Lavoro
Mezzogiorno: il posto fisso è ormai un lontano ricordo
Gli ultimi dati diffusi dal ministero del Lavoro aggiornati al 31 dicembre 2022, parlano di dimissioni e di contratti a termine cessati per un totale di 3 milioni e 990 mila posti di lavoro solo al Sud. L’impiego più ambito dalle generazioni passate sembra non esercitare più alcun fascino sui nostri giovani
Quello che un tempo sembrava essere il sogno di molte delle generazioni passate, cioè ambire ad ottenere il famoso posto fisso, oggi, appare come un retaggio destinato a scomparire, diventando sempre più un problema da risolvere che un’opportunità da cogliere.
A dimostrare questa clamorosa inversione di tendenza, ci pensano i dati diffusi dal ministero del Lavoro, aggiornati al 31 dicembre 2022, che evidenziano come le dimissioni, e i contratti di lavoro cessati, aumentino sempre più, soprattutto nel Mezzogiorno di Italia, dove il posto fisso, sembrerebbe non esercitare alcun tipo di fascino nella fascia di popolazione under 40, mentre tra gli under 60, starebbe crescendo il numero di richieste per accedere al pensionamento anticipato.
Dunque, anche nel nostro Paese, da tempo, sembra essere arrivata l’onda di provenienza statunitense, del fenomeno della “Great Resignation“, ovvero un esodo verso le dimissioni, che ha conosciuto il suo maggior picco, a ridosso della pandemia, incentivando molti dipendenti a licenziarsi dal proprio posto di lavoro o a rassegnare le dimissioni. Tutto ciò, con la speranza di riuscire a trovare l’impiego più confacente alle proprie esigenze, competenze e, perché no, anche più remunerativo.
L’ultimo report a firma del ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, mette in risalto che, in Italia, lo scorso anno, vi siano stati oltre 12 milioni di rapporti di lavoro cessati, dei quali 5milioni 145mila al Nord, 3milioni 23mila al Centro, e 3 milioni 990mila al Sud, con una concentrazione più cospicua nella regione Puglia (1milione 110mila), Campania (904mila) e Sicilia (865mila).
Volendo differenziare le cause, la cessazione dei rapporti di lavoro sarebbe da imputare, in primis, alla scadenza dei contratti a termine. Successivamente, vi sarebbero le dimissioni volontarie rassegnate per i contratti a tempo indeterminato, facendo registrare un aumento considerevole delle cessazioni spontanee con il 7,5% in più rispetto ai dati riferibili al 2021, su scala nazionale.
In buona sostanza, nel 2022, si sono avute quasi 2 milioni 198 mila cessazioni per dimissioni, con 150 mila unità uscite dal mercato del lavoro, a fronte dei 2 milioni 49 mila del 2021. Ed è proprio il Mezzogiorno, la zona d’Italia in cui si sono avute 480 mila dimissioni volontarie, con Campania, Sicilia e Sardegna a guidare la classifica. Il comparto lavorativo maggiormente coinvolto, sembra essere quello dell’industria, specialmente per la fascia di popolazione under 30. Inoltre, il rapporto Ocse, mette in rilievo come i lavoratori compresi tra i 60 ed i 64 anni di età, scelgano di lasciare l’impiego appena possibile per collocarsi in pensione. E la conferma di queste evidenze, arriverebbe anche dai dati Inps, da cui si apprenderebbe come le richieste di pensioni anticipate, relative al primo trimestre del 2022, sarebbero aumentate del 33% , ovvero il 75% totale rispetto a quelle per anzianità.
Al Sud, come quasi in tutta la penisola, i numeri dei pensionati si avvicinano sempre di più a quello degli occupati, con un tasso di nuovi impieghi che non cresce di molto.
Una convinzione , quella di ricercare l’occupazione più congeniale ai propri bisogni, che va radicandosi sempre con maggiore fermezza nelle generazioni nate a partire dal 1990, le quali sembrano aver accantonato quasi definitivamente l’idea del posto fisso, con uno stipendio garantito. A tutto ciò, va aggiunto, il destabilizzante clima che la modalità di lavoro da remoto ha instillato in ciascuno di noi, fiaccando tutto il nostro assetto economico e sociale ed acuendo un disagio che, al Meridione era già cronico da tempo immemore.
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