Governo
Paura e respingimenti: le nuove “brioches” del Paese Italia
“Altezza il popolo non ha pane!”
“Che mangino brioches! Anzi, che si armino per una guerra fra poveri”
La sensazione, leggendo le prime pagine dei quotidiani nazionali, è che la priorità attuale del governo sia quella di respingere: respingere i migranti che arrivano via mare, respingere i pericoli che provengono “da casa nostra” con una bella legge sulla legittima difesa.
Qualcuno la definirebbe una strategia della paura, il famoso metus hostilis che tiene tutti tranquilli sul piano delle scelte politiche più strutturali per il paese in quanto impegnati nel difendersi da un nemico. Qualunque esso sia e da qualsiasi parte del mondo provenga.
Colpa della sinistra forse, che ha passato gli ultimi anni a raccontare all’Italia che la ripresa era in atto, facendo venire alla maggioranza della popolazione – che poi tanto bene non sta – il lecito sospetto che qualcosa non andasse. Delle due l’una: o chi ci governa ci racconta una favola, imbellettando dati reali, ma non necessariamente così rispondenti alla vita quotidiana di noi tutti, oppure il problema dev’essere causato da qualcun altro. Perché se c’è ripresa e io continuo ad avere un lavoro precario e una paga di mera sopravvivenza allora devo, quantomeno, trovare qualcuno a cui dare la colpa. Presto fatto! La colpa è di chi “preme alle nostre porte”, siano stranieri venuti dal mare, siano ladri che attentano alle nostre case. L’abbinamento scatta quasi automaticamente, non occorre nemmeno costruire una narrazione. Per partiti e movimenti razzisti un bel lavoro in meno da fare.
Il lavoro però loro lo stanno facendo bene, perché questa narrazione va alimentata e tenuta viva con costanti sforzi, altrimenti il rischio è che – in caso di momentanea presa di coscienza – le persone si rendano conto che, anche qualora sparissero per magia tutti i migranti dal nostro paese, anche se nessun ladro più cercasse di entrare in casa loro, starebbero comunque male.
Perché nessuno si sta occupando di un altro problema, che sta alla base del risentimento e della stanchezza – tutta lecita – degli italiani, il lavoro. Nonostante gli annunci di ripresa il lavoro è cambiato e il nostro sistema paese no. A fronte di occupazioni precarie, di salari fluttuanti e di capacità di progettazione a lungo termine limitata, percorsi di formazione, inserimento e reinserimento lavorativo, supporto nei momenti di “passaggio” e soprattutto possibilità di accesso a finanziamenti e percorsi di affrancamento dalla (santa) “rete familiare” anche per coloro che non hanno una busta paga fissa, non sono mutati. Il Paese ragiona ancora in termini di “posto fisso” e di famiglia “tradizionale” quando ormai il posto di lavoro è instabile o a partita iva, la famiglia una forma di welfare alternativo piramidale in cui, grazie alla pensione degli anziani, tirano avanti i figli e i nipoti. E allora via al racconto dei migranti home made, che però si chiamano cervelli in fuga (che restano cervelli e non “sporchi immigrati” anche quando, per campare, vanno a lavorare come baristi in un pub di terz’ordine londinese), al nemico che viene da fuori e da cui dobbiamo difenderci, per evitare di individuare il vero nemico e il vero problema.
Se per ogni migrante respinto un cittadino italiano ottenesse un posto di lavoro tradizionale l’Italia sarebbe a posto. Così non è. La sinistra dovrebbe quindi smetterla di rincorrere – con aria balbettante e di scusa – questi temi e, con pacatezza, ma estrema fermezza, rispondere ad ogni “No agli sbarchi” con un “A che punto stiamo con i posti di lavoro?”. Ad ogni “Basta degrado e insicurezza nelle nostre strade!” con un “Come siamo messi con l’aggiornamento dei piani di sicurezza legati a welfare e servizi?”. Cara sinistra, prova a fare un gioco. Fai finta che la Lega abbia ragione e che “Prima gli italiani”. Bene, adesso prova a chiedere. Chiedi per gli italiani e chiedi tutto quello che serve per rimetterli nelle condizioni di poter dire “Sto bene, la mia famiglia sta bene, abbiamo una prospettiva e – adesso, solo adesso – possiamo metterci a parlare di valori, accoglienza, solidarietà”. Chiedi e non le briciole, perché dovere della sinistra è occuparsi delle persone, ma per troppi anni ci siamo – tutti – occupati più d’imprese, corpi intermedi, associazioni, mentre qualcuno, disintermediando, ha incominciato a parlare alla gente. E le parole sbagliate che hanno trasmesso sono, anche e in parte, responsabilità di chi, come noi, non ha chiesto abbastanza.
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