Lavoro
Le troppe consulenze esterne nella PA mortificano i dipendenti
«L’amministrazione pubblica è il Calimero della storia italiana, nessuno ha voluto davvero investirci. E oggi il ruolo delle consulenze esterne è diventato molto grande e improprio proprio per la debolezza della Pa. Con il rischio che non sia la pubblica amministrazione a giovarsi dell’aiuto di esperti, ma siano questi ultimi, e le loro grandi aziende, a giovarsi di informazioni di prima mano». Fabrizio Barca, economista, direttore generale del Ministero dell’Economia e delle Finanze e ministro per la Coesione Territoriale nel governo Monti, mette il dito nella piaga nell’affermare che le consulenze esterne nella PA mortificano di fatto le professionalità interne.
Quoto Barca. E vi spiego il perché raccontandovi la mia esperienza….
Nel 2001 con la Riforma del Ministero dell’Economia e Finanze, nacquero le Agenzie fiscali. Come ovvio ci fu un periodo di confusione e di incertezza all’inizio. Ma quando tutto si chiarì io andai a lavorare alla Comunicazione Istituzionale del Mef, dove venni molto valorizzata dal mio capo, giornalista del Sole24ore, chiamato da Giulio Tremonti. Mi trovai benissimo. Ottimo ambiente, ottimi colleghi e ottimo capo. Dopo qualche anno il direttore dell’Agenzia delle Dogane, mi cerco’ e mi nominò Responsabile delle relazioni esterne dell’ufficio stampa dell’Agenzia. Mal me ne colse. Accettando quell’incarico, infatti, rovinai la mia esistenza, perché entrai a far parte di un sistema disordinato dove comandavano tutti senza averne le competenze. E non vi sto a dire quello che scoprii. Esterni che millantavano titoli che non avevano e dirigentucoli interni e da strapazzo che pretendevano di fare i comunicatori senza saper neanche scrivere. Avendo quindi destabilizzato con la mia professionalità un sistema che si reggeva sull’incompetenza e sul bluff, nonostante mi avesse chiamato il direttore generale, finii, come era naturale che accadesse, in mobbing. Ah, i ricattucci! Pur continuando ad appartenere a quel servizio, mi diedero una stanza due piani più su e scoprii un altro girone infernale.
Avevo si una stanza tutta mia, ma poco o nulla da fare. Un viaggio quotidiano, fuori tutto il giorno e nulla da fare. Non era il massimo. Sentivo invece i miei vicini di stanza sempre molto indaffarati. Riunioni su riunioni. Li invidiavo. Chi saranno? Di cosa si staranno occupando? Scoprii che erano tutti consulenti esterni. Erano vivi. Lavoravano, mentre io nella stanza a fianco ero “morta” . Mi accorsi ben presto che poco più in la’ c’erano altri “morti”, come me. Anch’essi inutilizzati e senza mansioni. Erano gli interni. Si riconoscevano quando li incontravi in giro per l’Agenzia, perché erano silenziosi e rasentavano i muri. Al contrario dei primi, sempre in gruppo e rumorosi. Una collega disperata, un giorno mi disse: ho chiesto il trasferimento all’aeroporto di Fiumicino, almeno lì lavoro. Mi salvarono gli amici-colleghi del vecchio ufficio del Mef. Il mio ex capo, che per principio non si era mai ripreso nessuno andato via da lì, venuto a sapere della mia scarsa valorizzazione, telefono’ lui stesso al direttore generale dell’Agenzia e gli disse perentoriamente che era uno spreco non farmi lavorare e che quindi sarei tornata nel suo ufficio già dall’indomani. E così tornai a vivere.
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