Lavoro

Legge di stabilità: tanto per cambiare niente di buono per i freelance

28 Ottobre 2014

Finalmente è disponibile il testo ufficiale della legge di stabilità e dei suoi numerosi allegati. Nessuna novità positiva per i freelance. Gli 800 milioni a bilancio andranno a vantaggio di alcune tipologie di lavoratori autonomi, quelli più tradizionali, soprattutto commercianti, ma non del nuovo lavoro autonomo professionale, dei freelance. Quindi né le maggiori tutele che ci si aspettava dal jobs Act, né i vantaggi fiscali che ci erano stati promessi con la legge di stabilità.

Riassumo quanto emerge da una lettura della legge di stabilità, dal punto di vista di un freelance:

1. esclusione dal bonus di 80 euro, che andrà ai dipendenti con un imponibile inferiore a 26.000 euro;

2. riduzione Irap sui dipendenti, ma nessun intervento a chiarificazione delle situazioni in cui le attività professionali non sono assoggettate all’Irap (come invece era stato preannunciato dalla legge sulla delega fiscale),

3. nessun intervento per bloccare l’aumento contributi previdenziali dei freelance iscritti alla gestione separata INPS (dal 27,72% al 29,72% nel 2015 e poi ancora sino al 33,72%) , mentre ci sarà l’eliminazione del livello minimo imponibile previsto ai fini del versamento dei contributi previdenziali presso le gestioni speciali artigiani e commercianti;

4. l’introduzione di un nuovo regime dei minimi, aperto anche a chi non è in fase di avvio dell’attività, ma con una imposta sostitutiva del 15% , o del 10% per i primi tre anni di attività, contro il 5% del regime attuale (una clausola salvaguardia chi è attualmente nel vecchio regime, sino al raggiungimento dei 35 anni di età o dei primi 5 anni di attività).

Soffermiamoci su quest’ultimo punto, sull’unica misura che interessa i freelance. Come funziona il nuovo regime? Vengono ridefinite le soglie di applicazione del regime diverse per settore  e il reddito viene determinato in funzione dei soli ricavi o compensi percepiti nel periodo d’imposta su cui è applicato un coefficiente di redditività. In sostanza l’incidenza delle spese non è basata sugli effettivi costi sostenuti, ma su indicatori presuntivi: quanto più bassa è la redditività presunta, tanto minore sarà la base di applicazione dell’imposta sostitutiva dell’IRPEF, delle addizionali all’IRPEF e dell’IRAP. Come nei precedenti regimi non si applica l’IVA. Ci sono dunque due parametri molto importanti che dipendono dal settore economico:

  • la soglia che definisce l’ambito di applicazione del nuovo regime dei minimi, che varierà da un minimo di 15.000 euro (cifra bassissima, basta confrontarla coi 26.000 euro di imponibile che individuano i dipendenti sostenuti con il bonus di 80 euro) ad un massimo di 40.000 euro;
  • il coefficiente di redditività, che varierà da un minimo del 40% ad un massimo dell’86%;

La tavola 1 riporta i parametri per settori. Al limite inferiore dei 15.000 euro ci sono i freelance (le attività professionali) e gli agenti di commercio, al limite superiore dei 40.000 i commercianti, baristi e ristoratori e la percentuale di redditività presunta sarà pari al 78% per i primi e al 40% per i secondi. Quindi un ampliamento dell’area di applicazione per i commercianti, ma una netta diminuzione per i freelance. E non è certo trascurabile il fatto che in questo modo si allarga l’area del l’esenzione dagli studi di settore per attività tradizionalmente ad elevato rischio di evasione fiscale (e contributiva, soprattutto con l’eliminazione dei minimali), mentre vengono punite tutte le attività professionali, incluse quelle rivolte alle imprese, in cui tale rischio è limitato perché c’è contrasto di interessi (i committenti chiedono la fattura per pagare).

Per avere un’idea più chiara della la portata e dei destinatari della misura è utile esaminare il prospetto, contenuto in un altro allegato (Tavola 2),  che riassume le variazioni nel gettito fiscale di competenza, previste in seguito alle novità che riguardano i lavoratori autonomi. Si scopre che la voce di spesa più rilevante per lo Stato deriva dalla misura sulla previdenza di commercianti e artigiani (520 milioni su 870 nel 2015). La seconda voce è la riduzione dell’introito IVA (240 milioni), legato all’ampliamento del regime a autonomi che lavorano per il consumo (il non pagamento Iva da parte di un lavoratore autonomo che si rivolge ai consumatori finali determina una diminuzione dell’introito dello Stato, mentre una diminuzione da parte di un lavoratore autonomo che lavora per le imprese è compensato da un maggior pagamento da parte dei suoi committenti). In termini di imposte sul reddito, invece, la sostituzione del vecchio regime con il nuovo comporterà in prospettiva (man mano che sarà eliminato il regime dei minimi attuale) una riduzione complessiva delle spese dello Stato. Una sostituzione che, come abbiamo visto, non agirà allo stesso modo per tutti, ma sarà favorevole per alcune categorie, in primis commercianti, e sfavorevole per freelance.  In sostanza lo Stato, con il cambio di regime, per quanto riguarda i freelance  potrà risparmiare. Dopo un jobs Act rivolto esclusivamente al lavoro dipendente, arriva una legge di stabilità che, all’interno del lavoro autonomo, avvantaggia solo quello tradizionale, forte di un radicato potere di lobby.

Non male per un governo che dice di guardare al futuro del lavoro!

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