Lavoro

Per l’anno che verrà VORREI IL LAVORO, AUTONOMO, DEI SOGNI

23 Dicembre 2014

Il 2014 volge al termine, è tempo di bilanci, nuovi propositi e di letterine a Babbo Natale. Dunque che cosa chiedere in dono? Se fosse “il lavoro dei sogni”? Addirittura autonomo, cioè davvero indipendente (da padroni) e libero (da ricatti), pagato il giusto (o almeno pagato) e in tempi ragionevoli (magari entro l’anno fiscale), tutelato (manco un raffreddore sarebbe altrimenti concesso) e, nondimeno, utile (appena sopra il limite della dignità). Dite che è troppo? E allora chiediamo il trenino, come l’anno scorso!

In effetti, nell’epocale contrapposizione garantiti vs precari (di cui gli Stati Generali stanno diffusamente offrendo resoconto), la risposta d’istinto alla preghiera di ricevere in regalo il lavoro dei sogni altra non sarebbe se non: “Te lo sogni, il lavoro!”.
Sono tempi complicati visto che, tra Jobs Act, Patto di Stabilità e maxi-emendamenti, l’universo variopinto dei lavoratori autonomi (viaggiando dal pianeta dei “liberi professionisti” alla galassia dei “precari”, zigzagando tra gli asteroidi degli “atipici”, fino a cadere nel buco nero della “false Partite Iva”) non è esattamente stellare.

Eppure siamo nel 2014, quasi 2015: il lavoro del futuro è già arrivato, è proprio questo qui. Ma siamo avvitati nel cercare a norma di legge la formula giusta per concretizzare la “flessibilità”, introducendo, per divaricare la forbice binaria tra lavoro dipendente e disoccupazione, modi e forme intermedie. “A tutele crescenti”, beninteso. Ma, come detto, il lavoro di oggi è (anche) questa realtà che tutti raccontano, con tanto di Partita Iva. Piaccia o meno, forse è meglio organizzarsi.

Io per primo consiglio a chiunque di aprire la partita Iva, mettersi in proprio, avviare un’attività autonoma, offrendo consulenza e collaborazione a più interlocutori, gestendo rapporti professionali con più mondi, avendo a che fare con diverse organizzazioni. Poche ore la settimana con ognuna. Più sostenibile economicamente per loro, i committenti (che non ci devono assumere, neppure part time), e più realizzabile per noi, specie quando muoviamo i primi passi recitando il mantra “fare esperienza, creare reti di relazioni”. Quando le cose van bene si creano anche svariate occasioni di conoscenza e di crescita.
Va detto che si farebbe urgente, a questo punto, la maturazione individuale di capacità di integrazione, adattabilità, elasticità, che andrebbero insegnate a scuola come le tabelline, ma si tratta di un’altra faccenda che cercherò di approfondire prima o poi.

Sulle Partite Iva, ciò che mi preme evidenziare più di ogni altra cosa è che la sempre più numerosa comunità dei freelance, quel vasto insieme di professionisti per i quali non c’è una definizione contrattuale diversa dalla “consulenza”, che non producono e poi vendono prodotti, né erogano servizi a un pubblico, sono in verità una miniera d’oro per il nostro Paese. Siamo, ci sono dentro anch’io.

Facciamo lavori “non catalogabili”, non ci sono caselle disponibili per noi, la terminologia professionale non riesce del tutto a inquadrarci. Siamo i “creativi”, i “comunicatori”, i “formatori”, i “coach”, i “counselor”, gli organizzatori, gli esperti di informatica e tecnologia, gli innovatori, i disegnatori, i grafici, gli esperti di marketing, consiglieri preziosi per strategie imprenditoriali e commerciali.

Persone che hanno spesso trasformato un talento in un’attività professionale, che si sono inventati lavorativamente e tutto sommato riescono a campare (certuni guadagnano assai bene). Tutti noi portiamo ai nostri clienti cultura, saggezza, punti di vista nuovi, creatività, passione, energia, umanità, senso etico, innovazione, soluzioni, competenze specialistiche. Solide componenti che possiamo mettere a disposizione anche dello Stato, per il bene dell’Italia e del nostro futuro.

Sarebbe il caso di non trascurarci come sta accadendo. Chissà che cosa potrebbero produrre decine di migliaia di creativi e comunicatori, formatori e consulenti organizzativi, se si mettessero insieme e facessero sentire nuove ragioni a chi, come il Governo con il Jobs Act, ragione non ha

Il lavoro autonomo con partita Iva del settore terziario (i servizi), che ormai per mostrarne l’evoluzione si definisce “terziario avanzato”, è già attuale oggi e molto probabilmente diventerà prioritario in futuro, eppure in maniera piuttosto imbarazzante è alternatamente dimenticato, sfruttato o malinteso.

Infatti, come funziona il lavoro di un freelance? Facile: lavori per qualcuno, porti dei benefici, fai guadagnare di più, lasci una traccia tangibile da rivendere, produci qualcosa che serve? Allora ti pagano (certo, non prima di sessanta giorni, se sei un privilegiato, altrimenti segnati in agenda, di semestre in semestre, che sarebbe bene per lo meno “sollecitare”…).

Viceversa, stai in ufficio, in studio, in laboratorio (cioè: stai a casa), forse per studiare e aggiornarti, oppure per progettare nuove attività, pianificare il lavoro, definire nuove proposte o nuovi argomenti, costruire nuove idee, immaginare miglioramenti, ipotizzare soluzioni? Be’, che vuoi, mica stai lavorando: non ti pagano.

Arriva l’estate o un periodo di Feste, vuoi staccare per qualche giorno, addirittura ti concedi il pensiero di un po’ di vacanza, con famiglia o amici? Be’, che vuoi, mica stai lavorando: non ti pagano.

La stagione è un tantino pazza, fa caldo e fa freddo non si sa più come vestirsi, c’è in giro questo virus influenzale, per non farti mancare niente te lo prendi pure tu e con trentotto e mezzo di febbre ritieni saggio star mezza giornata a letto per debellare il malanno? Be’, che vuoi, mica stai lavorando: non ti pagano.

Hai beccato una multa (accidenti al ritardo di quel cliente) o devi rinnovare la patente (aggiorna a “guida con lenti”), la carta d’identità (aggiorna da “studente” a “libero professionista”, ehm, forse meglio “freelance” o anzi “precario”… facciamo così: lascia “studente”), devi richiedere un certificato che online in formato digitale, nel 2014, ahinoi non è ancora disponibile, e dunque per un motivo o per l’altro ti toccano ore di coda a uno sportello qualsiasi? Be’, che vuoi, mica stai lavorando: non ti pagano.

Ecco che alle voci “clienti” o “committenti” si aprono orizzonti desertici e pertanto si è obbligati a far le corse tra convegni, conferenze, fiere, saloni, eventi e tutto ciò che rientra sotto il cappello della “movida di settore”, dedichiamo giornate lanciandoci in pubbliche relazioni, nuove conoscenze, si va a stringer mani, scambiare biglietti da visita, mostrare bochure, è il tempo in cui si diventa spot viventi, inserti pubblicitari umani, prodotti e servizi fatti persona? Be’, che vuoi, mica stai lavorando: non ti pagano.

Devi sistemare la contabilità (la “prima nota”, che sarebbe magnifico fosse sempre e soltanto il “do”, invece no, tocca registrare le uscite – eh! – e le entrate – appunto…), fare un po’ di ordine tra le fatture (contare quelle “pending”, che impareremo significa “in attesa di essere saldate”), monitorare i movimenti in banca (pochissima roba “avere”, moltissima “dare”), ti attende in sintesi il meraviglioso mondo della gestione amministrativa? Be’, che vuoi, mica stai lavorando: non ti pagano (anzi, devi dare qualcosina tu: al fisco, alla banca, al commercialista).

Per tutto il resto, comunque, il lavoro autonomo è grandioso. Peccato che, come Jacopo Tondelli e Roberto Ciccarelli qui su Gli Stati Generali hanno sottolineato, il modo di trattare il tema del lavoro da parte di Governo, sindacati e media di mainstream, dimostra che non ci si sa occupare (e men che meno prendere cura) di una fetta così vitale e costruttiva di lavoratori.

Caro Babbo Natale, quest’anno, sotto l’albero, vorrei tanto trovare e far trovare a tutti i freelance sacchi pieni di carbone, così che ci si metta insieme, novelli carbonari, per elaborare la via dell’innovazione, dell’arte e della creatività, verso una rivoluzione felice e pacifica del lavoro… un bel sogno, no? Auguri!

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