Lavoro
Smart-working un anno dopo: gli “entusiasti” sono sempre di più
Quest’anno di lavoro da casa ha prodotto un cambiamento a lungo termine tutto ancora da inventare, con nuovi format ibridi che incrocino forme diverse di presenza, a partire dall’imprescindibilità del rapporto dal vivo. Oggi più che mai le relazioni in azienda, motore immobile di ogni salto evolutivo, possono e devono essere ripensate. Diventa fondamentale porle al centro del sistema dei bisogni non solo in ottica design thinking, sul dove e sul quando, ma anche e soprattutto in funzione di una crescita autentica e di qualità.
Sette smartworker su dieci lavorano da casa da più di un anno (il 69.4%), cioè dal primo lockdown che è seguito allo scoppio della pandemia. Tra gli smartworker aumenta significativamente la quota degli entusiasti, a fronte di una soddisfazione complessiva stabile e che tiene conto della valutazione positiva sia delle condizioni lavorative sia dei nuovi equilibri di work-life balance. Conseguentemente anche la propensione a lavorare in futuro da casa cresce significativamente e raddoppia nell’arco di quest’anno.
Lo smartworking viene ritenuto ormai da un terzo degli italiani che lavora da casa una modalità lavorativa del tutto o quasi paragonabile al lavoro in sede, cioè un modo di lavorare efficiente ed efficace. I giudizi positivi crescono sensibilmente se si considerano donne e 35-54enni.
A distanza di un anno, i limiti dello smartworking sono individuati in maniera sensibilmente diversa. Rientrano le preoccupazioni legate agli aspetti strumentali tecnologici e all’accesso informativo (archivi, documenti, ecc.), segno che gli italiani si sono attrezzati e abituati a lavorare da remoto
Aumenta la percezione della difficoltà di gestire le relazioni personali con colleghi, clienti, fornitori e delimitare i tempi della giornata lavorativa, con la deriva note della disponibilità continua.
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