Lavoro
Partite Iva e freelance massacrati, i sindacati se ne fregano
Siamo reduci da un autunno caldo, caldissimo. Contraddistinto dalla miriade di manifestazioni, scioperi e cortei che hanno messo nel mirino il jobs act e le riforme in materia di lavoro del governo Renzi. Sindacati furiosi e pronti a tutto pur di difendere i lavoratori, sempre più strozzati da una crisi che non accenna a diminuire e a tentativi di rilanciare la crescita che hanno sempre come contraltare la riduzione dei diritti dei lavoratori “classici”, a tempo indeterminato.
Da una parte chi lotta per mantenere i diritti dei lavoratori garantiti, dall’altra chi pensa che sia l’ora di smetterla con un mondo del lavoro spaccato in due; che si debbano ridistribuire i diritti, per andare incontro alla fascia più debole della popolazione, oggi rappresentata da precari, disoccupati e giovani lavoratori autonomi in partita Iva, che non vedono neanche da lontano i guadagni di quei professionisti che un tempo rappresentavano la normalità della partita Iva.
A proposito di partite Iva giovani e squattrinate: abbiamo visto come cambia per loro il regime dei minimi. Come, per farla breve, la tassazione sarà triplicata mentre i ricavi massimi per accedere al regime agevolato saranno dimezzati. Una situazione deleteria per tutti i lavoratori costretti a provare la strada del lavoro autonomo, che si sono subito trovati contro un governo che ha deciso di fare cassa sulla pelle dei più deboli, specialità di qualsiasi governo si sia visto costretto a prendere decisioni difficili.
Diminuiscono i diritti per i lavoratori garantiti, aumenta la tassazione per i giovani lavoratori autonomi (che tanto togliere loro diritti non era possibile, visto che non ne hanno). Ma se nel caso dei primi il sindacato ha fatto fuoco e fiamme, nel secondo caso c’è un silenzio totale, nessuno alza un dito mentre un esercito di giovani non sa più da che parte voltarsi per capire come fare ad avere un reddito minimo decente con il nuovo meccanismo del regime agevolato.
Dove sono i sindacati? Si stanno ancora riprendendo dalle fatiche (tra l’altro inutili) per difendere i lavoratori che in caso di perdita di lavoro possono comunque godere di numerose tutele? Se si difende a spada tratta chi un bel po’ di diritti comunque li ha conservati, ci si aspetterebbe almeno che si facesse altrettanto quando si decide di massacrare quelli che diritti non ne hanno e guadagnano anche ben poco (ché il regime dei minimi questi riguarda).
Certo, le partite Iva non hanno un sindacato vero e proprio, pochissimi di loro sono iscritti a sindacati ormai appannaggio dei pensionati: su 5,6 milioni di iscritti alla Cgil i pensionati sono 3 milioni, i precari 70mila. Di questi 70mila non è dato sapere quante siano le partita Iva, immaginiamo pochissime. E quindi il sindacato, nessun sindacato, ha il minimo interesse a difendere i diritti di chi non ha una tessera in tasca.
E fa ridere vedere che sul sito della Nidil, che sarebbe il sindacato dei lavoratori atipici della Cgil, ci sia una sezione “Partite Iva, la Nidil ti sostiene”. Davvero? Perché se è così, proprio nessuno se n’è accorto. La voce di Susanna Camusso non è giunta, non sembra esserci uno sciopero alle porte, ma neanche una piccola e timida manifestazione. Non c’è nulla. E pensare che il 14 novembre i precari di area sinistra alternativa avevano, di fatto, manifestato contro il jobs act assieme a Landini & co. All’epoca l’avevo definita una situazione assurda, che avrebbe permesso al sindacato di avere dei comodi alleati per un giorno, che gli facessero sentire la coscienza a posto salvo poi ricominciare a fregarsene dal giorno dopo. Un facile presagio che oggi trova una conferma ancora più facile.
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