Macroeconomia

Polarizzazione dell’innovazione e nuove disuguaglianze

14 Agosto 2023

Per lungo tempo abbiamo pensato alla disuguaglianza economica come al differenziale di prosperità e progresso tra il “Nord” e il “Sud” del mondo. Grazie alla globalizzazione e all’integrazione dei mercati mondiali, questo gap è andato rapidamente assottigliandosi negli ultimi vent’anni; di contro, stiamo conoscendo oggi una nuova forma di disuguaglianza, la within-country inequality, ossia la disuguaglianza economica che si registra all’interno dei confini nazionali.

È questa una tipologia di disuguaglianza che in parte già conosciamo, quanto meno nella sua caratterizzazione geografica: il Nord vs il Sud Italiano; Parigi vs il resto della Francia; il Nord-Est degli Stati Uniti vs il Sud-Est. Allo stesso tempo, tuttavia, esistono una serie di nuovi elementi che rendono questa forma di disuguaglianza un fenomeno economico di difficile comprensione e proprio per questo richiedono una trattazione ad hoc del problema. Proviamo a fare un po’ d’ordine e ad affrontare alcuni di questi elementi.

1) Cosa sta accadendo nell’economia contemporanea? La disuguaglianza within-country si manifesta oggi come lo scarto di prosperità economica tra alcune grandi capitali economiche mondiali – le cosiddette superstar cities, come San Francisco, New York, Londra, Milano e Shanghai – e il resto delle città all’interno dei medesimi confini nazionali. È una differenza che corre dunque lungo le direttrici delle città, disegnando nuovi circuiti economici e portando a galla vincitori e nuovi sconfitti. Qualche dato: il 75% degli investimenti privati in startup negli Stati Uniti si concentra in tre aree urbane: San Francisco-Silicon Valley, New York, Boston-Cambridge. In Italia, il 50% delle multinazionali straniere ha sede a Milano e un numero crescente di multinazionali italiane ha trasferito negli ultimi anni le funzioni ad alto valore aggiunto nel capoluogo lombardo.

2) Perché alcune città crescono e altre restano indietro? Le superstar cities sono diventate i nuovi luoghi delle economie di agglomerazione. Luoghi di agglomerazione che fino a qualche decennio fa erano spesso identificati dai distretti industriali, sono oggi luoghi urbani dove si concentrano idee, talenti e capitali. Sono questi gli elementi competitivi dell’economia della conoscenza. Le economie di agglomerazione fanno si che gli asset produttivi dell’economia contemporanea si concentrino sempre più in pochi luoghi, che seguono di fatto il modello del winner-take-all, il vincitore che si prende tutto. Stiamo facendo i conti, di fatto, con uno dei principali effetti collaterali della transizione dall’economia industriale all’economia post-industriale.

3) Quali sono i rischi di questa nuova disparità? Oltre all’evidente disuguaglianza economica, che oggi è osservabile non solo nel mondo anglosassone, ma anche in Italia, in Francia, in India e in Cina, c’è un problema di tutela della democrazia moderna. Esistono infatti una serie di studi che evidenziano la correlazione tra la nuova geografia dell’innovazione e la mappa del voto. Sono proprio nei luoghi cosiddetti left behind che tende a concentrarsi il sentimento populista e sovranista che oggi caratterizza una parte rilevante delle democrazie moderne. Dal voto della Brexit, alle elezioni di Trump, al populismo francese e italiano, le province escluse dal circuito della conoscenza si vendicano attraverso un voto di protesta che identifica nell’establishment (i vincitori nell’economia della conoscenza) la causa del proprio declino economico e sociale.

4) Esiste una soluzione a questa nuova forma di disuguaglianza economica? È presto per dirlo, non fosse altro perché l’ampiezza del problema non è stata ancora pienamente compresa dai policymaker e delle istituzioni attive a livello territoriale. Esistono però dei casi controintuitivi di città medie che hanno saputo tenere passo il passo con le superstar cities e che mettono in luce un modello di innovazione alternativo e più sostenibile. Sono città che pur non avendo il glamour di New York, Londra e Milano, hanno saputo dar forma a ecosistemi dell’innovazione di prim’ordine. Sono città come Bologna, Galway in Irlanda e il distretto di Raleigh-Durham in North Carolina. Luoghi apparentemente periferici rispetto al circuito globale delle città Alpha, ma che ci offrono oggi una serie di elementi per provare a costruire un modello per le nuove “periferie competitive”.

Attraverso questo spazio proveremo a mettere in risalto alcuni di questi luoghi, cercando di isolarne i tratti virtuosi più interessanti e soprattutto quelli replicabili anche in altri contesti. Proveremo anche a discutere i limiti del modello delle superstar cities e i rischi che questo modello può comportare per i grandi luoghi dell’innovazione contemporanea.

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