Lavoro

Il lavoro: senza tregua, senza quartiere, senza ironia

14 Marzo 2015

La domanda non è più cosa sia il lavoro, ma come si vive la condizione del lavoro.
Propongo  tre diverse condizioni  intorno all’immagine del lavoro oggi, nell’età della terza rivoluzione industriale, rispetto a quelle proprie  della  prima e seconda.

1.
A lungo il lavoro si misurava con il tempo: 1) orario di lavoro; 2) tempo di non lavoro; 3) tempo dedicato alla formazione del lavoro.
Forse niente è più rappresentativo di un confronto fotografico sul pendolarismo.
Nella prima e nella seconda rivoluzione industriale il tempo di viaggio è un tempo per sé (serve a dormire leggere,…). E’ un tempo dedicato a se stessi e alla socialità. Nella terza rivoluzione industriale il viaggio è parte del ciclo di produzione. vviene mentre si lavora, è tempo guadagnato per “portarsi avanti”.
Un tempo dunque si viaggiava per andare a lavorare. Adesso si lavora mentre si viaggia.
2.
Un secondo elemento è dato dagli spostamenti migratori, dalle forme insediative dei “migranti”.
E’ il tema delle “Coree” indagate alla fine degli anni ’50 da Danilo Montaldi e Franco Alasia, ma anche il mondo umano di Rocco e i suoi fratelli di Luchino Visconti.  Gli insediamenti al margine della città che in Italia accompagnano lo sviluppo industriale del secondo dopoguerra. Prima ancora le descrizioni dei viaggi di migrazione della prima ondata migratoria di fine Ottocento (quella transoceanica) ma anche poi di quelle interne che accadono nell’Italia fascista e che poi riprendono, soprattutto rivolte verso i paesi dell’Europa (Francia, Svizzera, Belgio, Germania,…). Sono migrazioni in cui l’obiettivo è il passaggio dalla campagna alla città, dal campo alla grande impresa, processo che accompagna una trasformazione, spesso senza tutta la famiglia. .
Il vissuto del lavoro nell’età della terza rivoluzione industriale, rispetto alle due che l’hanno preceduta assume aspetti specifici: nelle forme di reinsediamento, nel lavoro che si cerca, nelle reti famigliari che si spostano. In breve nel carattere di esodo che assume.

3.
Un terzo elemento è invece rappresentazione del tempo liberato, di ciò che si fa, di come lo si immagina, di come lo si raffigura. E’ un tempo che nella “terza rivoluzione industriale” è più difficilmente rappresentabile a differenza della prima o della seconda. In quelle liberarsi dal lavoro era soprattutto l’idea di rivendicare tempo ibero, di chiedere tempo per sé. Talvolta si limitava a distruggere la propria condizione di costrizione (Gasparazzo) oppure era la rivendicazione di un’etica superiore o di un sarcasmo “amaro” (era il linguaggio del mondo di Cipputi di Altan ma anche della cosmogonia di Bobo di Sergio Staino).
Significativamente la “terza rivoluzione” non ha prodotto un suo fumetto che prenda in giro o scherzi con e sul lavoro.
E’ ancora possibile ridere del lavoro?

 

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