Geopolitica
Medioriente: vesti stracciate ma intrise di petrolio
La storia è vecchia e risale a tempi immemorabili. Ma il contezioso più recente si è arricchito di una nuova sfida della quale nessuno parla. Su questo giornale apparve nel 2021 il primo accenno che su cosa avrebbe potuto innescare la miccia mediorientale. Nella saga infinita del MO ci sono due convitati di pietra che non appaiono mai nell’analisi dello scacchiere: Putin e Trump.
Per quanto possa essere oggetto di critiche, non suscitare simpatia ed essere inviso ai più, è Donald Trump uno dei maggiori protagonisti. Prima di lasciare la Casa Bianca, il Tycoon aveva messo, sul piatto della bilancia politica e commerciale planetaria, gli Accordi di Abramo (Abraham Accords, 2020).
Questi vennero siglati tra Emirati, Israele, Marocco e ridefiniscono il ruolo degli USA nel Medio Oriente. Il primo accordo è quello tra Emirato del Bahrein e Israele, firmato dall’Emiro Re Hamad bin Isa bin Salman al-Khalifa e dall’allora Primo ministro israeliano Netanyahu. Il secondo è un accordo congiunto tra Il Regno del Marocco, gli Stati Uniti d’America e lo Stato di Israele. Il terzo consacra nuovi rapporti diplomatici e commerciali tra Israele ed Emirati Arabi Uniti. Un vero e proprio Trattato nei cui 12 punti si puntualizza la necessità di pace in MO, la stabilizzazione dei rapporti diplomatici e soprattutto nuove relazioni commerciali multifocali sui seguenti punti: Finanza e investimenti, Aviazione civile, Visti e servizi di consolato, Innovazione, commercio e relazioni economiche, Salute, Scienza, tecnologia e uso pacifico dello Spazio, Turismo, cultura e sport, Energia, Ambiente, Istruzione, Accordi marittimi, Telecomunicazioni e servizi postali, Sicurezza alimentare e nell’agricoltura, Acqua, Cooperazione legale.
Tra questi punti spiccano Ambiente ed Energia che costituiscono il core dell’Accordo. Né manca l’accordo con il Sudan, utile postazione per il controllo con gli Houti del Mar Rosso.
Malgrado un non recente cambio di Governo israeliano da Netanyahu a Bennet, l’accordo ha avuto poi nel marzo 2022 un successivo suggello a Sde Boker, nel deserto del Negev, tra i Ministri degli esteri di Israele, USA, Marocco, Egitto, Bahrein, Emirati Arabi Riuniti. Marocco nella fascia occidentale africana e Sudan in quella orientale con gli Emirati, costituiscono una fascia di protezione e di containment nello scacchiere afro-mediorientale, assicurata per futuri interventi geopolitici e commerciali USA [1]. Ed ancora Trump! Prima di lasciare la Casa Bianca, unitamente al protocollo di interventi a favore dell’Ucraina, molti mesi prima che il contenzioso con la Russia sfociasse in conflitto, prendeva corpo il progetto Poseidon (foto di copertina), la costruzione di una pipeline che avrebbe attraversato il mar Mediterraneo, partendo dalle coste off-shore di Israele per drenare gli enormi giacimenti di Aphrodite, Tamar, Leviathan (680 trilioni di m3), di interesse israeliano e quello egiziano Zohr (850 trilioni m3). Un’area da cui è possibile estrarre almeno 1600 trilioni di m3.
Il 2 giugno 2017 Gazprom, Edison e DEPA, consociata Edison, hanno siglato un accordo di cooperazione volto a stabilire una rotta meridionale per le forniture di gas dalla Russia all’Europa, che attraverserebbe la Turchia verso la Grecia e oltre l’Italia, appunto il Poseidon (East-Med pipeline). A ciò si aggiunga il Turk Stream, gasdotto che si estende attraverso il Mar Nero dalla Russia alla Turchia e oltre il confine con la Turchia con i Paesi limitrofi. La prima stringa del gasdotto è destinata ai consumatori turchi, mentre la seconda stringa fornirà il gas all’Europa. La costruzione offshore di Turk Stream è iniziata nel maggio 2017.37F[2]
La fascia di protezione afro-arabica voluta da Trump con gli accordi sopra riferiti costituisce una preventiva protezione del Mediterraneo, squassato dalla guerra libica, dal conflitto siriano che hanno posto in essere nuovi assetti con la presenza turca in Libia e il controllo di importanti raffinerie come Zawia e dove sono presenti Compagnie come ENI, la francese Total, la British Petroleum, che un paio di anni fa ha concluso un accordo di collaborazione con NOC ed ENI per lo sfruttamento di alcuni campi di esplorazione; la spagnola Repsol, impegnata nel bacino di Murzuq insieme a NOC, Total, la norvegese Hydro e l’austriaca OMV; le holding USA Exxon-Mobil, Conoco Philips, Chevron, Hess. (2)
In base ai dati dell’International Agency for Energy (IAE), la Libia estrae circa 1.7 mln di boe/day, come terzo Paese produttore in Africa (dopo Angola e Nigeria) e nei primi quindici al mondo.[3] ibidem. La fascia protettiva ibidem da Trump appare operazione politica ben diversa dalla cosidetta “Primavera Araba” del suo predecessore Obama. Nessun intervento di presunta emancipazione dei popoli, nessun riferimento a diritti civili negati, nessun riferimento al drammatico problema delle migrazioni di massa che squassano l’Europa. In addendum l’accordo con il Marocco assicura una branca della tenaglia protettiva, entra a gamba tesa nei rapporti storici tra una potenza coloniale, la Francia e il suo più storico legame con il Paese africano che tuttora è legato a Parigi da una presenza culturale stabile e che intrattiene forti legami commerciali, giacchè il Marocco appare una forza economica trainante dell’occidente africano. Basti pensare che nel 2018 ha firmato l’accordo per l’istituzione di una zona di libero scambio continentale africana (ZLECA), per la istituzione di un mercato comune, con oltre 1 miliardo di consumatori un prevedibile + 52% del commercio intra-africano.[4]. Questi interventi hanno posto il Qatar in posizione esterna rispetto agli Emirati, ne hanno condizionato le sanzioni subite, e lo hanno praticamente gettato tra le braccia sciite del cartello Iran-Russia-Siria-Hezbollah. Il quale mare è una sede di ricchissimi giacimenti. Come il super-giant di gas rilevato a Zohr, nello Shorouk, offshore dell’Egitto a circa 190 chilometri a nord di Port Said, con una potenzialità di oltre 850 miliardi di metri cubi di gas (circa 5,5 miliardi di barili di olio equivalente). Bisogna dare atto alla nostra ENI di averlo individuato e scoperto nel 2015 e successivamente di aver ottenuto una quota di partecipazione del 60%, da condividere con Rosneft il 30% e BP il 10%, senza dimenticare (la regola d’oro di Mattei) il paese ospite. Infatti la gestione avviene mediante la Petrobel, società di cui cointestatarie sono ENI ed Egyptian General Petroleum Corporation (Egpc), che rappresenta Petroshorouk, a sua volta compagnia gestita pariteticamente da ENI e dalla società di stato Egyptian Natural Gas holding Company (EGAS).
Lo scacchiere ha altre prerogative. Il Leviathan, ad esempio, che contiene altri 680 miliardi di metri cubi di gas, nelle acque offshore di Israele. E qui entra in gioco il Poseidon.[5] La pipeline che fa gola a tutti i Paesi dello scacchiere. Fatto sta che i ricchissimi giacimenti del Mediterraneo Orientale premono soprattutto a Israele e alla Turchia e questo ha richiesto una massiccia presenza degli USA in quello scacchiere sotto le vesti di necessità bellica. Così si arriva al 2018, quando si fronteggiano USA e Russia, con i rispettivi alleati, Israele e Turchia, direttamente sul suolo siriano. Difficile trovare motivazioni religiose o di copertura come la protezione del popolo curdo e di quello siriano dal dominio Daesh in profonda decadenza. Già da tempo, ormai immemorabile (2016), Robert. F. Kennedy jr. ha ricostruito una trama complessa e articolata, che coinvolge direttamente o indirettamente gli Stati Uniti, le monarchie del Golfo, Israele, la Turchia, l’Iran, la Russia. Malgrado la sua teoria sia stata ampiamente confutata nei mesi successivi dal corso degli eventi,[6] i fatti recenti la accreditano come unica spiegazione di logica geopolitica. Se quanto sopra riferito gode di un minimo di credibilità geopolitica, Putin aspetta il rientro di Trump per siglare l’armistizio in Ucraina, la discesa in quell’area per completare l’ accerchiamento di Israele tra il Mediterraneo orientale e l’Iran, con buona pace di Donald che inizierà presto il suo tour Latino-Americano, atteso a cena da Milei a Buenos Aires, tanto per rinverdire i fasti cileni dei Chicago Boys che tanto contribuirono alla destituizione del cileno Allende. La Curva Nord della sinistra per Israele e la Curva Sud per Gaza dovrebbero cominciare a litigare con altri veri players di questo gioco perverso e ritenersi entrambe vittime dell’imperialismo del petrolio.
[1] Il Post Cos’è rimasto degli Accordi di Abramo, 29 marzo 2022.
[2] Ferrara A. et al. Oil Geopolitics, Agora&CO, Lugano, 2019.
[3] Assogna A., Fondazione Tarantelli. La Libia e la sua organizzazione dell’energia, 2020.
[4] Ministero degli Affari esteri del Governo Italiano.https://www.infomercatiesteri.it/relazioni_internazionali.php?id_Paesi=110#.
[5] . http://www.frontiere.eu/9673-2/ partita a scacchi nel Mediterraneo; Ferrara A. et al. Oil Geopolitics. Agora&CO, Lugano, 2019.
[6] Kennedy R. jr. Why the Arabs don’t want us in Syria. Politico.eu, 2016.
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