Geopolitica
Cosa cambierà per l’Irlanda dopo #Brexit?
A prescindere dal risultato dei (lunghissimi) negoziati di recesso che si terranno nei prossimi anni, Brexit avrà un significativo impatto politico ed economico su tutto il continente. Ma saranno i vicini irlandesi a sperimentare per primi in modo massiccio, – e non necessariamente positivo – le conseguenze del referendum. La distribuzione del voto mostra chiaramente che le aree indipendentiste del Regno Unito, l’Irlanda del Nord e la Scozia, si sono espresse a favore della permanenza nell’Unione.
Da questa situazione la Repubblica d’Irlanda potrebbe trarre dei vantaggi, se riuscirà a superare le prime fasi di incertezza, soprattutto economica, conseguenti al farewell della Gran Bretagna.
Rischi e opportunità economiche
Il ministro delle finanze irlandese Michael Noonan ha dichiarato che Brexit costerà alla Repubblica un totale di 3 miliardi di euro. Al momento il valore degli scambi commerciali tra Regno Unito e Irlanda ammonta a circa 1,2 miliardi di euro alla settimana; secondo un report dell’ESRI (Economic and Social Research Institute) questo valore rischia di crollare del 20%.
L’economia irlandese è tradizionalmente trainata dalle esportazioni: il crollo della sterlina (una delle prime conseguenze tangibili di Brexit a cui abbiamo assistito questa mattina) potrebbe seriamente danneggiarle. Le ripercussioni più gravi si avrebbero sul settore agroalimentare, che dall’export dipende in grande misura.
Sul lungo periodo, tuttavia, la situazione potrebbe rivelarsi favorevole: già un paradiso per quanto riguarda gli investimenti diretti esteri, l’Irlanda resterebbe anche l’unico paese di madrelingua inglese dell’Unione Europea. Questo potrebbe portare a un’ ulteriore crescita degli investimenti stranieri sul territorio della Repubblica.
Il dilemma dell’immigrazione
Il rischio di una restrizione della libertà di movimento tra Regno Unito e Irlanda potrebbe avere implicazioni negative sul mercato del lavoro irlandese, specialmente in caso di elevata disoccupazione: il Regno Unito resta infatti una destinazione importante per gli emigranti in cerca di impiego. Gli irlandesi residenti in Gran Bretagna godono di uno status speciale, che li parifica ai cittadini britannici in termini di welfare, contributi e pensioni. La ex presidentessa Mary McAleese si è detta preoccupata che l'”Irish status” possa essere messo a repentaglio in caso di vittoria del “leave”.
Le relazioni con il Nord
Forse la questione più scottante al momento riguarda il confine, the Border, tra Repubblica e Irlanda del Nord. Saranno reintrodotti i controlli alla frontiera? Al momento parrebbe di no, secondo le dichiarazioni della segretaria di Stato Theresa Villiers.
Ma altri aspetti delle relazioni tra le due parti dell’isola sono in gioco: la cooperazione giudiziaria, ad esempio, particolarmente importante per contrastare i fenomeni terroristici e di contrabbando lungo la frontiera.
E che dire della sospirata pace, conclusa negli anni Novanta, dopo i Troubles, raggiunta e conservata anche grazie ai fondi europei? Il programma PEACE IV, che copre gli anni 2014-2020 prevede uno stanziamento di 270 milioni di euro. I fondi vengono investiti in progetti educativi e culturali, il cui obiettivo principale è la ricostruzione delle comunità nordirlandesi e di confine, quelle più lacerate dal conflitto. Che ne sarà di queste risorse, ora che il nord non farà più parte dell’Unione?
Nella regione di Belfast, il 55.8% dei cittadini ha votato a favore del “remain”. Lo Sinn Fein, il partito nazionalista, ha supportato la campagna per restare nell’Unione. Ma ora che Brexit è una realtà il Primo Ministro Martin McGuiness invoca a gran voce un altro referendum, un border poll che potrebbe segnare la svolta verso la riunificazione.
Chissà se, dove secoli di lotte hanno fallito, non abbiano successo in questo caso la decisione dei britannici di abbandonare l’Ue e la cecità politica di David Cameron. E chissà se un evento che in prima battuta potrebbe apparire disastroso per l’economia e le relazioni esterne della Repubblica d’Irlanda non si trasformi invece in una grande opportunità storica per il paese.
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