Lavoro

Mini decreto, maxi errore

18 Marzo 2017

Abbiamo cancellato i voucher, dicono al governo, perché non sarebbe stato saggio dividere gli italiani, ma avremo presto i mini jobs, ricalcando l’esempio tedesco. E’ una buona cosa? Lo sarebbe, ma temo si sottovaluti il modo e il tempo, che contraddicono l’obiettivo.

In una democrazia non si deve avere paura delle diversità e delle divisioni, ove non minino la natura e la forza della democrazia stessa. La questione dei voucher non è tale da destare simili preoccupazioni. Forse il timore vero era quello di non spaccare ulteriormente lo già spaccatissimo Partito democratico. Ma, usando gli occhi dell’interesse generale, non vedo quale sarebbe stato il rischio del referendum: nel peggiore dei casi (per come la penso io) si sarebbe ottenuto quel che con il decreto si è già acquisito, ovvero la cancellazione; più probabilmente sarebbe mancato il quorum, dimostrando la natura inutilmente propagandistica del referendum stesso; nel migliore dei casi il quorum ci sarebbe stato, ma non l’abrogazione, dimostrandosi così, ancora una volta, che gli elettori sanno ragionare dove i sindacati e taluni eletti perdono la ragione. Dov’era il pericolo devastante?

Hanno scelto una strada diversa, proponendosi di arrivare a riforme profonde, con la creazione dei mini jobs. Che sarebbe un bene, se fosse vero. Il fatto è che il modo contraddice lo scopo: se disinnesco un referendum dando ragione a chi è contro i voucher come faccio, dopo, a varare strumenti più generali e invasivi dei voucher stessi? Avrei fatto campagna contro le tesi della Cgil, domani, invece, non potrei che dare loro ragione, se si troveranno a gridare all’imbroglio. A quello assomiglia, difatti. Se eviti la consultazione popolare, spaccando l’uovo e facendo la frittata, con che coerenza, domani, ti presenti con il pollo che ne sarebbe nato?

Ma mettiamo pure che non ci si pongano troppi problemi di coerenza e linearità, considerandoli desueti. Non sarebbe la prima volta, sicché non ci sarebbe da stupirsene. Ma anche fosse, si trascura il fattore tempo: le prossime settimane saranno occupate a convertire il decreto legge che cancella i voucher, che, se così non fosse, si troverebbero ad avere perso la verginità, avere avviato una gravidanza e non avere mai frequentato le gioie del sesso. Più che un miracolo una dannazione. Superata la conversione saremo a maggio. A quel punto cosa fanno: un altro decreto legge, contenente roba come gli chèque emploi di tipo francese (roba meno complicata e burocratizzata dei voucher) e i mini jobs alla tedesca? A quel punto i tempi della conversione sconfinerebbero su quelli della legge di bilancio, creando una tempesta navigabile per un vascello con fasciame solido e chiglia oceanica, non per un gozzo il cui principale valore consiste nell’essere la sola imbarcazione disponibile in porto. Più facile che presentino un disegno di legge, la cui sorte potrebbe essere quella d’infrangersi sugli scogli di fine legislatura.

Il tutto senza considerare che, comunque, fra l’abrogazione dei voucher e il varo dei nuovi strumenti ci sarebbe il vuoto. Vale a dire il nero, l’irregolarità, l’evasione fiscale e contributiva, accompagnando il tutto con il crescere dei numeri ufficiali della disoccupazione. Per giunta nella stagione in cui i voucher potevano essere più utili, l’estate.

Può darsi io mi sbagli, naturalmente. Ma ho l’impressione che lo sbaglio grosso lo abbia fatto il governo: da una parte ha perso l’occasione per esistere senza ingerire, lasciando cuocere la Cgil nel brodo dei suoi errori, dall’altro s’è messo in un brutto pasticcio. Talché la grande divisione italiana sembra essere fra quanti anelano, temono o semplicemente attendono la fine della legislatura. Non uno spettacolo avvincente.

 

Davide Giacalone

www.davidegiacalone.it

@DavideGiac

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