Lavoro
Giovani, nei colloqui di lavoro chiedete all’azienda: «Cos’è per voi l’etica?»
Nella giornata di lunedì, quando il Sole 24 Ore si presenta in versione “ingessata”, quella meno fresca della settimana, è utile farsi un giretto per “Lavoro&Carriere”, che è un po’ un «Seconda Mano» più fighetto e ordinato ma dove ogni tanto si può captare qualche suggestione utile a capire meglio la società che ci circonda. Leggiamo dunque un’apertura di pagina: «Deloitte sulle tracce di mille giovani», e la cifra è così sparata e consistente che non può che incuriosire. Deloitte Italia è parte di un grande gruppo internazionale che fa un sacco di cose, che ha un sacco di avvocati, ma che è nota soprattutto per le sue revisioni contabili. «Prevalentemente la ricerca è rivolta a neolaureati cui la società – dice Gianluca Del Nero, nuovo talent leader (ormai è tutto un “talent”) dell’intero network Deloitte Italy – offre in molti casi corsi di formazione e possibilità di esperienze all’estero, ma sono aperte anche moltissime posizioni per risorse di maggiore esperienza, soprattutto per la consulenza fiscale e legale, i risk services».
Qui ovviamente si parla di un mondo in cui necessitano buoni, buonissimi, studi, dove la selezione è particolarmente agguerrita, in cui l’azienda “cercatrice” vuole ridurre al massimo la possibilità di sbagliare cavallo. Perchè ogni cavallo sbagliato è una sconfitta interna, non solo, ma diventa una spesa di denaro inutile per la formazione, ed è, alla fine, un investimento umano/economico/finanziario che non ha un ritorno. La selezione dunque viaggerà su un sistema duale, in cui oltre alle capacità puramente tecniche, si indagheranno le attitudini psicologiche dei candidati, così da comporre un quadro sufficientemente attendibile perché si possa dire al termine di questo percorso ad ostacoli: ok, si proceda con l’assunzione.
Se il centro di un’azienda, o comunque una delle sue caratteristiche portanti, è quello della “revisione”, in soldoni dare il proprio, autorevole, bollino blu su bilanci costruiti da altri (e spesso commissionati dagli stessi), è chiaro che la questione si presta ad aspetti che non riguardano solo la pura materia tecnica, ma che sfociano inevitabilmente nel grande mare aperto dell’etica applicata alle aziende (aziende che sono gestite da uomini, con debolezze e virtù). Sotto questo cielo, la revisione dovrebbe assumere il ruolo – per quel poco di anima bella che ci resta – di sentinella globale di un equilibrio più universale, unendo perfezione tecnica a rispetto della correttezza sociale. Si dirà: ma se le questioni tecniche sono salve, e dunque onorate perfettamente, perchè mai dovrebbe entrarci l’etica? A perfezione tecnica e formale, dovrebbe automaticamente corrispondere la tranquillità sociale che le cose sono state fatte a modo e maniera anche per via etica. La storia ci racconta che spesso non è andata così, e non c’è bisogno di esempi eclatanti per ricordarcelo, c’è purtroppo il giorno per giorno che sta lì a testimoniarlo.
Ecco, i giovani. Con le loro speranze, le loro aspettative, le loro misure sociali, la loro disponibilità a “contaminarsi”. Monitorando da lungo tempo le offerte di lavoro, sotto i campi più disparati, non ci siamo mai imbattutti nella questione etica come questione dirimente. Perché forse non lo è per le aziende? Non vogliamo credere che sia così. Piuttosto, si dirà, è difficile esplicitarne il valore, quando si devono tradurre su carta i contorni di un’offerta di lavoro, forse perchè apparirebbe anche un po’ ridicolo scrivere così, nero su bianco, che si ricercano persone con «alto senso etico», con dei valori certificati che non sono quelli nudi di un bilancio, che forse è troppo sproporzionato mettere in carico ai ragazzi una responsabilità di questo genere. O forse perchè dell’etica, le aziende non ne fanno un punto distintivo?
Quale che sia la ragione, a questo punto il nodo dev’essere affrontato proprio dai ragazzi. Dev’essere il candidato che va a un colloquio di lavoro importante a trovare dentro di sè il coraggio per fare una domanda importante e forse scomoda, che probabilmente lascerà a mezza bocca il “talent leader”, che forse lo infastidirà o che magari lo stupirà in positivo. Ma se nessuno lo scrive esplicitamente nelle richieste di lavoro, se nessuno ci fa capire quanto è importante il fattore etico per un’azienda, allora che sia il giovane che cerca lavoro a cavarlo fuori con una domanda secca: «Mi scusi, posso farle io una domanda, dottor Vattelapesca», «Ma certo, mi dica». «Per voi che cos’è l’etica?»
Ascolterete una risposta. Una risposta che certamente il «Talent leader» non si era potuto preparare. Ascolterete cos’ha da dirvi e quello che vi dirà sull’argomento sarà in nome e per conto dell’azienda che un giorno potrebbe assumervi. Quella risposta sarà come il giuramento di Ippocrate per un medico. Sarà il vostro patrimonio, sarà la vostra clausola di salvaguardia. Forse sarà anche una magra consolazione, ma il giorno in cui le vostre coordinate morali dovessero divergere da quelle dell’azienda, potrete sempre opporla come una stella polare tradita.
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