crisi finanziaria la Svizzera ha accolto un flusso di capitali in cerca di sicurezza, in particolare dalla zona Euro. Questo processo ha però messo in guardia la Banca svizzera quando, ad agosto 2011, il tasso di cambio tra franco svizzero ed euro è arrivato vicino a soglia 1 a 1. L’apprezzamento del Franco determina una riduzione delle esportazioni ed un aumento delle importazioni che genera un deficit commerciale. Il 6 settembre 2011 la Banca Nazionale Svizzera è intervenuta con una direttiva che fissa il livello minimo di cambio tra franco svizzero ed euro, indebolendolo, a 1,20. La Banca Nazionale Svizzera si è detta inoltre disposta ad acquistare quantità illimitate di riserve di valuta estera per mantenere stabile l’economia e che se necessario interverrà con misure supplementari.
Sebbene meno conosciuta rispetto alle politiche monetarie praticate negli ultimi anni da Federal Reserve, Bank of England e Bank of Japan, si configura come una politica monetaria non convenzionale per due ragioni: da una parte non utilizza il tasso di interesse come strumento ma determina un aumento della quantità di moneta necessaria per l’acquisto dei titoli esteri; in secondo luogo negli ultimi decenni il tasso di cambio non è stato considerato dalle banche centrali una variabile chiave nella determinazione delle loro politiche. Le esportazioni verso la zona euro rappresentano più del 50% del totale, e la svalutazione dell’euro renderebbe tali esportazioni molto difficili, con effetti negativi su produzione e occupazione.
Questa politica è stata straordinariamente efficace: se nel 2007 il valore massimo del cambio è stato di EUR 1 = CHF 1,6803, il valore minimo si è registrato nell’agosto 2011 al cambio di EUR 1 = CHF 1,0451. L’intervento della Banca Nazionale Svizzera bancario, il 6 settembre 2011, ha permesso di fermare questo trend e di mantenere la soglia minima di cambio a 1,20 stabilizzandolo in un range 1,20-1,25.
Stabilizzare il cambio vuol dire vendere franchi svizzeri ed acquistare euro: dal 2010 al 2014 la Banca Nazionale Svizzera è passata da detenere circa 110 miliardi di franchi svizzeri in asset in euro ad averne circa 260. L’acquisto di euro avviene creando nuovi franchi, cosa che si fa ad un costo bassissimo. Imporre una quota del 20% in oro delle riserve totali significa che ogni volta che la banca centrale elvetica vorrà acquistare euro dovrà anche acquistare oro, aumentando il costo di questa manovra. Si avrebbe una politica monetaria con le “mani legate” e più legata agli interessi delle società finanziarie verso la stabilità che agli interessi delle imprese legate alla produzione di beni e servizi.
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