Costume

L’importanza di chiamarsi “lavoro”

20 Maggio 2024

Il lavoro nobilita l’uomo ed è un aspetto fondamentale della vita di ogni individuo. Ci fornisce non solo un reddito per vivere, ma permette di sviluppare capacità e competenze utili per contribuire alla società in cui viviamo. Il lavoro assume forme diverse, dalle professioni tradizionali come il medico, l’ingegnere, l’avvocato, alle carriere sempre più attuali e richieste come il programmatore, l’esperto di marketing digitale, l’influencer. A prescindere dalla tipologia di lavoro che svolgiamo, è fondamentale che sia gratificante e soddisfacente per noi. Il lavoro può portare una serie di benefici, la realizzazione personale, l’inserimento in un contesto sociale importante, la gratificazione economica. 

Tuttavia, può anche essere fonte di stress, ansia e insoddisfazione se non gestito correttamente e, soprattutto, è fondamentale trovare un equilibrio tra lavoro e vita personale, per garantire che il lavoro non diventi un’ameba che ingloba spazi di vita che non tornano più, generando tensioni e problematiche familiari. Ci si trova a dover fronteggiare situazioni lavorative difficili, quali il mobbing, la discriminazione, il burnout, lo sfruttamento e situazioni lavorative in cui “il lavoro nobilita l’uomo” diventa un adagio che però non sempre rappresenta una verità, dinanzi agli infortuni o a chi lavorando perde la vita. È un dato di fatto che negli ultimi anni, negli ultimi mesi o giorni, è capitato di ascoltare dai media, l’incremento degli infortuni sul lavoro, lo strazio di chi perde la vita o rimane invalido sul posto di lavoro, faticosamente ottenuto e preservato: il lavoro che garantisce di poter vivere decorosamente per sostentare la propria famiglia ma non garantisce l’incolumità e la certezza di sopravvivere per il resto della propria esistenza. Vicende tristi e dolorose quelle di operai che perdono la vita su cantieri e in circostanze di scarsa sicurezza, attendendo ore drammatiche, prima di esalare l’ultimo respiro, aspettando invano l’arrivo dei soccorsi.

Quindi il lavoro che dovrebbe dare la dignità ad ogni essere umano, spesso diventa il nemico subdolo, per le ferite fisiche e psichiche che può arrecare, pensando a quanti, lasciando le proprie case e confidando di ritornarci dopo aver fatto il proprio dovere di lavoratori, spesso non ritornano, dopo aver reso il proprio servigio alla comunità. Ma di ferite più o meno evidenti che il lavoro osserva e genera è anche quello della precarietà che colpisce soprattutto i giovani, coloro che rappresentano i pilastri del futuro. I giovani, che spopolano paesi e regioni da Sud a Nord della penisola, spendono anni della vita sui libri, generazioni professionalmente “preparate”, che si trovano prive del lavoro, prive di uno dei diritti fondamentali della nostra Costituzione, figure intraprendenti, sempre in stato di perenne alienazione, incapaci di uscire dalla palude sociale che genera spesso mancanza di gioia di vivere e la speranza nel futuro.

I mutamenti socioeconomici sono molteplici e costanti ma, nonostante pare che l’occupazione sia cresciuta, la capacità di far incontrare la formazione scolastica con il mondo produttivo spesso non avviene e la geografia del nostro Paese non riesce a trasformare le potenzialità dei giovani in una spinta per trasformare modelli economici caratterizzati da elementi di arretratezza. Il risultato è quello che vede il Mezzogiorno – altamente formato scolasticamente – disperdere e distruggere il suo patrimonio di giovani che rappresentano il cervello e la forza lavoro in fuga, nemmeno più verso il Centro Nord, anch’esso alle prese con la crisi, ma addirittura verso l’estero. E si osserva un Mezzogiorno in cui cresce la quota di giovane popolazione con il massimo livello di istruzione, sebbene le opportunità di assorbimento occupazionale adeguate agli studi effettuati siano carenti, alimentando una disoccupazione giovanile intellettuale particolarmente frustrante. In particolare, regioni centro-meridionali, come l’Abruzzo, il Molise e la Basilicata, proprio quest’ultima, con percentuali di giovani laureati superiori alla media nazionale, deve far fronte a sistemi produttivi caratterizzati da piccole e micro-imprese che non riescono a favorire un’adeguata immissione lavorativa di queste “generazioni ad alta scolarizzazione”. In positivo, però, vi è che in tali regioni, ad esempio in Basilicata, fioriscono micro-iniziative imprenditoriali, anche ad elevato tasso di innovazione tecnologica, avviate proprio da giovani laureati inoccupati.

Anche le differenze fra gli indirizzi di studio, determina una possibilità di lavoro garantita in tempi più o meno lunghi: il gruppo giuridico, politico-sociale, letterario e psicologico, la durata della ricerca è significativamente elevata, mentre il gruppo scientifico, architettonico ed ingegneristico, la ricerca si approssima ai 4 mesi: l’approccio all’università è visto anche come ‘parcheggio’, in attesa di trovare un lavoro. I laureati in medicina e odontoiatria, quelli che più frequentemente sono assunti a tempo indeterminato, sono in numero estremamente esiguo tanto da richiedere medici in affitto dall’estero per rimediare alle carenze di organico e tantomeno si può agire, per aumentare i numeri degli studenti o l’attrattività della professione infermieristica, vista dai giovani come categoria lavorativa usurante. Perché il lavoro usurante è una realtà diffusa in molte professioni, si tratta di lavori che richiedono uno sforzo fisico o mentale costante, dalle professioni scolastiche, spesso sottovalutate nelle fatiche, a chi estrae minerali in galleria o lavora al caldo dei metalli, i lavoratori sono esposti a condizioni di lavoro difficili, stressanti e spesso mortali. 

Dovrebbe essere compito della classe politica tutelare l’integrità fisica, promuovere il benessere e la personalità morale dei lavoratori. Il lavoro perfetto esiste? Dallo scienziato al politico, quest’ultima categoria non è soggetta a distruzione e anche in corso di mutamenti dei governi e di instabilità politica, è un lavoro che gode di ottima salute – anche dinanzi ai rimpasti e agli avvicendamenti dei leader al potere – e con “stipendi” mensili che non risentono di crisi: l’indennità dei parlamentari italiani è quella più alta in tutto il mondo e con cifre nettamente superiori agli altri Paesi europei. Dunque potrebbe essere il lavoro più gettonato in futuro? Dalle scelte della politica, dipende la qualità della vita di ognuno di noi, ognuno dei provvedimenti proposti dai politici o su cui questi sono quotidianamente chiamati a esprimere il proprio parere tramite il voto, rappresenta un tassello cruciale della realtà che ci circonda ed ha un effetto diretto sulla società tutta. Queste decisioni influenzano infatti la gestione delle finanze pubbliche, il mercato del lavoro, il sistema dell’istruzione, la sanità, dunque il lavoro del politico comporta un carico elevato di responsabilità, talento e competenza, dovrebbe essere tra quelli più ambiti dai giovani di talento, in cerca una situazione lavorativa stimolante e con uno stipendio interessante! Alternativa non sempre presa in considerazione, forse perché preferiscono costruire un futuro anziché giocare con il presente.

Visto che il lavoro svolge un ruolo essenziale nella vita di ognuno di noi, per coloro che sono alla ricerca del lavoro del futuro, sarà forse più facile ottenere un ruolo come guida turistica spaziale, o broker del tempo – che si occuperà di pagare le persone con il tempo invece che con i soldi. E visto che il lavoro nobilita l’uomo ed è anche in grado di distruggerlo, meglio evitare considerazioni amare e vicende laceranti e ambire alle professioni più assurde e richieste dal mondo del lavoro in continua evoluzione: dal “calienta camas”, lo scalda letto, all’assaggiatore di cibo per animali, al “pusherman”, il cui compito consiste nello spingere i passeggeri all’interno del treno. Se non basta, fra le richieste, c’è chi testa materassi – dormendo non si pigliano pesci, ma bei verdoni – il manichino vivente e il babysitter per struzzi. E per i più esigenti, chi annusa ascelle o modera assemblee di condominio, chi si occupa di staccare gomme da masticare sotto i tavoli e chi viene pagato per piangere e tenere discorsi ai funerali perché… non c’è lavoro così strano che non possa essere fatto da qualcuno, ed è bello sapere che qualcuno lo farà, pur di sopravvivere.

 

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