Macroeconomia
Il paziente italiano #2 Sulla reale situazione economica dell’Italia
Il paziente italiano – 2
di Heiner Flassbeck
[ Traduzione di Michele Paratico ]
Abbiamo mostrato nella prima parte che l’Italia si trova in una disastrosa situazione economica, che solo in parte è attribuibile al paese stesso. Quali vie di uscita da questa miseria ci sarebbero e perché sono bloccate?
Il punto di svolta nella più recente storia economica italiana è stata la crisi finanziaria del 2008/2009. L’Italia è caduta in una profonda recessione, come abbiamo mostrato nella prima parte, e da allora non ne è più uscita. Molto chiaramente lo si può vedere anche dagli investimenti (Grafico 1 / Abbildung 1). Diversamente dalla Francia e dalla Germania, dove gli investimenti, dopo un leggero recupero successivo alla grande recessione, continuano a ristagnare, in Italia si è verificata un’enorme caduta.
[ Qui sotto: “Reale Bruttoanlageinvestitionen” = “Investimenti industriali in termini reali” ]
Questo si vede anche dalla quota degli investimenti sul PIL (Grafico 2 / Abbildung 2), che da un livello assolutamente adeguato crolla a un livello, inferiore al 17% del prodotto interno lordo. Questo è successo anche in Francia e in Germania, e non è da giudicarsi affatto in maniera positiva, ma, rispetto all’Italia, a F e D è andata di gran lunga meglio.
[ Qui sotto: “Investitionsquote” = “Quota degli investimenti sul PIL” ]
Da dove trae origine la brutale diminuzione degli investimenti? Ora, questa ha certamente a che fare con l’incapacità degli esportatori italiani di riagganciare il mercato internazionale dopo la recessione. Ma questa, da sola, non spiega la caduta degli investimenti. Alla debolezza delle esportazioni si accompagna un’ eclatante debolezza del mercato interno. Nel paese c‘è stata nel 2012, quindi dopo lo scoppio della crisi nella unione monetaria europea, anche una fortissima riduzione dei già deboli consumi privati (Grafico 3 / Abbildung 3), a cui si aggiunge una marcata riduzione dei consumi statali (vedi: Grafico 5 / Abbildung 5)
[ Qui sotto: “Realer privater Konsum” = “Consumi privati in termini reali”]
Il crollo dei consumi privati, che quantitativamente per l’Italia gioca un ruolo molto grande (la sua quota nel PIL è del 60%), avviene contemporaneamente all’enorme aumento della disoccupazione dall’ 8%, immediatamente successivo alla recessione, ad un nuovo picco del 12% (Grafico 4 / Abbildung 4). È evidente che l’insicurezza dei consumatori, in seguito alla paralisi della politica economica, ha fatto sì che la crisi immediatamente si potenziasse.
[ Qui sotto: “Arbeitslosigkeit in der EWU” = “Disoccupazione nell’Unione monetaria europea” ]
A ciò va aggiunto che pure lo Stato – pur sempre con un peso equivalente ad un terzo del consumo privato – ha ridotto chiaramente le sue spese.
[ Qui sotto: “Realer staatlicher Konsum” = “Consumo dello Stato in termini reali” ]
Il crollo del consumo privato è stato determinato solo in piccola parte dalle variazioni degli stipendi reali (Grafico 6 / Abbildung 6). Lo paga oraria in termini reali in Italia, fino al 2010, ha avuto una dinamica grosso modo come in Germania. È dunque cresciuta solo di pochino.
[ Qui sotto: “Reallohn” = “Salario in termini reali” ]
In Italia però, completamente al contrario che in Germania, una stagnazione del salario reale è stata in gran parte in sintonia con un debole sviluppo della produttività (Grafico 7 / Abbildung 7)
[ Qui sotto: “Produktivität” = “Produttività” ]
Effettivamente la dinamica della produttività in Italia era già molto debole prima che entrasse in gioco la debolezza degli investimenti. Ciononostante al paese era riuscito di mantenere lo sviluppo del salario reale nell’ area di crescita della produttività senza grossi conflitti interni. Cosa che di per sé sarebbe stata sufficiente a garantire la stabilità dei prezzi e pure la stabilità della reale domanda delle famiglie.
Che la Germania, il più importante partner commerciale, si dotasse di una politica completamente diversa e controproducente per l’Italia, non se lo aspettavano in Italia. Dunque si è anche reagito troppo tardi.
Quale politica economica è adeguata?
Da queste premesse è chiaro per ognuno che la soluzione deve venire dallo Stato. I saldi di finanziamento dei tre settori interni e dell’estero (Grafico 8 / Abbildung 8) non lasciano nessun dubbio. Di conseguenza in Italia c’è solo lo stato che può attuare gli investimenti necessari.
[ Qui sotto: “Finanzierungssalden der Wirtschatssektoren in Italien 1991 – 2015” = “I saldi di finanziamento dei settori economici in Italia dal 1991 al 2015 ” ]
Private Haushalte = famiglie / Unternehmen = imprese / Staat = stato / Ausland = Estero -(saldo tra import e export)
1) in % del PIL nominale
2) un valore negativo significa un indebitamento (nel nostro caso, del settore estero e dello Stato)
I risparmi delle famiglie, che prima in Italia mostravano una grossa quota, in altre parole un grande saldo netto positivo, sono scesi ad un livello molto basso dall’inizio dell’ Unione monetaria, livello che durante la crisi mondiale ha sfiorato lo zero. In seguito la quota dei risparmi ha recuperato qualcosa, ma rimane molto bassa. Ma il grande problema in Italia (come in molti altri paesi del resto) sono gli imprenditori.
Con ciò, le carte per l’Italia sono così combinate che solo lo Stato può garantire che i diversi processi di aggiustamento abbiano successo. Ma questo stesso Stato viene costretto dall’Unione monetaria a fare cose sbagliate, specialmente dall’Eurogruppo sotto la guida tedesca.
Tanto per chiarire ancora una volta con precisione: il saldo commerciale positivo, l’ho mostrato nella prima parte, non significa nulla per l’Italia, perché è solo il riflesso della lunga e pesante recessione, e non di un miglioramento della competitività. L’Italia non potrebbe migliorare la sua competitività senza tagliare gli stipendi. Ma questo colpirebbe e comprimerebbe di nuovo la domanda interna. Quindi questa via è impraticabile. Se lo Stato volesse spingere le famiglie a ridurre ancor di più la loro già bassa quota di risparmio (cioè indurle a consumare di più, ndt), in un contesto di tassi d’interesse nulli, si imbarcherebbe in un’impresa rischiosa e insensata.
Il problema decisivo in Italia sono gli imprenditori. Portare gli imprenditori da una posizione di saldo positivo di finanziamento all’ indebitarsi, per fare investimenti, non è ancora stato tentato da nessuno e sarebbe sicuramente ancor più rischioso che farlo con le famiglie. Fuori dai denti: non esiste nessun sofisticato e provato meccanismo d’azione, al quale uno stato voglia ricorrere, che possa costringere gli imprenditori a compiere la loro decisiva funzione nella economia di mercato, ovvero quella di finanziare i propri investimenti ricorrendo ai crediti. Solo lo Stato, indipendentemente dal livello del suo deficit e del suo indebitamento globale, può dare impulsi per rianimare l’economia. Ma proprio questo gli viene vietato dalle regole dell’Unione monetaria.
Heiner Flassbeck
[ Traduzione di Michele Paratico ]
Vedi qui prima parte
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Nota al testo
Ho ricevuto questo testo in mailing list dall’amico Beppe Vandai, un intellettuale lombardo che vive tra la Germania e la natia Treviglio. Vandai, instancabile lettore e animatore di iniziative culturali sia ad Heidelberg come a Treviglio, si segnala anche per il forum “Risorse” che coordina nella vivace cittadina lombarda e in cui vengono dibattuti temi di cultura economica.
Questa la presentazione di Vandai del testo di Flassbeck sopra pubblicato:
“Flassbeck è senza ombra di dubbio uno dei migliori economisti tedeschi. Ma, niente paura, è uno fuori dal coro. È un post-keynesiano che già lavorò presso l’istituto di ricerche economiche DIW di Berlino, quale responsabile della sezione “studio delle congiunture economiche”. Nel 1998-99 è stato vice-ministro delle finanze tedesco, finché Schröder non costrinse alle dimissioni il ministro O. Lafontaine. Subito dopo, e fino al 2012, Flassbeck fu capo economista della UNCTAD di Ginevra, l’istituto delle Nazioni Unite che si occupa soprattutto di sviluppo economico a livello internazionale. Ha scritto di recente, assieme a Costas Lapavitsas, “Contro la Troika” (uscito nel 2015 in inglese e in tedesco). Dal settembre scorso è disponibile anche in italiano, presso l’editore triestino ASTERIOS. Un libro da non perdere.
Michele Paratico, un amico trevigliese, ora di stanza in Baviera, ha tradotto i due articoli da Makroskop. Lo ringrazio tantissimo”.
a.s.
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