Lavoro
INPS, i probabili futuri esodati di cui nessuno parla
Il 1° giugno scorso le competenze delle Commissioni Mediche di Verifica sono passate dal Ministero di Economia e Finanza (MEF) all’INPS. Ci risulta però che l’INPS non abbia ancora organizzato la nuova titolarità e non stia assolvendo alla funzione di verifica e valutazione di migliaia di cittadini che aspettano di vedere confermata e accertata la propria inabilità lavorativa.
Con l’effetto del progressivo accumulo delle liste d’attesa, si teme di arrivare ad uno stallo della gestione e a ulteriori gravi ritardi nello smaltimento delle istanze sospese inevase, che potrebbe portare ulteriori gravi danni ai lavoratori in attesa di poter uscire dal rischioso limbo della malattia prolungata.
Una falla di sistema che coinvolge migliaia di persone
Il punto principale riguarda le valutazioni delle Commissioni Mediche di Verifica sull’inabilità lavorativa, cosa diversa dalla disabilità o dall’invalidità.
L’inabilità lavorativa è un istituto previsto per il pubblico impiego ed è finalizzato alla possibilità di anticipare il periodo di pensionamento in ragione di cause sanitarie che per la loro specificità non consentano di continuare in un lavoro proficuo. La legge di riferimento è la 335 del 1995, ma le commissioni mediche che valutano sulla base di questa legge sono passate (con una disposizione governativa) all’INPS dalla precedente gestione (a livello regionale) del MEF.
L’INPS però non ha ancora dato corso alla definizione territoriale di queste competenze e alle costituzioni delle commissioni di valutazione. Non ci sono ancora gli incarichi ai medici e ai professionisti che ne faranno parte e addirittura pare non ci sia ancora una copertura economica.
Tutto questo sta generando una serie di danni. Il primo danno è di natura economica per lo stesso INPS che paga, il secondo per i datori di lavoro che devono sostituire il personale (pagando due lavoratori per la stessa mansione), e il terzo per le persone che dovrebbero beneficiare del percorso successivo alla valutazione. Molti possibili futuri beneficiari sono bloccati in casa da qualche mese, in un regime di malattia che si sarebbe dovuto chiudere in pochissimo tempo, e che in certi casi era persino concordato con il proprio datore di lavoro.
Il riconoscimento della pensione anticipata, che è ovviamente a discrezione della commissione, non comporta alcun beneficio economico, ma garantisce una pensione esattamente proporzionata ai contributi versati.
La lunga durata di questo percorso porta, con il procedere della malattia, ad una proporzionale decurtazione dello stipendio e al rischio di licenziamento con il rischio teorico di avere dei “nuovi esodati”. Infatti il periodo in cui si può stare in malattia non è infinito e dopo un certo periodo si può essere passibili di licenziamento per eccesso di malattia. Questi cittadini si ritroverebbero nella condizione di non avere né stipendio né pensione.
Una situazione destinata a peggiorare
Se questa falla non verrà sistemata in tempi ragionevolmente brevi si andrà verso un grosso accumulo di migliaia di domande inevase con il rischio che questo diventi un problema generalizzato.
Chi si trova in questa situazione ci riferisce che al momento nessuna interlocuzione è possibile, né con i livelli direzionali di INPS né con i dipartimenti deputati (a livello territoriale il personale non può essere d’aiuto in mancanza di direttive dall’alto).
Intanto i lavoratori in regime di malattia continuano a ricevere visite fiscali per patologie che non possono regredire (spesso pluricertificate) e che implicano la necessità di andare a fare visite mediche o di recarsi in farmacia, ma tutto deve essere fatto dalle 13 alle 15. Una limitazione della libertà individuale che deriva non da una volontà di assenteismo prolungato, ma da una situazione che non si risolve per problemi tecnico-organizzativi che non dipendono dal cittadino.
Dall’Agenzia delle Entrate di Milano, che è stata titolare fino al 31 maggio di queste competenze, arrivano voci su quattrocento persone in lista d’attesa per la sola provincia di Milano nell’ultimo periodo.
Se moltiplichiamo questo numero su tutto il territorio nazionale ci rendiamo conto della gravità, non dimenticando che ogni settimana che passa crea una paralisi ancora maggiore.
Abbiamo provato a contattare INPS per poter avere una loro dichiarazione, ma per ora non abbiamo ottenuto risposta. Terremo i lettori aggiornati sulla questione.
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