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Il liberismo è patrimonio culturale della sinistra
Storicamente il liberismo, quello dello Stato ridotto ai minimi termini e dell’anarchia del mercato economico e finanziario, è considerato essere un pensiero economico più affine alla destra, invece imbrigliare i mercati, vincolarli ed impedirne il funzionamento per raggiungere scopi sociali sarebbe considerato essere un’agire di sinistra.
Se nel corso degli ultimi vent’anni il centro destra rappresentato da Berlusconi e da Forza Italia non è stato in grado, al contrario dei proclami enunciati nelle varie campagne elettorali, di dare un’impostazione liberale al paese, i dibattiti all’interno dell’alveo della centro sinistra su come rendere il nostro paese più snello e competitivo attraverso politiche economiche e strutturali più liberali, sono state le cause principali delle crisi dei passati governi guidati dal centro sinistra, e stanno attualmente caratterizzando lo scontro interno al Pd nel governo Renzi.
La meritocrazia, le liberalizzazioni e la riduzione della spesa pubblica sono concetti che dovrebbero essere condivisi sia da destra che da sinistra.
Nel nostro paese la meritocrazia e l’eguaglianza delle opportunità non rappresentano i principi fondanti della nostra società. Il sessantotto, pur avendo portato una ventata di riformismo e di novità nella società italiana, a causa dell’ortodossia dell’egualitarismo, ha in parte offuscato il principio meritocratico, riducendo così al lumicino lo strumento cardine a disposizione alle classi meno abbienti per intraprendere quella che viene definita la scalata sociale: infatti i figli dei notai, dei medici, degli avvocati e dei professori universitari, prevalentemente continuano ad esercitare la professione dei genitori in quanto parte avvantaggiato, in una società incline alle lobby ed alle corporazioni, chi si trova già in una posizione privilegiata. Invece il figlio di un operaio ha poche possibilità di accedere a posti qualificanti perché partirà con uno svantaggio acquisito.
Un infelice esempio sulla necessità di maggiore meritocrazia è rappresentato dal pubblico impiego, in quanto la maggior parte delle promozioni non avviene per merito ma per anzianità di servizio. Infatti il singolo non ha alcuna necessità di dimostrare le proprie capacità per ambire alla promozione in quanto non deve fare altro che aspettare che gli anni passino per ricevere la “meritata” promozione.
Liberalizzare il mercato dei beni e dei servizi significa eliminare tutte quelle rendite di cui godono alcune categorie professionali e produttive le quali, drogando il libero mercato, hanno talvolta costretto i consumatori a pagare costi maggiori per ottenere beni e servizi che, in regime di scarsa concorrenza, potrebbero risultare inferiori alle reali attese. Liberalizzando il mercato il consumatore diventerà il maggiore beneficiario ed a trarne più vantaggio saranno coloro che investono una quota proporzionalmente maggiore del loro reddito per l’acquisto di beni e servizi essenziali .
Liberalizzare il mercato significa anche creare nuove opportunità di lavoro oltre che favorire la crescita e l’innovazione in quanto in un ambiente concorrenziale sono maggiori gli investimenti sia nella ricerca di nuovi prodotti che nelle nuove tecnologie. Un mercato in espansione che crea le condizioni per nuovi posti di lavoro.
Un secolo fa in Europa il settore pubblico costituiva meno del 10 per cento del Pil nazionale e in prevalenza gli Stati spendevano per garantire la sicurezza interna e quella internazionale: oggi risulta essere circa il 50 per cento del Pil e le voci di maggior spesa sono rappresentate dal pubblico impiego e dal Welfare .
Nel nostro paese la maggior parte delle entrate provenienti dai tributi vengono spesi per pagare gli stipendi dei dipendenti pubblici e per le pensioni. Se i dipendenti pubblici sono necessari per mandare avanti la macchina dello Stato, nel corso degli anni, l’assunzione statale ha provocato effetti controproducenti sui conti statali e sulla società italiana. L’assunzione pubblica è stata infatti lo strumento primario utilizzato dalla politica come merce di scambio voto/lavoro, in particolar modo nelle regioni del Mezzogiorno, oltre che aver rappresentato uno dei maggiori ostacoli allo sviluppo economico e produttivo del territorio.
Licenziare i dipendenti pubblici è sempre stato considerato un tabù in quanto il settore pubblico è fortemente sindacalizzato e ne costituisce lo zoccolo duro per molte organizzazioni sindacali. Ma pensare ad un prepensionamento per coloro che sono vicini alla pensione, risulterebbe vantaggioso sia per lo Stato, che si troverebbe a pagare un remunerazione procapite inferiore rispetto allo stipendio, sia per i neo assunti che entrerebbero così nel mercato del lavoro. Tali assunzioni dovrebbero però essere proporzionate alla reale necessità dello Stato.
Uno Stato forte ed equo è quello Stato che fa rispettare le regole del mercato per contrastare le rendite monopolistiche che non fanno gli interessi dei consumatori, in particolar modo delle persone meno abbienti, oltre che creare le condizioni giuridiche per ottenere la trasparenza dei mercati finanziari evitando così che i pochi si arricchiscano sfruttando informazioni non disponibili a tutti.
Per esercitare al meglio la funzione di regolatore del mercato lo Stato deve però perdere lo status di proprietario vendendo la maggior parte delle aziende controllate in quanto attualmente ci troviamo in una situazione paradossale dove il controllato, attraverso la politica, è indirettamente il controllore si se stesso.
La funzione regolativa dovrebbe così muoversi su quattro direttrici: la tutela del consumatore; la tutela dei piccoli azionisti che investono i pochi risparmi nel mercato finanziario; incentivare le aziende a produrre nel nostro paese evitando l’esternalizzazione della produzione fuori dal confine nazionale e iniziare un reale processo di liberalizzazioni che concretizzi una reale concorrenza a tutto vantaggio del consumatore.
Chi ha a cuore l’equità, le pari opportunità ed i criteri di merito e non di classe dovrebbe schierarsi in prima linea nelle battaglie a favore di un mercato nel quale vengano fatte rispettare regole del gioco, con politiche fiscali e redistributive efficienti e non solo per pochi privilegiati.
Un politica di sinistra? Un politica di destra? … una politica finalizzata ad avere una società più giusta ed equa.
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