Lavoro
La soppressione del corpo forestale: tanta propaganda, nessun risparmio
È notizia che ormai si trascina da qualche tempo che il governo Renzi stia procedendo all’accorpamento del Corpo Forestale dello Stato. La motivazione è presto detta: è necessario operare dei tagli e, quindi, la scure interesserà anche questo corpo.
Ma si ha veramente un risparmio? Procediamo per ordine e iniziamo a ricostruire la lunga strada fino ad oggi percorsa.
Il 17 luglio la Camera ha approvato con modifiche un disegno di legge (AC-3098) che contiene una serie di deleghe a favore del Governo per procedere alla riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche; in particolare, l’art. 8 autorizza l’Esecutivo ad effettuare la “riorganizzazione del Corpo Forestale dello Stato ed eventuale assorbimento del medesimo in altra Forza di polizia”. L’indicazione in esso contenuto è chiara: il Corpo Forestale è destinato ad essere assorbito per un motivo molto semplice, ossia risparmiare.
Ma tale ragione è destituita di ogni fondamento; in un articolo pubblicato sul ilfattoquotidiano.it, si legge chiaramente che il costo di tale Corpo è di circa 30 milioni di euro l’anno (escludendo gli stipendi, che comunque sopravviverebbero); esso eleva sanzioni per circa 28 milioni di euro l’anno. Quindi un’entità quasi a costo zero per lo Stato. Va inoltre considerato che l’adeguamento delle strutture costerebbe circa 25 milioni di euro. Insomma, non un risparmio ma un’ulteriore spesa. Il che appare veramente illogico.
Sotto il profilo più prettamente giuridico, invece, i dubbi e le perplessità sono ancora più consistenti. Prima di tutto la genericità della delega. In essa di attribuisce al Governo la scelta di decidere se assorbire o meno questo Corpo in altra forza di polizia. Ciò si pone in contrasto con l’art. 76 Cost., che richiede l’indicazione di principi e criteri direttivi, proprio perché la funzione legislativa spetta al Parlamento, la vera macchina delle leggi. Per tale ragione, una delega in bianco appare decisamente inammissibile. Sotto altro versante, va rilevato che anche l’Europa ci chiede di rafforzare tale Corpo. In particolare, la Direzione Generale Ambiente della Commissione Europea, con il documento denominato EU PILOT 6730/14/ENVI, ha avviato un’indagine sull’Italia per la violazione dell’art. 6 comma 3 della Direttiva 92/43/CEE denominata “Direttiva Habitat”; tra le prescrizioni indicate dalla Commissione vi è, tra l’altro, il rafforzamento del ruolo del Corpo Forestale dello Stato. E’ da chiedersi allora se la relativa soppressione non costituisca una violazione delle indicazioni provenienti dall’Unione europea e delle regole contenute dei Trattati, che comunque impongono un’ ”elevata tutela dell’ambiente”.
Ma l’imprescindibile funzione di questo organo è stata ribadita di recente anche in alcune risoluzioni del 24 febbraio 2015, con le quali la Commissione Agricoltura alla Camera, relativamente ai roghi tossici della Campania, ha impegnato il governo a rafforzare, anche con misure straordinarie, l’organico del Corpo Forestale dello Stato.
Tale comportamento è allora contraddittorio: da un lato, si chiede la soppressione di questo Corpo, dall’altro si sottolinea la necessità di effettuarne un potenziamento, secondo una logica contraddittoria e difficile da capire per il cittadino che scruta l’attività delle istituzioni.
Il d.d.l. è attualmente all’esame del Senato (AS- 1577-B) e sarà sicuramente approvato. Resta da comprenderne la motivazione; però, analizzando la vasta e complessiva opera riformatrice di questo Governo, la logica appare improvvisamente chiara e non è legata alla necessità di ridurre i costi a livello statale. Essa è figlia del programma più ampio di verticalizzazione del potere, di eliminazione di tutto ciò che può presentare un minimo di autonomia. Lo si sta facendo con la riforma costituzionale e con la previsione di un “premierato forte”; si è fatto con l’Italicum (versione riveduta e corretta del Porcellum), lo si è fatto con la riforma della scuola e si farà anche nel campo della pubblica amministrazione.
Tutto ciò, ovviamente, non è il frutto di uno spirito riformista, ma di un profondo senso di sfiducia e di sospetto verso gli altri e verso l’esistente, una sfiducia che andrà ad investire anche i cittadini che osserveranno, impotenti, l’instaurarsi di un nuova realtà. A farne le spese saranno allora i partiti e le istituzioni, guardati con sospetto dagli elettori che vedranno, purtroppo e con rassegnazione, in questa nuova logica hobbesiana il filo conduttore di tutte le future riforme.
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