Macroeconomia
Breve storia dell’energia elettrica in Italia
L’energia elettrica che consumiamo è tra le più care in Europa: se ci sarà la ripresa, ripartiremo con questo svantaggio, aggravato dal prevedibile rincaro del petrolio.
La cronica mancanza di una strategia energetica, della quale hanno approfittato in tanti, ci ha portati in questa situazione. Ricordarne i passaggi è utile per capire cosa ci aspetta.
Si comincia nel ’62: in pieno boom economico, i politici sanno che l’energia elettrica sarà un grande affare e Fanfani la nazionalizza, creando Enel che rileva tutte le imprese elettriche, strapagando centrali e reti di trasmissione.
Fino ad allora, l’energia elettrica era stata prodotta e gestita da aziende medio-piccole, sparse sul territorio, in qualche modo collegate e controllate da poche aziende più grandi.
Enel rileva anche 3 centrali nucleari – delle 52 operanti in tutto il mondo – centrali a carbone e numerose idroelettriche, vanto dell’ingegneria e dell’industria italiana.
L’industria elettromeccanica nazionale sta lavorando da tempo sulle licenze americane, svizzere e tedesche ed è pronta per le centrali termoelettriche, che Enel realizzerà negli anni ’70.
La prima crisi petrolifera del ‘73 fa capire che il petrolio non sarà più a buon mercato e che é corretto il programma nucleare di Enel, rilanciato con le centrali di Caorso, di Montalto di Castro e di Trino Vercellese.
Il piano energetico nazionale del ‘75 conferma la scelta nucleare e autorizza Enel a costruire nuove centrali. La seconda crisi petrolifera del ’79 fa crollare i consumi e Enel non costruisce più centrali; le industrie elettromeccaniche, che lavoravano prevalentemente per Enel, si spostano sui mercati esteri, dove la concorrenza è molto agguerrita.
Nel ‘83 arriva il gas algerino e i comuni ricevono contributi per distribuirlo; una battuta del tempo assegna l’acqua ai democristiani e il gas ai socialisti.
E’ il periodo di lottizzazioni e tangenti, pagate attraverso il consiglio di amministrazione dell’Enel, controllato del pentapartito e, solo dopo, si scoprirà perché le commesse dell’Enel erano così remunerative.
Craxi assolverà il sistema in Parlamento: tutti sono responsabili e quindi nessuno è responsabile!
Nel ‘86, subito dopo l’incidente alla centrale nucleare di Chernobyl, viene indetto un referendum senza spiegare bene ai cittadini, quanto sarebbe costata le rinuncia al nucleare. Lo scontato esito referendario segna la fine dell’esperienza nucleare italiana e tutte le centrali nucleari vengono chiuse. Gli investimenti dell’industria vanno persi.
Gli stratosferici costi per lo smantellamento delle attività nucleari finiscono nelle bollette, li stiamo pagando oggi e li pagheremo sempre di più, perché ritornano le tangenti di Sogin.
Molte centrali vengono convertite a gas naturale; quelle a carbone inquinano e i costosi sistemi di trattamento dei fumi saranno spartiti di nuovo a suon di tangenti.
Nel ‘92, alla fine di tangentopoli, a trent’anni dalla nascita, Enel diventa una società per azioni.
In Europa si parla da tempo di energia rinnovabile e nel ‘92 comincia la stagione degli incentivi, prelevati direttamente dalle bollette.
Con la convenzione, o decreto CIP6, sono di nuovo i privati a produrre energia, da fonti rinnovabili e “assimilate”, e a venderla a prezzi regolati.
Nessuno ha mai chiarito come potessero venire assimilati alle energie rinnovabili, gli scarti di raffineria, i rifiuti e, per alcuni impianti, il gas naturale; su questo punto la convenzione lasciava ampi spazi di manovra e dopo vent’anni sono ancora in tanti a marciarci.
La convenzione veniva rilasciata in base a graduatorie, stilate per tipologia di impianto e di combustibile.
Per entrare in graduatoria, bastava indicare un sito, che poteva anche non essere quello definitivo, e una potenza installabile.
Senza verificarne i titoli, al richiedente entrato in graduatoria veniva concessa la possibilità di trasferire la proprietà e addirittura il sito produttivo. Venivano creati così veri e propri crediti finanziari trasferibili: alcune piccole società, o i loro titolari, potevano entrare in graduatoria con più siti, che potevano essere rivenduti, speculando.
Il CIP6 fa nascere centrali ovunque e senza una strategia nazionale.
Ne approfittano i grandi gruppi industriali, che già producono energia per le proprie esigenze, come raffinerie, cartiere e acciaierie e le municipalizzate, con i primi inceneritori. Ne approfittano società di scopo, con o senza un impianto specifico, che utilizzano, o intendano utilizzare, qualsiasi combustibile, riconducibile alle rinnovabili, come per es. il catrame, i combustibili da rifiuti, gli scarti di lavorazione e i cascami termici.
Raccontano che il termine “assimilate”, viene aggiunto nella distrazione generale! I lobbisti convincono il parlamento ad “assimilare” il catrame a un’energia rinnovabile così come il gas naturale, che in effetti è rinnovabile in milioni di anni!
Il decreto viene periodicamente aggiornato dal Parlamento ma ogni volta sbucano cifre nuove; delle graduatorie originali non c’è traccia sul web, come se si volesse dimenticare la vicenda, che invece è maledettamente presente nelle bollette, sotto la voce A3 e da 23 anni.
Dal CIP6 in avanti, ogni Governo si sentirà libero di scaricare di tutto nelle bollette: è di questi giorni l’idea del canone Rai.
Nel ‘95 l’esattore ufficiale diventa AEEG, l’Autorità per l’Energia elettrica e il Gas e le bollette diventano sempre più complicate perché il consumatore non deve capire come gli vengono sottratti i soldi.
Nel ‘99, Bersani vorrebbe liberalizzare ma, visti gli attuali risultati, in termini di costo e di qualità dei servizi per il consumatore, il fallimento è totale. Comunque, viene imposto a Enel di cedere parte delle sue centrali e la rete di trasporto; Enel mantiene però il monopolio della distribuzione, che rafforzerà inventando il contatore intelligente, e si sposta all’estero.
Con Enelpower ritornano le tangenti, per vendere turbine a gas, americane e tedesche, e caldaie a recupero per i cicli combinati.
E’ infatti il momento del gas, e di questo specifico tipo di centrale: deve avere un rendimento elevato perché l’energia viene ora venduta alla borsa elettrica.
Senza un piano nazionale, e con l’intervento delle banche, le vecchie centrali vengono convertite a gas e ne vengono costruite di nuove ovunque; i produttori s’impegnano anche con i Russi per l’acquisto diretto del gas, con i contratti take-or-pay.
Le ultime centrali non sono ancora ultimate che scoppia il boom della “vera” energia rinnovabile, da sole e vento, e ripartono alla grande gli incentivi.
Li pagheremo noi, con le bollette, a botte di più di 12 miliardi di euro all’anno, e per decenni.
Le banche finanziano qualsiasi progetto: i furbi mettono i terreni, i maneggioni li promuovono con le autorità locali, i pannelli sono cinesi e noi garantiamo con le bollette; qualcuno oggi incassa incentivi anche dieci volte l’attuale prezzo di mercato dell’energia in borsa.
Chi produce energia da rinnovabile la riversa per primo in rete e incassa, che venga utilizzata o meno.
Di nuovo si assegnano anticipatamente i diritti a piccole società locali, legate anche all’illegalità e al malaffare che speculano sulla rivendita dei diritti e oggi scopriamo che finisce tutto esentasse in Lussemburgo.
Le rinnovabili, la crisi e il calo della domanda giustiziano le centrali appena ultimate, che funzionano per meno di un quinto del tempo previsto.
Salta Sorgenia, e noi paghiamo con le bollette anche le centrali ferme.
Adesso tutti vogliono chiuderle, perché non sono remunerative; e in effetti abbiamo una potenza installata più che doppia del picco della domanda.
Tutti sono tutti indebitati per miliardi e cercano compratori o alleati; l’industria elettromeccanica nazionale è morta; Ansaldo viene venduta ai Cinesi, che entrano nel capitale dei nostri fondi infrastrutturali e delle stesse strutture.
Sullo scandalo degli incentivi alle rinnovabili sono intervenuti Monti, che ha stabilito un tetto alla spesa massima annua, e Renzi per spalmarli su un periodo più lungo di quello contrattato con gli investitori, un tentativo dall’esito incerto.
Con il freddo alle porte e la crisi ucraina, potremmo tornare a scenari già visti: allora non arrivava il petrolio e adesso potrebbe mancare il gas.
Allora non si potevano fare le centrali nucleari e ora non c’è tempo per fare né ri-gassificatori, né gasdotti, perché tutti si oppongono: gli ecologisti, le regioni, i comuni e lo stesso governo, che voleva abbandonare South Stream e Putin lo ha subito accontentato, cancellandolo.
Niente gasdotto con la Russia, ma trivelle: ai vecchi petrolieri si aggiunge un gruppo di giovani.
Tutti preparavano il terreno da tempo : sul letto di morte del governo Monti, Passera e Clini firmano il SEN – documento di Strategia Energetica Nazionale.
Non viene discusso in Parlamento, ma preso per buono dai Saggi di Napolitano, divenuti i saggi di Letta, poi dallo stesso Letta e infine da Renzi. Il documento é solo una lista di buoni propositi, ma è sufficiente per partire!
Vorrebbe ridare l’autorità in temi energetici al potere centrale e confermare la concessione di numerose aree del paese per la ricerca di idrocarburi: s’incasseranno royalties e tasse, si creeranno posti di lavoro e ridurremo la bolletta energetica nazionale.
Tutti parlano dei milioni di barili, che potremmo produrre in un anno, che equivalgono alla produzione giornaliera dell’Arabia Saudita.
Le ragioni a sostegno di queste decisioni sono, come sempre, altre: se non lo facciamo noi ce lo rubano i Croati o i Maltesi, indipendentemente da quello che c’è sotto. Se Obama frantuma gli USA, lo faremo anche noi: abbattiamo gli ulivi e tiriamo su le trivelle!
Magari in futuro scopriremo le vere ragioni di questa svolta, che comunque dovrà fare i conti con ecologisti e scienziati perché i numeri non sembrano proprio esserci.
Lasciamo trivelle e ambientalisti e torniamo al sito di Enel: “ Enel è la più grande azienda elettrica. Opera nel campo della generazione di elettricità da impianti termoelettrici e rinnovabili con circa 37 GW di capacità installata….. Inoltre, Enel gestisce gran parte della rete di distribuzione elettrica del paese e offre soluzioni integrate di prodotti e servizi per l’elettricità e il gas ai suoi 31 milioni di clienti”
Teoricamente potrebbe far fronte, da sola, alla domanda di energia elettrica nazionale: é tornata in posizione dominante anche nella produzione, come nella distribuzione, dove lo è sempre rimasta.
Il nuovo AD, definisce parassiti i traders, cui va anche il merito di aver ridotto il prezzo dell’energia all’ingrosso, senza peraltro alcun vantaggio per i consumatori, che pagano in bolletta oneri di sistema allucinanti.
Con eccezione di Edison e delle municipalizzate pubbliche, gli altri produttori navigano in pessime acque, come Sorgenia; Enel è indebitata per 40 miliardi e non è interessata alle centrali di E.On, che finiranno proprio ad Edison.
Coerente la decisione di Enel di chiudere 23 centrali obsolete; manterrà in servizio solo le centrali più efficienti. Se, e quando, ci sarà la ripresa, saranno queste a determinare il prezzo dell’energia in borsa, come peraltro già accade oggi, in alcune zone del paese.
L’innovazione tecnologica consoliderà ulteriormente il controllo di Enel nella distribuzione: “In Italia è stata avviata, tra i primi paesi al mondo, un’importante innovazione tecnologica per un’intuizione di Franco Tatò che oggi ha reso il nostro paese l’unico a livello globale ad avere completamente digitalizzato la rete di distribuzione con l’istallazione di 36 milioni di contatori digitali all’interno di un sistema completamente digitalizzato. La rete oggi è in grado di gestire grandi complessità, come i 600 mila impianti di generazione presenti sul territorio dai quali affluisce l’energia, senza particolari problemi. E posso annunciare che presto si compirà un ulteriore salto in avanti: dal 2016 metteremo in funzione un nuovo contatore digitale, per dare una serie di servizi aggiuntivi e ulteriori capacità di gestione di questa rete”
L’intuizione di Tatò era il contatore elettronico intelligente, uno strumento metrologicamente illegale e mai omologato. I contatori misurano sia l’energia prodotta degli impianti che quella consumata dagli utenti ; vengono gestiti da sistemi complessi dei quali si sa poco o niente e anche Enel, come dice il suo AD, sembra sorprendersi: “E anche per l’energia elettrica va in questo modo e……a fine anno nei nostri conti puntualmente arriva un flusso di cassa maggiore”.
In posizione dominante, sia nella produzione che nella distribuzione, Enel punta ora al mercato della maggior tutela, che verrà abbandonato, per subentrare con contratti di lungo termine con l’Acquirente Unico, senza dover rendere conto a nessuno, Autorità compresa.
Una più stretta collaborazione con Terna, come auspicato dall’AD, riporterà Enel agli antichi fasti e cioè da dove eravamo partiti cinquant’anni fa. www.edoardobeltrame.com
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