Enti locali
Il caso Termine, il precariato e la banalità del male
Nel Comune di Piombino, amministrato da una coalizione di centrodestra dopo anni di dominio del PCI e dei suoi eredi, si è verificata una piccola vicenda che può essere facilmente derubricata come rappresaglia politica. In realtà, il licenziamento di Giacomo Termine, sindaco di un piccolo comune e segretario provinciale del PD grossetano, è sintomo di un male più profondo.
Nel 2014, il venticinquenne Giacomo Termine è stato eletto sindaco PD di Monterotondo Marittimo, comune di 1.310 abitanti, ubicato nelle colline tra le province di Grosseto, Pisa e Livorno. In seguito, ha partecipato a un concorso pubblico per integrare il magro stipendio di amministratore. Lo scorrimento delle graduatorie gli ha consentito di essere impiegato nel comune di Gavorrano. A inizio 2019, la stessa graduatoria gli ha aperto la possibilità di lavorare a Piombino, per cui il sindaco si è licenziato per essere assunto a tempo determinato nel comune siderurgico.
Ma in quel momento la società piombinese ribolliva. Agli anni di crisi economica legati al futuro dell’acciaieria (insieme a Taranto ultimo impianto a ciclo integrale in Italia), si sono aggiunti i malumori dei cittadini nei confronti dell’amministrazione PD. In particolare, la popolazione imputava al partito di voler ampliare la discarica per rendere Piombino un gigantesco centro rifiuti.
Alle comunali del 2019, Giacomo Termine è stato confermato sindaco di Monterotondo Marittimo, mentre a Piombino si è imposta un’alleanza tra il centrodestra e pezzetti di sinistra, guidata da un componente di Fratelli d’Italia, Francesco Ferrari. A dicembre 2019, la nuova amministrazione ha comunicato a Termine il mancato rinnovo del contratto. Ferrari ha affermato che il sindaco PD si è reso colpevole di assenteismo a causa dei, pur legittimi, impegni istituzionali, aggiungendo che non è giusto percepire uno stipendio senza lavorare.
Sono così iniziate due storie diverse. Da una parte, il PD ha annunciato interrogazioni parlamentari mentre Giacomo Termine ha minacciato di ricorrere per le vie legali, chiamando in causa la costituzione e il diritto dei non abbienti di fare politica. Dall’altra, i cittadini piombinesi non paiono aver compreso la gravità della vicenda, per cui faticano ancora a provare alcuna empatia per il sindaco licenziato.
La vicenda istituzionale è estremamente complessa e sarà probabilmente risolta dal giudice del lavoro. Appare evidente solo l’errore politico di Ferrari, autore di un atto che ha tutte le caratteristiche della rappresaglia (malgrado potrebbe non esserlo). Ancora più grave è il commento a latere, con cui il sindaco piombinese lascia trapelare una concezione del welfare ottocentesca, per la quale, se presa alla lettera, neanche i malati o le donne incinte avrebbero diritto a una retribuzione.
La reazione della popolazione è invece un fenomeno da indagare. Questa non è dettata da ignoranza, ma dalla visione trasmessa negli ultimi trenta anni dai media e dalla politica tradizionale. In primo luogo, è frutto del massacro mediatico subito dalla classe politica e amministrativa di questo paese, dipinte come parassitarie. Da una parte, pure i permessi retribuiti, sebbene riconosciuti dalla costituzione, sono diventati simbolo dei privilegi di casta. Dall’altra, nel nome dell’efficienza si è preferito pensare la pubblica amministrazione come una società privata, in grado di assoggettare i propri dipendenti a regole aziendali.
In secondo luogo, gli italiani hanno subito anni di precariato in grado di distorcere la loro concezione del mercato del lavoro. Grazie all’utilizzo di contratti a tempo determinato, le imprese hanno avuto gioco facile a licenziare i lavoratori fruitori di permessi di maternità o di malattia. Di conseguenza, agli occhi dei cittadini, come è lecito per l’azienda non rinnovare il contratto in tali casi, per un’amministrazione è lecito licenziare chi svolge un incarico politico.
Tutta la classe politica dovrebbe iniziare a preoccuparsi di come queste scelte trentennali abbiano distorto gli occhi con cui l’opinione pubblica osserva classe amministrativa e il mercato del lavoro. Il rischio è quello che si generi una spirale in cui la banalità del male abbia la meglio sul nostro stato sociale.
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