Famiglia

Economisti tessono le lodi degli 80 euro e scoprono i subprime italiani

10 Settembre 2015

Siamo accerchiati da politici che in televisione rimandano, per gli 80 euro, agli “economisti”, una metonimia che sta per uno studio di due di loro, Stefano Gagliarducci e Luigi Guiso che avrebbero (mai condizionale fu più appropriato) provato che i famosi 80 euro sarebbero stati spesi. A dire il vero, anche i politici tirano in ballo gli economisti “en passant” e per inciso, perché non se la sentono di infierire con il risultato: i più poveri tra quelli chi hanno ricevuto gli 80 euro ne avrebbero spesi 137. Per via di serindipity, l’arte di trovare ciò che non si cerca, il lavoro solleva però una questione che non è stata abbastanza discussa: il fatto che dei 130 euro 77 sono andati a pagare il mutuo. Che i nostri economisti abbiano scoperto i mutui “subprime” italiani? Se gli 80 euro sono stati spesi più per il mutuo che per spese alimentari, e solo per la fascia di reddito più basso, il lavoro documenta una sofferenza delle famiglie che avrebbe richiesto interventi molto diversi dal “bonus”, e forse a costo minore.

Cominciamo con il dire che bene fanno gli autori a riconoscere che il lavoro è stato fatto sotto gli auspici del Principe. Infatti, ancora oggi ci chiediamo se il Principe sia stato scritto in omaggio al ritorno dei Signori di Firenze o per “temprare lo scettro ai regnatori”. Qui la realtà è più prosaica, almeno vista da chi ha fatto lo stesso lavoro di Guiso in un rinomato servizio studi. All’Ufficio Studi della COMIT, dove ho lavorato io, e al Servizio Studi della Banca d’Italia, dove ha lavorato Guiso, era in uso la parola “embargo” per definire il tempo di uscita di uno studio. Nessun lavoro “ancora in corso di perfezionamento”, come riconoscono gli stessi autori, sarebbe mai uscito dall’embargo Senz’altro non sarebbe uscito, se non già discusso e steso in versione finale, per consentirne la citazione alla sagra di Cernobbio o alla “prima” di Porta a Porta.

L’“embargo” era una questione di reputazione, delle istituzioni e degli uomini. E qui si è fatta strage di reputazione. Lasciamo stare gli autori, in attesa che “perfezionino” il lavoro. C’è andato di mezzo questo “Nucleo tecnico per il coordinamento della politica economica” della Presidenza del Consiglio, perché non ha applicato l’embargo. Si tratta di un nucleo “tecnico” nel senso delle scienze economiche o della comunicazione? Ci hanno rimediato una brutta figura anche gli amici di “lavoce.info”, che si distinguono per il lavoro di “referaggio” che applicano ai pezzi che pubblicano. In questo caso non hanno fatto domande ovvie, e sono cascati come polli in vecchi trucchi del mestiere. Eccone uno per tutti. Gagliarducci e Guiso trovano che 60 euro sono stati spesi in beni alimentari e che questa somma è statisticamente diversa da zero, e in un altro passo dicono che la volatilità è elevata. Quanto elevata? Questo avrebbero dovuto chiedere gli amici di lavoce.info. Se per “statisticamente significativo” si intende al 5% di probabilità, come si usa, questo vorrebbe solo dire che l’errore statistico delle stime è inferiore a 30. Se l’errore medio fosse 25, ad esempio, i 60 euro spesi sarebbero statisticamente maggiori di 0, ma non di 10 euro (60 – 25X2). La stessa questione si pone per il modo in cui gli autori cercano di togliersi dall’imbarazzo di questi 137 euro spesi a fronte degli 80 ricevuti. Gli autori ci rassicurano che “dato l’elevato margine di errore delle stime” queste stime i 137 euro non sono “statisticamente” maggiori di 80. Per dirla in soldoni, “ballano” almeno 57 euro di differenza. Ma poiché l’errore vale anche in senso opposto, dicendo questo gli autori ci comunicano che non è neppure statisticamente inferiore a  194 (137 + 57).

Ma lasciamo perdere i numeri e l’errore statistico, che alla fine dovremo conoscere (io sarei tentato comunque di scommettere sul mio 20-25 di errore statistico sui consumi), e veniamo sulla vera sorpresa del lavoro. E’ il fatto che le famiglie più povere, le più povere anche tra quelle che hanno preso gli 80 euro, li abbiano utilizzati più per pagare il mutuo che per consumi alimentari. Togliendo di mezzo l’evasione e la truffa al fisco, che non può certo rappresentare il dato medio, da questo risultato emergono famiglie in dissesto patrimoniale. Pane e mutuo. Non sorprende che non si trovi impatto sui beni durevoli, come affermano gli economisti: in famiglie come queste frigorifero e lavatrice sono tutte modello Highlander, del tipo “ne resterà solo uno”.  Ma questo solleva una domanda: erano gli 80 euro il modo di porre rimedio a questa sofferenza di tipo patrimoniale? Ed è questo dissesto patrimoniale che ha limitato l’impatto (se ci è stato) degli 80 euro? E non sarebbe il caso di concentrare su questa fascia della popolazione la riduzione delle tasse sulla prima casa?

Per questo, sulla base di questa evidenza il principe Serendippo ed io ci sentiamo di fare due proposte al Principe italiano, e al suo prode “Nucleo tecnico”. Primo suggerimento: sponsorizzi una ricerca dal titolo: “Esistono i mutui subprime in Italia? E quanti sono?” Questo giusto per avere un’idea della dimensione del fenomeno. Secondo suggerimento. Se ci sono “subprime”, o comunque casi di dissesto patrimoniale delle famiglie, agisca. Agisca sul piano della legge, consentendo a queste famiglie di dichiarare il proprio dissesto, e di poter rinegoziare il proprio debito, tagliandolo se è insostenibile. Non sono un giurista, e scorrendo la rete risulta che una legge del 2012 c’è, ed è nota come legge “salva-suicidi” ma non basta. E non bastano nemmeno i tavoli con le banche, e le moratorie. Ci vuole una legislazione che non riguardi i casi estremi, ma che arrivi al cittadino medio di basso reddito, documentato da questa discussa ricerca, che invece di consumare è schiacciato dal debito. Del resto, se noi insieme all’Europa abbiamo richiesto ai greci di fare il codice di procedura civile in tre giorni, noi in un mesetto potremmo pure inventarci un diritto fallimentare per famiglie.

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