Macroeconomia

E se quello di Taormina fosse l’ultimo G7 in cui c’è l’Italia?

13 Febbraio 2017

A fine maggio, a Taormina si terrà il vertice dei capi di governo del G8 meno 1 (la Russia, dopo i fatti dell’Ucraina nel 2014).

L’Italia, non solo ospiterà il summit ma siederà con pieno diritto accanto ai grandi del Gruppo, composto da USA con 18 trillions $ di PIL, Giappone con 4.9 trillions,  Germania con 3.9 trillions, Francia e UK con 2.7 trillions e Canada con 1.6 trillions, oltre all’Italia con 2,2 trillions $.

Ciò nonostante, chi conosce le debolezze strutturali e congiunturali dell’economia (politica) italiana potrebbe domandarsi fino a quando l’Italia resterà nel G7, considerato ad esempio che il Messico, per restare solo tra i paesi OCSE, totalizza un PIL di poco inferiore.

Partiamo da una semplice scomposizione:

il pil pro capite si può vedere come il risultato della produttività oraria del lavoro per le ore lavorate in media da ogni occupato per il tasso di occupazione della popolazione.

In simboli:

PIL/POP  = PIL/H  *  H/L  * L/POP

I dati (fonte OCSE) mostrano che da metà degli anni ’90 il reddito pro capite dell’Italia, strutturalmente inferiore alla media del G7, ha cominciato a divaricarsi (Fig. 1)

FIG.1

Le tre “determinanti” (a destra nell’equazione) mostrano che la produttività oraria è precipitata sotto quella del G7 a partire da inizio degli anni 2000, in coincidenza con l’ingresso nell’euro (Fig. 2); la caduta relativa del reddito è stata in parte compensata da una minore discesa delle ore lavorate per occupato (Fig. 3) ma aggravata da una strutturale bassa e statica partecipazione della popolazione all’occupazione (Fig. 4).

FIG. 2

 

FIG. 3

FIG. 4

 

In termini di tassi di crescita:

Dagli anni ’90 al 2015, quando il gruppo del G7 (nonostante l’Italia) è cresciuto in termini di PIL pro capite reale del 31%, il nostro paese ha visto appena un +9.4%

In sintesi, abbiamo prodotto meno per unità di lavoro e con una partecipazione all’occupazione relativamente bassa.

La faccia speculare dell’occupazione è il tasso di disoccupazione (Fig. 5) ormai su livelli da allarme sociale.

FIG. 5

Da questi dati di fondo non può prescindere il dibattito sul reddito minimo. Finché la disoccupazione è un fenomeno temporaneo e/o marginale può essere sostenibile finanziare, all’interno di un singolo paese, un reddito di disoccupazione. Se diventa un fenomeno di massa (oltre 3 milioni di disoccupati, un settimo del G7, quando il reddito dell’Italia è un sedicesimo del G7…) la soluzione all’impoverimento generalizzato può solo venire dalla crescita o dall’appartenenza a un’area economica (e solidale) più vasta o da entrambe le cose.

La profezia di Keynes (Economic Possibilities for our Grandchildren, ottobre 1930) secondo cui entro 100 anni l’umanità avrebbe conosciuto una crescente disoccupazione dovuta al progresso tecnologico e nello stesso tempo la completa liberazione dal problema economico, sembra rivelarsi una mezza verità per l’Italia: purtroppo la metà sbagliata.

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