Lavoro

Stand up for care, lavoro e cura insieme per contratto

20 Settembre 2015

Può sembrare un controsenso in tempi in cui il lavoro manca parlare di mondo del lavoro tossico? A leggere il lungo articolo dedicato al tema dal New York times sembra di no Prima di tutto perché è una questione trasversale: l’iperlavoro, quello che supera le 12 ore e magari anche di più,  riguarda il medico come la donna delle pulizie.

In entrambi i casi è molto difficile ricevere un compenso adeguatamente “straordinario”.

In tempi in cui si tenta di ridiscutere il diritto di sciopero,una scelta per rivendicare la mancanza di uno o più ottemperamenti da parte del datore di lavoro, bisognerebbe invece cominciare a mettere a punto azioni per fare emergere contraddizioni che abitano, invece, il quotidiano di moltissime persone che oggi hanno un impiego.

Il lavoro intellettuale può essere fatto da casa

La mia esperienza, di giornalista, mi porta a mettere in testa alle riflessioni questo punto. Forse perché è il più difficile da far riconoscere nel nostro mondo. Il lavoro intellettuale, come quello di scrittura – ma la stessa cosa sì può arrivare a fare con la radiofonia ed i video, basta dotarsi di una strumentazione che non ha costi proibitivi – può essere fatto da casa. Riconoscere questa possibilità in modo ufficiale – inserendola  nella tipologia nel contratto nazionale di lavoro, darebbe ufficialità a un sommerso che oggi è possibile, ma il più delle volte sottopagato. O visto come una scelta straordinaria da superman o supergirl. In molti casi viene visto come impossibile da realizzare da parte di datori di lavoro, che magari abdicano a una minore produttività di ufficio, in cambio di un controllo visivo del lavoratore. Ma io dico, davanti al computer puoi fare di tutto, come puoi pensare che la presenza sia indice di produttività?

Caregiver o esclusi sociali?

Nelle grandi città lo spostamento casa-lavoro diventa in alcuni casi una traversata, ma non è solo questa la ragione per cui, in molte situazioni “a casa è meglio”. C’é infatti, da casa la possibilità di occuparsi non solo dei propri figli, ma anche dei genitori anziani. Questo è il grande problema che è sotto i nostri occhi: una generazione di figli unici con genitori a carico che sta per diventare volente o nolente caregiver senza la possibilità di poter accedere al welfare passato. Se guadagni poco e lavori molto come te la permetti la baby sitter o la badante?

Attenzione: perché qui si giocherà probabilmente  il ricambio generazionale nel nostro Paese: nel momento in cui quelli che ora sono quarantenni e tra dieci anni avranno magari questa necessità di cura usciranno dal mondo del lavoro, a rimpiazzarli saranno i ventenni di oggi a cui è sbarrato l’accesso. E se noi vediamo oggi i cinquantenni conservare una posizione lavorativa – contratto e compenso – alla quale difficilmente riusciremo ad arrivare quando avremo la loro etài nostri successori non ci invidieranno probabilmente nemmeno un po’.

Non è una questione solo di donne

Questa è, naturalmente, una impressione, una percezione, un due più due. Ma di svolta generazionale non sembra qui vedersi neanche l’ombra, nonostante qualche anno fa qualcuno l’abbia paventata.

E poi rimettere mano al lavoro non è solo una questione di Jobs Act. E’ necessario ridisegnare totalmente la visione del fare un lavoro. Certo, l’operaio continuerà ad uscire di casa per andare sulla gru, il medico ad operare in ospedale. Ma ad entrambi andrebbe riconosciuto il tempo che da casa dedicano a pianificare il proprio lavoro. Sia ben chiaro: ripensare la visione vale per gli uomini e per le donne.

L’autrice dell’articolo sul new York Times è Anne Marie Slaughter, presidente del thnk tank civico New America, chiama ad uno “Stand up for care”: da questo movimento deriverebbe non tanto un’uguaglianza uomo – donna, quanto piuttosto un uguale diritto ad essere soggetti che danno cura. Riconosciuti e tutelati per questo.

Italia ultima nel riconoscimento di chi si prende cura in casa

E se l’Italia oggi viene portata davanti al Parlamento europeo perché è il Paese più indietro nel riconoscimento dei caregiver familiari di persone che hanno gravi e gravissime disabilità i cui soldi per l’assistenza non sono neanche equamente computati nell’Isee, vuol dire forse che è ora di muoversi e ragionare per tempo su un tema che scoppierà molto molto presto.

credits: Flickr

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