Macroeconomia

La Grecia tra un punto inamovibile ed una forza irresistibile

13 Marzo 2015

Dopo l’accordo di febbraio la Grecia è uscita dalle prime pagine dei giornali per farvi raramente ritorno. Ma i quattro mesi di prolungamento del piano di assistenza passano presto e le trattative sono sempre state in corso. Grecia e Germania hanno dato luogo alla più classica delle negoziazioni: ognuno ha estremizzato le sue posizioni, ha cercato alleati blandendo e minacciando, ognuno ha fatto temere il fallimento delle trattative e il conseguente disastro. Come nella più classica delle negoziazioni l’accordo è arrivato di venerdì all’ultimo momento disponibile: se non fosse stato siglato, probabilmente durante il fine settimana il governo greco avrebbe bloccato i conti correnti e imposto vincoli alla circolazione dei capitali, visto il flusso che stava mettendo a dura prova il sistema bancario ellenico. Questa sceneggiatura promette di riproporsi nei prossimi mesi.

La posizione della Grecia sembra essere stretta tra un punto inamovibile ed una forza irresistibile. Il punto inamovibile è la sua partecipazione all’euro: da una parte l’ingresso nella moneta unica è a senso unico in quanto non sono previsti i passi legali per uscirne, dall’altra il rischio di ritrovarsi fuori dai mercati dei capitali per alcuni anni con una moneta deprezzata, una crisi bancaria e pochi beni realmente commerciabili internazionalmente riduce drasticamente le possibilità di Atene perseguire questa via. Dall’altra, l’uscita dall’euro non sarebbe una opzione che gli altri membri più deboli dell’eurozona possono vedere con favore. Nel momento in cui si verificasse si dimostrerebbe che la moneta unica non è stabile e partirebbero subito le scommesse su chi sarebbe il secondo paese ad uscire. Questa è la forma più pericolosa di contagio al momento, in quanto in sé le perdite di un eventuale default greco sarebbero economicamente accettabili in quanto abbastanza limitate, ma l’effetto sulle aspettative potrebbe essere estremamente pericoloso, a partire dai tre paesi che hanno ottenuto l’assistenza della Troika negli ultimi anni. Irlanda, Portogallo e Spagna hanno praticato una dura politica recessiva negli scorsi anni – con un certo successo essendo ora rientrati sui mercati finanziari e mostrando tassi di crescita interessanti – rischierebbero di trovarsi nella stessa condizione di tre anni fa. L’Italia e in prospettiva la Francia potrebbero essere gli altri paesi in lista per il contagio. E’ vero che in questa fase il mercato delle obbligazioni è drogato dal Quantitative Easing della Banca Centrale Europea, con tassi di interesse che continuano a scendere dappertutto, ma questa è una politica necessariamente temporanea, come dimostrano per vie molto diverse gli Stati Uniti e la Svizzera.

La forza irresistibile è quella dei mercati, sia quelli internazionali, sia quelli nazionali. Da una parte gli investitori richiedono tassi sempre più alti per prestare a breve alla Grecia, dall’altra il ritiro dei depositi da parte dei risparmiatori greci nelle settimane successive alla vittoria di Syriza è stata la prova dell’assenza di fiducia da parte degli stessi greci nella possibilità di rimanere nell’euro.

Chiuso in questa morsa, la posizione del governo greco presenta punti di forza e di debolezza. Il principale punto di forza è la necessità per i paesi della periferia di evitare la Grexit e quindi il contagio. Su questa base il governo può aspettarsi che vi saranno concessioni tali da evitare questo esito. Dall’altra parte è anche un punto di debolezza: se la posizione greca si irrigidisse eccessivamente ed i mercati la mettessero alle corde, il governo Tsipras dopo aver bloccato i movimenti di capitale e l’accesso ai conti correnti non avrebbe molte altre possibilità che dimettersi, come successe in Argentina al momento della crisi con un susseguirsi di governi.

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