Macroeconomia

Prezzi della carta alle stelle, manuali scolastici e libri in stand by

13 Ottobre 2021

Da settimane il mercato dell’editoria libraria è nel pallone: all’improvviso manca la carta, le richieste alle stamperie si ingolfano e i libri escono in ritardo, saltano le date di lancio previste e come se non bastasse siamo a ridosso della prima edizione del Salone del Libro di Torino da due anni a questa parte (l’ultima era stata a maggio 2019).
Non solo: i bambini e i ragazzi sono tornati a scuola da più di tre settimane e moltissimi dei loro manuali non sono ancora arrivati non solo sui banchi ma nemmeno ai distributori.

Andrea Gessner di Nottetempo racconta che il libro di Judith Shalansky, Il blu non ti dona, stampato con una carta particolarmente di qualità e quindi più rara, subirà settimane di ritardo: “La carta standard che usiamo, e che usano quasi tutti gli editori, c’è: quindi anche se in ritardo, sappiamo che arriva; carte più particolari invece mancano proprio e i tempi per riuscire ad averle diventano inaspettatamente lunghi”.

Ma non è tutto perché a questo si aggiunge uno spropositato aumento del prezzo della materia prima. Negli ultimi sei mesi, secondo Assocarta, la cellulosa ha subito un aumento del 60-70%. Il che si traduce in un rialzo circa del 15% sul costo di produzione di un libro.

Per spiegare cosa sia successo bisogna fare qualche passo indietro. Scopriamo così che non è la prima volta e il rallentamento dell’export negli ultimi mesi, fra porti chiusi e navi in attesa, non è l’unica ragione.

“Questa situazione di mancanza di carta in parte si era già verificata in passato, per esempio nei primi anni 2000, ed è collegata all’aumento delle materie prime: ruota tutto intorno a questo. È aumentata la cellulosa, che è la materia prima principale, e quindi aumenta la carta” racconta Roberto Maggipinto.
Cresciuto da sempre nel mondo delle cartiere, Roberto Maggipinto ora si occupa di approvvigionamento di carta e della gestione dei piani editoriali delle case editrici: una volta ricevuto dall’editore il fabbisogno di libri da stampare con tirature e foliazione conclude accordi con le cartiere per la fornitura di carta e con gli stampatori per la stampa e fornisce il prodotto finito. Da questa posizione privilegiata, e particolarmente vicina proprio alle cartiere, ha potuto osservare come si sono mossi gli attori in gioco.
In un’intervista a Stati Generali spiega che l’aumento della cellulosa non è legato a disposizioni prese dai paesi contro la deforestazione perché le foreste adibite a produzione di cellulosa sono tutte sotto controllo: a ogni albero tagliato ne viene piantato un altro. Il fatto è che la cellulosa è in mano a pochi produttori mondiali (Brasile, Scandinavia, Russia e Canada) che periodicamente decidono di aumentare il prezzo del prodotto: “Si tratta banalmente di manovre speculative”.
A questo si aggiunge certamente il rallentamento dell’export degli ultimi mesi ma soprattutto l’aumento dei prezzi dell’energia di cui si sente parlare in questi giorni e di cui risentiranno tutti i settori. Le cartiere però, come le acciaierie, sono particolarmente “energivore” e il peso di questi aumenti si fa ancora più forte.

La pandemia inoltre ha esacerbato una tendenza che era già in corso prima: l’ampia diminuzione del consumo di materiali stampati, e dunque volantini, brochure, cataloghi, fotocopie. Solo l’editoria libraria ha avuto un incremento, ma sul totale della carta stampata influisce in minima parte. Dunque, molta meno richiesta di carta. E così, di fronte a questa evoluzione del mercato e, spinte dal picco negativo di quest’ultimo anno e mezzo, molte cartiere che producevano carta da stampa, patinata per riviste o per libri, hanno scelto di convertire le loro linee produttive verso altri tipi di carta come quella per i pacchi da imballaggio per l’e-comerce, settore che invece ha visto un fortissimo incremento. Altre aziende addirittura si sono fermate.
L’offerta di carta sul mercato è quindi inevitabilmente inferiore.

Mentre i prezzi della materia prima aumentavano e le cartiere adibite alla carta stampata diminuivano, ci si avvicinava all’estate e alla ripresa e un grande, rinnovato, fabbisogno di carta si riversava tutto insieme sulle aziende rimaste.

Il Ministero dell’Istruzione ha ritardato a dare conferme sulle adozioni dei libri e le case editrici di scolastica si sono ritrovate tutte insieme a luglio a ordinare carta per libri che sarebbero dovuti essere pronti a settembre. E ad aspettarle, c’erano nuovi prezzi e soprattutto nuovi tempi di consegna.
Così è cominciato l’imbuto.
A settembre si è stampato tantissimo e nel frattempo sono anche tornati indietro lavori che storicamente venivano fatti fare in Estremo Oriente, in particolare in Cina, come i grandi cataloghi d’arte che avevano tempi più larghi e costi maggiori in Italia: vista l’eccessivo inaffidabilità sui tempi di consegna causati dalla pandemia, molti di questi lavori sono stati riportati sul continente europeo, e una buona parte sono tornati alle stamperie italiane.

Insomma, tantissimo lavoro, tantissimi libri da stampare, tutti insieme, tutti all’ultimo, con minori capacità di produzione di carta e con costi maggiori.

“C’è stata poca lungimiranza, sono rimasti tutti troppo ancorati alle vecchie abitudini. E pensando si trattasse di una bolla speculativa, molti stampatori si sono semplicemente mossi in ritardo.
In realtà non manca la carta, il problema è che alcuni produttori non sono stati avveduti o non hanno accettato l’aumento dei prezzi” spiega Roberto Maggipinto. E la situazione resterà questa: “a lungo termine, di carta sul mercato continuerà ad essercene meno perché le aziende che si sono convertite non torneranno indietro. Per quanto riguarda i rincari, prevedo che continueranno almeno fino al primo quadrimestre del 2022. Il vero termometro è il costo dell’energia. O si definisce un costo fisso per le imprese nel corso dei primi tre mesi dell’anno oppure queste tensioni continueranno”.

Ma soprattutto gli uffici tecnici degli stampatori e degli editori dovranno imparare a ragionare più a lungo termine facendo previsioni di scorte e anticipando gli ordini per avere tempistiche più ampie. E dovranno farsi una ragione dell’aumento del prezzo. Scegliendo di produrre meno titoli, o producendo solo le copie di cui hanno bisogno, e riducendo così le quantità di reso e di macero. Come? Anche su questo, Roberto Maggipinti ci viene in aiuto: “Sono nato in una cartiera e di carta e produzione dei libri me ne intendo. Se le case editrici riducessero un po’ le loro produzioni e si affidassero alla stampa digitale producendo solo copie già vendute senza avere reso, invece di fare 20.000 copie, venderne 12.000 e sperare che le altre vengano vendute nei 12 mesi successivi, si creerebbe un circolo molto più virtuoso. Dovrebbero rivolgersi a tecnologie diverse che sul momento sembrano costare di più ma che in realtà rispetto ai buchi creati da alti numeri di reso è molto più conveniente. Molti però fanno fatica a capirlo”. Produrre meno e meglio, dunque, potrebbe essere la risposta giusta.

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